2021-09-18
Il green pass sbilancia gli equilibri tra poteri
L’esecutivo vara un decreto senza l’urgenza (entrerà in vigore solo tra un mese), intimando a Camere, Quirinale e Consulta di adeguarvisi. Ma quegli organi sono i suoi contrappesi: piegandosi, si sottometteranno a una norma su cui dovrebbero vigilareLa strada per l’inferno del nuovo decreto green pass è lastricata di inghippi. E nell’oceano di trappoloni per famiglie, imprese e professionisti, modestamente ne rileviamo anche un paio di ordine istituzionale. Uno ha a che fare con il diktat che il governo ha indirizzato a Parlamento, Quirinale e Consulta, intimando loro di adeguarsi al foglio verde obbligatorio. Il secondo concerne l’utilizzo improprio dello strumento della decretazione.Cominciamo dall’ultimatum del 15 ottobre, rivolto agli organi costituzionali. Il testo della norma riconosce, ovviamente, che essi dovranno decidere «nell’ambito della propria autonomia». A Palazzo Chigi non sono così sprovveduti da pensare che si possa cassare d’emblée l’autodichia delle Camere, della presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale. Sono loro, semmai, a doversi sottomettere «volontariamente» ai desiderata di Mario Draghi e soci. Ma qualora lo facessero, si aprirebbe una pericolosa breccia nell’architettura politica italiana. Per due ragioni precise. Primo. Andiamo a memoria, ma non ci risulta si sia mai verificato che il governo prescrivesse a Parlamento, capo dello Stato e giudici costituzionali che cosa essi dovessero fare, men che meno che interferisse con i loro regolamenti interni, i quali disciplinano l’accesso agli ambienti delle rispettive sedi operative. Secondo. I tre organi costituzionali incarnano anche i grandi contrappesi all’operato del governo che adesso li sollecita - per usare un eufemismo. Dunque, quale sinistro precedente si stabilirebbe, nel momento in cui le Camere, quelle che votano la fiducia all’esecutivo, si conformassero alle sue indicazioni? Ci troveremmo dinanzi a un dilemma logico: in sede di conversione del decreto sul lasciapassare sanitario, come potrebbe il Parlamento emendare la norma, se vi si è già sottomesso, recependo appunto la disposizione, contenuta all’articolo 1, comma 10, del dl di giovedì? E si potrebbe continuare: con quale credibilità Sergio Mattarella potrebbe controfirmare il testo, se, introducendo il green pass al Quirinale, vi si è di fatto anticipatamente uniformato? Tra l’altro, il presidente della Repubblica dovrebbe chiedere a un omologo in visita ufficiale - per dire, Joe Biden - se egli è dotato di apposita certificazione anti Covid? O magari, come peraltro accade a Palazzo Chigi, che non si lascia mica bastare la famigerata «garanzia» cartacea «di trovarsi tra persone che non sono contagiose», taglierà la testa al toro, esigendo un tampone negativo?Ancora: se qualcuno sollevasse fondate questioni di costituzionalità dinanzi alla Consulta, con quale imbarazzo essa si troverebbe a pronunciarsi, laddove avesse chinato la toga all’obbligo di lasciapassare?Nel caso del Parlamento, s’aggiunge un delicato dettaglio in più: non si può interdire la partecipazione all’assemblea a un eletto, solo perché è no vax. È lecito pensare che quell’onorevole sia un cretino. Un pazzo. Un suicida. Ma finché non sarà fuori legge pensarla in quel modo, resterà inconcepibile l’idea di negare l’esercizio di un mandato democratico financo al più sgangherato vagheggiatore di complotti orditi da Big Pharma. Sarà pure per questi motivi, che i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Alberti Casellati, come lamentato dal senatore dem Andrea Marcucci, finora «sono stati titubanti, hanno preso solo mezze decisioni», finché non «è dovuto intervenire il governo». Ecco, il punto è esattamente questo: il governo non doveva intervenire. Come non bastasse, il capogruppo di Fdi a Montecitorio, Francesco Lollobrigida, fa notare un particolare: «Noi crediamo che il green pass leda i diritti costituzionali di tutti gli italiani. Tuttavia, non vogliamo che ci siano alcuni italiani privilegiati. Perciò chiedevamo che già dal 6 agosto, data di entrata in vigore del primo decreto green pass, questo venisse introdotto anche in Aula. Se gli ipocriti della maggioranza ci tenevano tanto, potevano muoversi prima che lo chiedesse il governo. Che comunque, adesso, sta ledendo l’autonomia del Parlamento». Rimane un problema di subalternità culturale all’antipolitica. A Palazzo Chigi sanno benissimo che nessuno schieramento - Matteo Salvini ha dato la parola leghista - farà le barricate per tutelare la guarentigia degli onorevoli. È un gioco a somma zero: se un partito s’arroccasse, sarebbe esposto al biasimo del pubblico; ma se tutti si piegano, sarà consacrata una pericolosa anomalia costituzionale.E con ciò veniamo al secondo corno della questione inghippi: il ricorso disinvolto ai decreti. L’articolo 77 della Carta fondamentale ne circoscrive l’uso a «casi straordinari di necessità e di urgenza». Ma è davvero urgente un provvedimento che viene fatto scattare un mese dopo la sua approvazione - in questo caso, il 15 ottobre? Si dirà: il governo vuol dare tempo al Paese di prepararsi al giro di vite. Resta comunque il vulnus istituzionale, con la conversione del testo che approda a babbo morto in un’Aula già prostrata. E con l’aggravante di una trovata discutibile: i ballottaggi delle metropoli sono previsti per il 17 e 18 ottobre, perciò i pasticci connessi all’entrata in vigore del decreto non influiranno sugli umori degli elettori. Nella mente dei quali, intanto, inizierà a frullare un quesito inquietante: se per entrare in un edificio scolastico occorre il green pass e se le urne saranno collocate all’interno delle scuole, significa che - come qualcuno propone da anni - per andare a votare servirà un patentino?
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)