Nel giorno in cui Giuseppe Conte andò alla Camera a riferire sul trattato, Lia Quartapelle, allora all'opposizione, incalzò il premier: «Si è accorto che i membri dell'Unione potrebbero decidere la ristrutturazione del nostro debito?».
Nel giorno in cui Giuseppe Conte andò alla Camera a riferire sul trattato, Lia Quartapelle, allora all'opposizione, incalzò il premier: «Si è accorto che i membri dell'Unione potrebbero decidere la ristrutturazione del nostro debito?». Come si cambia per non morire, o meglio per non perdere la poltrona. Oggi il Partito democratico e Italia viva rappresentano gli unici tifosi della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, ma in passato non è sempre stato così. L'ultimo in ordine temporale a ribadire la necessità di firmare senza indugi la revisione del fondo salva Stati è stato Vincenzo Amendola, ministro in carica per gli Affari europei. «Il governo ritiene che il trattato presenti elementi di novità positivi», ha dichiarato Amendola in un'intervista rilasciata domenica per Bloomberg, «nonostante la pressione da parte del Movimento 5 stelle, il governo non ritarderà il piano d'azione stabilito per la riunione dei leader europei in programma il 12 e 13 dicembre». Prima ancora, durante la festa del Foglio tenutasi venerdì a Firenze, era stato il commissario agli Affari economici e monetari in pectore Paolo Gentiloni a definire l'intesa sul Mes «frutto di una trattativa più che accettabile fatta dal governo gialloblù», schierandosi al fianco del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri: «Fa bene a difendere l'accordo». Nel corso della riunione di maggioranza che ha avuto luogo venerdì, Gualtieri ha illustrato «i contenuti della riforma, difendendone i punti di forza ed i miglioramenti che interessano l'Italia». Senza nascondere un certo imbarazzo per essersi trovato a difendere la «bontà» di un negoziato condotto dal precedente governo. Tra i più agguerriti tifosi della riforma, troviamo il capogruppo dem in Commissione Ue, Piero De Luca: «Basta soffiare sul fuoco divulgando fake news sul Mes […] Nel complesso, il nuovo Trattato presenta aspetti innovativi […] Non vi è alcun rischio che l'entrata in vigore del nuovo Mes possa contribuire ad alimentare, piuttosto che risolvere, crisi economico-finanziarie degli Stati membri interessati». Luigi Marattin (Italia viva) ha definito la polemica scoppiata in queste settimane «il festival delle cialtronate», aggiungendo che «nelle condizioni scritte per accedere alla linea rafforzata non c'è nessuna fantasmagorica ristrutturazione del debito». Dalle parti del Pd sembrano dunque tutti d'accordo: la riforma del Mes va approvata e anche in tempi stretti. Ma è sufficiente riavvolgere il nastro all'indietro di qualche mese per scoprire come la linea dettata dal partito fosse completamente diversa. Torniamo al 19 giugno 2019. Sono passati sei giorni dall'Eurogruppo che ha sancito il «broad agreement» sulla revisione del fondo salva Stati, e mancano appena 24 ore all'Eurosummit che confermerà quanto già deciso dai ministri dell'Economia e delle finanze dell'eurozona. Stesso presidente del Consiglio, diversa maggioranza: tra i banchi del governo siede infatti la Lega. Giuseppe Conte si presenta alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo dell'indomani. Dopo il suo intervento, incassa il «no» secco alla riforma da parte della sua stessa maggioranza, con i durissimi interventi di Francesco D'Uva (M5s) e Riccardo Molinari (Lega). Dai banchi dell'opposizione, una scatenata Lia Quartapelle incalza il premier: «Forse lei non si è accorto che quella che sarà in discussione è l'idea che, a maggioranza, altri Stati europei possano decidere di ristrutturare il debito italiano; allora, ci deve dire quale sarà quello che lei dirà (sic), perché il capogruppo della Lega ha detto che la Lega è contraria, il suo ministro dell'Economia all'Eurogruppo, invece, ha votato a favore di questo meccanismo che penalizzerebbe pesantemente il nostro Paese», tuona la deputata dem, «allora, lei con chi sta, con Molinari, con Tria, con l'Italia o con chi? Ce lo dica, ce lo spieghi». Un intervento che ha il singolare pregio di sconfessare la narrativa, molto in voga in questi ultimi giorni, secondo la quale la Lega non fece nulla per bloccare la riforma. Le parole della Quartapelle dimostrano come ai presenti in aula, opposizione compresa, fosse ben chiara la posizione contraria del Carroccio. Ma l'elemento forse più sorprendente è un altro. Solo pochi mesi fa il Pd, infatti, metteva in guardia il premier e l'esecutivo sui rischi della stessa ristrutturazione del debito pubblico della quale oggi nega spudoratamente l'esistenza. Se è pur vero che da un lato la risoluzione proposta dai dem (della quale De Luca e la Quartapelle risultano firmatari) suggeriva di «sostenere la revisione del trattato del Meccanismo europeo di stabilità con l'obiettivo di migliorare l'efficacia degli strumenti esistenti», d'altro canto si raccomandava di evitare di «attribuire al Mes i compiti di sorveglianza macroeconomica già esercitati dalla Commissione europea». Un modo blando per contestare il cuore della riforma, che prevede appunto la sorveglianza macroeconomica degli Stati membri in vista del ricorso agli aiuti. Perché il Pd ha cambiato idea in un così breve lasso di tempo? Vuole forse evitare di contraddire Conte per non mettere a rischio la tenuta della maggioranza, o cos'altro? D'altronde, l'unico elemento che risulta variato da giugno è proprio l'avvicendamento con la Lega al governo. Nel frattempo, nel partito permane ancora qualche traccia di scetticismo. L'ex vicepresidente del Parlamento europeo (e oggi senatore del Pd) Gianni Pittella, in una nota congiunta diffusa mercoledì con il capogruppo a Palazzo Madama Andrea Marcucci, invita a non prendere «decisioni frettolose» sul Mes. Pittella, uno che di temi europei se ne intende, avvisa che «non sono accettabili condizionalità che rischiano di asfissiare paesi come l'Italia che già stanno seguendo un percorso virtuoso di rispetto delle regole europee». vvvvv
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2025-11-13
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Un’Europa che torni protagonista in Africa. È l’obiettivo del Piano Mattei, voluto dal presidente del consiglio Giorgia Meloni e discusso per la prima volta a Bruxelles in un convegno «Piano Mattei e Global Gateway» organizzato dal capodelegazione di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza. Con lui anche Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo e i commissari Dubravka Šuica, con delega per il Mediterraneo, e Josef Šikela, commissario Ue alle Partnership internazionali. Il convegno è stato arricchito dai preziosi interventi di Meloni e del sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano. Per l’esecutivo, presente anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.







