2021-08-01
Il governo verde dimentica i reati ambientali
Alla faccia della sbandierata transizione ecologica, la riformetta del Guardasigilli non ha schermato i processi agli inquinatori dal rischio di estinzione. Attivisti infuriati, Fdi promette battaglia. E sono escluse dal salvacondotto anche le cause per strage.Al primo Consiglio dei ministri Mario Draghi annunciò che il suo sarebbe stato «un governo ambientalista». E pochi giorni dopo fu avviato l'iter per creare il ministero della Transizione ecologica, poi affidato a Roberto Cingolani. Ma proprio sulla riformetta della giustizia il governo ha messo da parte i proclami degli albori. E l'assenza del reato di disastro ambientale, nel testo del ministro Marta Cartabia, tra quelli per cui non scatta l'improcedibilità, preoccupa il mondo ambientalista. I dati, raccolti ed elaborati dal ministero della Giustizia, per il periodo che va dal 2015 al 2020, indicano 4.636 procedimenti penali per reati ambientali avviati dalle Procure italiane (di cui solo 623 archiviati), con 12.733 persone denunciate e 3.989 ordinanze di custodia cautelare emesse. Molti di quei procedimenti sono nella fase d'appello. Sulla quale interviene la riforma che, con la ghigliottina tarata a due anni e, come ricostruito ieri dalla Verità, con le Corti d'appello a velocità differente (che creano una sorta di regionalismo giudiziario con annessa lotteria delle sentenze), risultano ad alto rischio di sopravvivenza. Soprattutto dove, per una sentenza di secondo grado, si va ben oltre i tempi stabiliti dalla riforma. E così, se passasse un'interpretazione retroattiva della norma (cioè, se essa fosse applicata ai reati antecedenti al 2020), il disastro ambientale causato dall'ex Ilva di Taranto, che di recente si è chiuso in primo grado, partirebbe già con i tempi strettissimi. Ma anche l'inchiesta per gli scarti di alcune concerie della Toscana finiti tra gli inerti tombati sotto la pista dell'aeroporto di Pisa e sotto alcune strade provinciali, ancora nella fase delle indagini preliminari, tra qualche anno, e dopo uno sforzo investigativo notevole, potrebbe finire nel cestino.Legambiente, Wwf e Greenpeace hanno subito alzato la voce: «No al colpo di spugna sui reati ambientali che minacciano la salute dei cittadini. Il governo inserisca i delitti ambientali introdotti nel nostro Codice penale tra quelli di particolare gravità e complessità che richiedono tempi più lunghi per lo svolgimento delle indagini e dei processi». Da Fratelli d'Italia sono pronti alle barricate: «Purtroppo», afferma la deputata Carolina Varchi di Fratelli d'Italia, «quanto sostenuto da Legambiente rischia di essere drammaticamente vero. La denuncia che noi facciamo è che con il meccanismo previsto dalla riforma, invece di intervenire sui deficit del sistema giudiziario, esportando le buone pratiche delle Corti d'appello più virtuose, per timore reverenziale di una certa magistratura, si aggira il problema con l'improcedibilità».«La riforma Cartabia non è altro che il frutto di compromessi al ribasso tra i partiti della maggioranza. Non garantisce né la certezza della pena né processi veloci. Per questo Fratelli d'Italia si opporrà a questo scempio della giustizia», ha commentato il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Francesco Lollobrigida. E anche Wanda Ferro, segretaria della Commissione parlamentare antimafia e deputata di Fratelli d'Italia, che ha presentato due emendamenti al ddl per la riforma del processo penale in esame alla Camera, è sbottata: «Purtroppo la maggioranza di governo, senza tenere conto dei preoccupanti allarmi lanciati dai procuratori antimafia e dai procuratori generali di tutta Italia, marcia spedita come non mai verso l'approvazione di una riforma che rischia di essere un vero e proprio colpo di spugna per migliaia di processi, impedendo di giungere a sentenza e negando giustizia alle vittime e alle parti offese dai reati». Parole che non confortano i parenti delle vittime di disastri ambientali o industriali, che ieri mattina si sono riuniti davanti a Montecitorio con striscioni di questo tenore: «Viareggio. A sei mesi dalla sentenza, vergogna: motivazioni ancora latitanti». Per la strage di Viareggio la Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte di appello di Firenze, annullando le ipotesi di omicidio colposo, ritenendo caduta l'aggravante del mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, e ha rinviato il fascicolo ai giudici d'appello per il solo reato di disastro ferroviario colposo. Ma, se applicata retroattivamente, la riforma Cartabia rischierebbe di mandare alle ortiche il processo bis. Davanti alla Camera, a manifestare, c'era anche Mario Sanna, presidente dell'associazione Il sorriso di Filippo, nata per ricordare il figlio, Filippo Sanna, vittima del sisma di Amatrice. Le associazioni hanno annunciando una seconda manifestazione, a Roma, per il prossimo 9 ottobre, in concomitanza con la Giornata nazionale in memoria delle vittime di disastri ambientali e industriali. E anche dalla magistratura c'è chi ritiene che molti dei processi per le stragi possano finire sotto un colpo di spugna: «Si è solo preso tempo, le impugnazioni aumenteranno e migliaia di processi andranno in fumo», afferma il consigliere togato del Csm Giuseppe Marra (della corrente di Autonomia e indipendenza), che durante l'ultimo Plenum ha paventato il rischio di improcedibilità perfino per i procedimenti sul ponte Morandi e sulla funivia del Mottarone.