2019-10-19
Il Grande fratello fiscale usa le fatture elettroniche e sfida il Garante privacy
Si potranno spiare gli acquisti privati dietro la foglia di fico del «rispetto delle norme». Ma il provvedimento apre ai ricorsi.Una privacy solo di facciata. Il governo giallorosso ha infatti dato definitivamente il via al Grande fratello fiscale, concedendo all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza di avere a disposizioni, per le indagini, anche i dati privati degli italiani. Si parla dunque di informazioni non fiscali, come biglietti arei, pernottamenti, prestazioni sanitarie, eccetera. Insomma, l'amministrazione fiscale potrà schedare il contribuente italiano nei minimi dettagli, invadendo la sua privacy, senza il minimo problema. E questo sarà possibile grazie all'articolo 13 del dl fiscale sull'utilizzo dei dati derivanti dalle efatture, che prevede «la memorizzazione e l'utilizzo dei file Xml delle fatture elettroniche e di tutti i dati in essi contenuti». Questi saranno poi utilizzati dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza per svolgere indagini e verifiche fiscali. La questione della privacy dei dati contenuti all'interno della fattura elettronica è un tema però su cui il Garante della privacy si era già espresso molto duramente, il 20 marzo 2019. Con un provvedimento aveva infatti sottolineato come l'Agenzia delle entrate non potesse memorizzare le informazioni non fiscali contenute sulle fatture elettroniche. «Niente banca dati delle fatture elettroniche all'Agenzia delle entrate, memorizzati solo i dati fiscali necessari per i controlli automatizzati» si legge dal provvedimento. L'amministrazione fiscale avrebbe dunque potuto memorizzare solo, ed esclusivamente, i dati fiscali. E dunque niente informazioni relative alle abitudini e alle tipologie di consumo degli italiani, come la fornitura di servizi energetici, di telecomunicazione o trasporto (regolarità nei pagamenti, pedaggi autostradali, biglietti aerei, pernottamenti), o addirittura l'indicazione puntuale delle prestazioni legali (numero procedimento penale) o sanitarie (percorso diagnostico neuropsichiatrico infantile). Grazie al dl fiscale però tutti questi dati e molti altri ancora saranno alla mercé dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza per svolgere indagini o controlli. Che la mossa del Grande fratello fiscale non fosse poi così legittima se n'è accorto anche l'esecutivo, tanto che, nel testo finale del dl fiscale ha precisato come l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza nell'utilizzo dei dati degli italiani dovranno rispettare «le 42 disposizioni del regolamento (Ue) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196» (le norme sulla privacy). Dicitura che non era presente invece nella bozza iniziale del dl fiscale. Il governo ha dunque deciso di mettere una pennellata di privacy, in un'operazione dove si permette all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza di frugare nella vita degli italiani, in modo discrezionale. Ma poi, l'Agenzia delle entrate ha veramente bisogno di tutti questi dati per trovare gli evasori? Negli anni l'amministrazione ha accumulato una mole inimmaginabile di informazioni fiscali tramite la voluntary disclosure, gli indici sintetici di affidabilità (Isa), il 730 precompilato, la compliance, il redditometro e i vari accertamenti fatti: avrebbe potuto trovare tutti gli evasori che voleva. Eppure, adesso per combattere l'evasione si ha anche bisogno di sapere quanto volte si va dall'estetista o viene l'idraulico a casa. Forse, il problema è il non saper processare tutti questi dati che si hanno, e non la continua ricerca di informazioni. Ma il capolavoro del governo giallorosso non finisce qua perché nel dl fiscale si è anche ben pensato di inserire l'articolo 14 sui trust esteri, cercando di normare un settore che già risulta essere complicato di per sé. Al posto di pensare a una vera e propria riorganizzazione legislativa del settore trust, si è deciso di inserire un articolo nel dl fiscale che crea più domande che risposte, trovando anche in questo caso il capro espiatorio nei beneficiari. Ma d'altra parte sono più di dieci anni che si parla di riformare il settore del trust, perché farlo proprio ora, quando si può rimandare (ancora)?
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.