2020-07-27
Il massone anticipatore di Marx che immaginava universi paralleli
Auguste Blanqui, morto nel 1881, passò in carcere oltre 43 dei suoi 75 anni di vita, condannato per le idee rivoluzionarie: fu padre del socialismo utopico, che fondò su basi esoteriche con una cosmogonia tutta sua.Senza Auguste Blanqui, il socialismo come lo conosciamo oggi non esisterebbe. Karl Marx, nel 1861, scrisse che egli era stato «la testa e il cuore del partito proletario in Francia». Paul Lafargue, che di Marx avrebbe sposato la figlia, sosteneva che fu Blanqui a creare un'intera generazione di rivoluzionari: «È lui ad averci trasformato, per noi è stato corruttivo». In effetti il nostro Auguste (nato nel 1805 e morto nel 1881) non fece altro per tutta la vita che sobillare gli animi e infiammare le menti orientandole verso la ribellione. Cosa che gli costò piuttosto cara: trascorse gran parte della sua esistenza in prigione. Non per nulla Gustave Geffroy, a metà degli anni Settanta, gli dedicò una biografia intitolata L'enfermé, il prigioniero. Così Blanqui era soprannominato, in Francia, negli anni del Secondo Impero e della Terza Repubblica. «Le cifre lo giustificavano», scrive Geffroy. «Trentatré anni e sette mesi di carcere, sei anni di esilio o di sorveglianza della polizia, due anni otto mesi ventiquattro giorni di residenza forzata - e dopo il suo rifiuto dell'amnistia - dieci mesi e ventisette giorni di prigione volontaria. In totale quarantatré anni otto mesi, ossia molto più della metà dei 75 anni di vita di Blanqui e la quasi totalità della sua vita attiva (1830-1880). Meno di sette anni di esistenza libera su cinquant'anni».Di certo non gli mancavano coraggio e determinazione. Di moderazione, invece, non ne aveva affatto. Benché sia considerato uno dei padri del socialismo utopico, Blanqui prese decisamente le distanze dai «visionari» che lo avevano preceduto. Giudicava Proudhon troppo borghese, Fourier troppo fantasioso e Saint-Simon una sorta di servo del capitale. Tutt'oggi, fra gli studiosi marxisti, la polemica sul nome di Blanqui è rovente. Il celebre David Harvey, i cui scritti sono molto tradotti anche in Italia, da un paio di anni invita i teorici socialisti a riscoprirne il pensiero, proprio come ha fatto - sulla rivista Jacobin - Peter Hallward, tentando di spiegare la radicale differenza fra Blanqui, le sue idee sulla rivoluzione e tutti gli utopisti (per lo più borghesi) della tradizione francese.Le dispute dottrinarie, tuttavia, poco ci interessano. Il punto è che Blanqui è stato un punto di riferimento per tutti i rivoluzionari della sua epoca e di quelle successive. Partecipò alla rivoluzione di luglio del 1830, osservò criticandoli i moti del 1848, e non fu tra le figure cardine della Comune di Parigi solo perché fu arrestato il giorno prima che fosse proclamata. La sua presenza fisica, in fondo, importava poco: a incendiare l'aria bastavano i suoi scritti e il suo esempio. Ed è proprio questo il punto fondamentale. La teoria rivoluzionaria di Blanqui non sarebbe stata tale senza una profonda conoscenza esoterica.La vicenda del «prigioniero» Auguste, insomma, fornisce ulteriori prove del forte legame fra il socialismo e l'esoterismo. Blanqui fu un allievo di Filippo Buonarroti, altra figura di spicco che si divideva fra l'attività rivoluzionaria e la partecipazione alle più varie società segrete (anzi, le due cose spesso si sovrapponevano). A sua volta, Blanqui fu massone e - come ha ricostruito Giorgio Galli - si iscrisse a Londra alla loggia i Filadelfi, «che prende nome da un'antica tradizione al tempo stesso esoterica, millenarista e rivoluzionaria: Filadelfia è la sesta chiesa d'Asia, citata nell'Apocalisse, che precede la settima, Laodicea, e l'ultima, quella del nuovo avvento e della fine dei tempi».Gruppi di filadelfi, nel corso dei secoli, sono stati attivi in Germania e in Francia, per lo più ispirati dalle teorie del mistico tedesco Jacob Böhme (1575-1624), cresciuto all'interno del luteranesimo per poi deviare con decisione verso il neoplatonismo e l'ermetismo. Le idee di Böhme ebbero grande influenza su John Pordage (1608-1681), uomo di chiesa britannico che nel 1670 fondò il circolo teosofico dei Filadelfi. Questa corrente di pensiero fece presa, in Germania, sugli Illuminati, e in Inghilterra innervò il pensiero di Thomas Spence (1750-1814). Quest'ultimo fu un riformatore sociale piuttosto determinato: secondo lui gli uomini, nello stato di natura, possiedono la terra in comune e sono tutti liberi ed eguali. Per creare una società civile decente, dunque, bisogna redistribuire la terra fra le parrocchie che poi provvederanno a disciplinarne la gestione attraverso metodi democratici.I filadelfi, di solito, accompagnavano alla lotta contro la proprietà privata una decisa propensione per il libero amore, aspetto che non li rendeva molto graditi alle chiese dell'epoca. In ogni caso, Auguste Blanqui è stato toccato da questa tradizione esoterica e spirituale, che senz'altro ha contribuito a formare il suo pensiero rivoluzionario. Ma non è tutto. È sempre Giorgio Galli a notare che Blanqui, tra i tanti rivoluzionari, è stato l'unico a fondare una cosmologia e una cosmogonia. Lo ha fatto in un libro impressionante datato 1867 e intitolato L'eternità attraverso gli astri, pubblicato in Italia da Se. Secondo Walter Benjamin, «questo scritto presenta l'idea dell'eterno ritorno dieci anni prima di Zarathustra; in forma appena meno patetica e con una estrema potenza d'allucinazione». Blanqui lo scrisse, ovviamente, mentre era recluso. E non si limitò a parlare di eterno ritorno. Semplificando, si può dire che il suo scritto descriva un sistema di universi infiniti, simili e contemporaneamente esistenti, dunque paralleli. Già fra i magi rinascimentali troviamo teorie analoghe, che curiosamente riecheggiano anche nelle elaborazioni di certi fisici contemporanei.Blanqui, in qualche modo, ha anticipato tutti: Nietzsche, i comunisti, i fisici più avanzati. Forse ci riuscì proprio attingendo al sapere esoterico, il che potrebbe fare di lui l'ennesimo «mago rosso» della storia occidentale.