2020-08-17
Non sanno riaprire le scuole e vogliono dare la colpa a noi
Discoteche chiuse benché i numeri dei contagi non siano drammatici. Ma con l'appoggio dell'informazione di regime si lanciano allarmi che preparano il rinvio dell'apertura delle scuole. E spianano la strada al Mes.Come nella più tipica delle coazioni a ripetere, il governo torna ai suoi grandi classici, agli evergreen del suo repertorio: la creazione della paura, la criminalizzazione di qualcuno (mesi fa era il runner solitario, oggi si tratta dei ragazzi in discoteca), e - dulcis in fundo - la grande corsa al Mes, anche per testare quanto i Cinquestelle siano ormai disposti a ingoiare di tutto senza protestare. A cavallo di Ferragosto, il martellamento televisivo sulla risalita dei contagi è stato ossessivo. A onor del vero, però, la torsione allarmista dell'informazione radio-tv ha omesso di ricordare che il numero dei morti resta per fortuna bassissimo (negli ultimi tre giorni, rispettivamente 3, 4 e ancora 4). Cifre irrisorie rispetto alla media di oltre 600 morti al giorno per infarto e problemi cardiologici, e agli oltre 500 per cancro. Così come resta molto basso, da molti giorni (oscillante tra i 40 e i 56 in tutta Italia) il numero dei ricoverati in terapia intensiva per Covid. Eppure governo e mainstream media hanno assunto toni ansiogeni sempre più marcati. Primo risultato concreto? Chiusura delle discoteche. Il 14 agosto era stato il ministro Francesco Boccia a minacciare: «Si balla solo fino a Ferragosto». E puntualmente ieri pomeriggio si è tenuto un vertice tra governo e regioni, per vietare a queste ultime qualunque deroga futura rispetto al Dpcm governativo del 7 agosto scorso secondo cui devono restare «sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso». Il meeting in videoconferenza, iniziato alle 16.30, convocato dallo stesso Boccia con la partecipazione dei ministri Roberto Speranza e Stefano Patuanelli, ha visto tra gli altri in collegamento i governatori Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), Luca Zaia (Veneto), Alberto Cirio (Piemonte), Donato Toma (Molise), Giovanni Toti (Liguria), Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Michele Emiliano (Puglia), Marco Marsilio (Abruzzo) e i vicepresidenti Gaetano Armao (Sicilia) e Fulvio Bonavitacola (Campania). E l'esito è stato quello previsto: non solo chiusura delle discoteche, ma un'ordinanza del ministro Speranza per imporre la mascherina dalle 18 alle 6 nei luoghi pubblici o a rischio di «assembramento». Inevitabile la protesta dei gestori, che parlano di un danno da 4 miliardi di euro, cifra corrispondente al fatturato annuo di questi esercizi secondo le stime del Silb (il sindacato italiano locali da ballo): «A oggi solo il 10% dei circa 3.500 locali ha riaperto ed è questo che crea problemi? Da domani si rischierà di più con l'abusivismo», ha dichiarato all'agenzia Ansa Gianni Indino, presidente del Silb Emilia-Romagna. Nei giorni scorsi Patuanelli aveva incontrato i gestori, prefigurando un qualche ristoro: ma per ora sarebbero disponibili appena 100 milioni. Ma proviamo ad allargare lo sguardo. Per mesi ci era stato detto che lo scenario più auspicabile dal punto di vista sanitario, per l'estate, sarebbe stato proprio quello con cui oggi facciamo i conti: numeri bassi e piccoli focolai da monitorare e gestire. Poi il governo ci ha messo del suo per complicare le cose con una gestione lassista degli sbarchi e dell'immigrazione. Eppure, nonostante tutto questo, i numeri non sono catastrofici. E allora perché tutto questo allarme? Inutile girarci intorno: il pensiero di molti è che il governo voglia tendere di nuovo la corda dell'emergenza per coprire il vero buco che si rischia, e cioè quello legato alla riapertura delle scuole il prossimo 14 settembre, tuttora avvolta nella nebbia sia per ciò che riguarda la disponibilità di aule e spazi, sia per la questione dei banchi, su cui inopinatamente il governo sembra orientato - a gara chiusa - ad allungare i tempi di consegna, suscitando le proteste di molte imprese che avevano scelto di non partecipare. La maggioranza smentisce, ma c'è chi pensa che qualcuno nel governo punti a un'exit strategy, a un rinvio della riapertura scolastica in nome della fantomatica seconda ondata del coronavirus. Ecco dunque a cosa potrebbe servire la torsione ansiogena degli ultimi giorni. In tutto questo, tornano in campo in grande stile i piazzisti del Mes, dopo qualche giorno di pausa ferragostana. Il primo a scatenarsi è stato il sottosegretario all'Economia (nonché candidato sindaco di Venezia per il centrosinistra) Pier Paolo Baretta, sentito dalla Stampa online: «Di fronte alla risalita dei contagi occorre riaprire subito il capitolo del Mes. Le riserve sulla perdita di autonomia del paese sono state superate nei negoziati, quindi ora è assurdo non utilizzare per la sanità le risorse del Meccanismo europeo di stabilità. La crisi post-pandemia è così grave che le contrapposizioni non servono». E, a parte il fatto che, diversamente dalle categoriche asserzioni di Baretta, il tema della condizionalità rimane apertissimo e irrisolto, resta da capire quale sia il nesso tra cifre del Covid ancora sotto controllo e questa strana urgenza di ricorrere al Fondo salvastati. In mezzo a mosse così sconcertanti, resta invece un silenzio tombale sull'economia, esposta a uno tsunami di fallimenti e licenziamenti autunnali. Ma su questo i loquacissimi esponenti giallorossi non sembrano aver molto da dire.