2021-01-02
Il Grande Fratello non vede rom e migranti
A Capodanno il Viminale ha promesso controlli a tappeto e persino vigilanza sui profili social degli italiani per scongiurare feste e assembramenti. Ma alle «minoranze» tutto è concesso. E si pensa addirittura a una commissione per tutelarne i diritti.A rileggerle oggi, a un paio di giorni di distanza, le dichiarazioni di Luciana Lamorgese sul Capodanno esalano una perfida comicità. Il ministro dell'Interno ha fatto di tutto per assicurare agli italiani un veglione fantozziano, con - nel migliore dei casi - brindisi anticipato o - nel peggiore - mesto festeggiamento nel chiuso della dimora. Onde evitare che i cittadini si godessero la serata, il ministro ha specificato che ci sarebbero stati controlli a tappeto, con ampio dispiegamento di forze sulle strade e, addirittura, verifiche sulla Rete. «Sappiamo che tramite richiami sui social qualcuno sta cercando di individuare delle strutture dove riunirsi», ha detto la Lamorgese. «Faremo gli interventi necessari affinché si eviti di ripetere ciò che è successo questa estate, quando con le discoteche aperte e la partecipazione dei giovani si è determinato un diffondersi ulteriore del virus».Mentre la psicopolizia sanitaria s'industriava a spiare i profili dei connazionali in cerca di capitoni proibiti e spumantini fuorilegge, nel mondo reale accadeva un po' di tutto. Nella notte del 30 dicembre, lungo la Tiburtina, un'auto con a bordo quattro rom lanciata a folle velocità ha speronato alcune volanti della polizia che la stavano inseguendo. La notte successiva, ad Asti, questa volta all'interno di un campo rom, un ragazzino di appena 13 anni è morto dilaniato dall'esplosione di una batteria di petardi che gli ha squarciato l'addome. In un altro campo, a Olbia, hanno preso fuoco una roulotte e un capanno, mettendo in pericolo una famiglia. Nella apparentemente sorvegliatissima Milano, intanto, andava in scena una bella sparatoria tra albanesi e marocchini, con due feriti di cui uno molto grave. Episodi come questi fanno emergere una singolare disparità di trattamento. Da un lato si esaspera l'occhiuta sorveglianza nei riguardi dei comuni cittadini, dall'altro si tende a sorvolare sulle condizioni di vita e sui comportamenti delle varie minoranze problematiche. È quasi paradossale l'insistenza politica e mediatica sui «negazionisti» (veri e soprattutto presunti) e sui «no vax», sempre indicati come responsabili del disastro e dell'ecatombe virale. Ma è quasi nulla l'attenzione per chi s'arrabatta ai margini della legalità. Sui campi rom - che spesso e volentieri si sono trasformati in focolai - in questi mesi è calato del tutto il silenzio. Persino la sconcertante morte di Capodanno è stata trattata dai più come il consueto incidente festivo, trascurando totalmente il contesto e la dinamica dei fatti, compreso l'incredibile assalto all'ospedale messo in atto dai parenti del ragazzino rimasto ucciso. Stesso trattamento per i migranti. Il 2020 si è chiuso con l'impressionante cifra di 34.134 sbarchi, contro gli 11.471 del 2019 e i 23.370 del 2018. Nemmeno la morte di un altro ragazzino, un quindicenne, a bordo di una delle varie navi quarantena volute dal Viminale ha smosso le coscienze. Pure sui centri di accoglienza si è allegramente sorvolato. Il 31 dicembre, a Gioia Tauro, la polizia è intervenuta per bloccare una partita di calcio organizzata dagli ospiti di una struttura per migranti all'interno di uno stadio, con tanto di tifosi. Un assembramento da manuale, che sparisce fra le notizie di cronaca. Se a organizzare una partitella fossero stati dei ragazzotti milanesi, tanto per dire, ci saremmo trovati editoriali indignati sull'irresponsabilità dei giovani. Notiamo tali contraddizioni non per invocare ulteriori strette, ma perché ci sembra necessario riflettere sull'ipocrisia dominante. Tanto per cominciare, ignorare i problemi causati dalle minoranze (tra cui rom e migranti irregolari) significa non occuparsi realmente delle minoranze stesse. Se il rispetto delle regole serve a tutelare la salute di tutti, perché fare eccezioni per campi e centri di accoglienza? In secondo luogo, si pone un serio problema di diritti e di libertà. Prima di Capodanno, il presidente della Camera, Roberto Fico, ha fatto sapere che a gennaio verrà portata in aula la proposta di legge per l'istituzione di una «Commissione nazionale indipendente per la promozione dei diritti umani». L'iniziativa ha riscosso il plauso dei soliti campioni della bontà, tra cui Laura Boldrini e Roberto Saviano. La creazione di tale commissione viene caldeggiata ormai da anni dalle Nazioni Unite. Se dovesse effettivamente realizzarsi, possiamo già immaginare di quali «diritti umani» essa si occuperà: diritti dei migranti, diritti Lgbt, diritti delle «minoranze» più varie ed eventuali. Non stupisce: è l'ordinaria amministrazione. Appena due settimane fa, tanto per dire, l'associazione Carta di Roma ha prodotto un'indagine sul trattamento riservato dalla stampa italiana ai migranti. Durante la presentazione dello studio, il direttore dell'Unar (l'ufficio antirazzismo della presidenza del Consiglio), Triantafillos Loukarelis, si è preoccupato del fatto che «i migranti vengono identificati come mezzo di propagazione del virus». Certo: finché da untore viene trattato chi vuol cenare fuori o chi vuole sciare, nessun problema. Ma se si toccano i migranti, guai. Funziona sempre allo stesso modo: gli unici diritti di cui sembra non fregare nulla a nessuno sono quelli delle persone comuni. Che vengono recluse in casa, terrorizzate e spiate affinché scontino la tremenda colpa di essere maggioranza.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)