2019-05-06
«Il governo va avanti se quelli del M5s non dicono no a tutto»
Il leghista Massimiliano Fedriga: «L'unico modo per tenere insieme la maggioranza è pensare al programma. Ma se qualcuno gioca a fare il Fini... ».I venti di guerra dello scontro finale tra Lega e 5 stelle arrivano fino al Friuli Venezia Giulia. «L'unico modo che ha il governo di restare in piedi è concentrarsi sul programma, sulle cose da fare», dice il presidente leghista della Regione, Massimiliano Fedriga. Intanto Luigi Di Maio ricorda che a Palazzo Chigi il Movimento ha i numeri per imporsi a maggioranza, nel caso si andasse a una drammatica conta sul caso Siri.Governatore Fedriga, occhi puntati sul Consiglio dei ministri che deve decidere sul caso Siri. Dal Friuli Venezia Giulia che effetto le fanno gli ultimatum lanciati a Roma? Il premier starebbe per «dimissionare» il sottosegretario. «È una questione tra il premier e Armando Siri. Noi pensiamo a fare le cose e cerchiamo di farle bene». Se è una questione tra loro due, vuol dire che il destino di Siri e il destino del governo viaggiano separati? «La tenuta del governo dipende da altro: si gioca sulle cose che si fanno o non si fanno. Se si procede con il programma, il governo tiene. Se si apre la stagione del no a tutti i costi, no alla Tav, no alla sicurezza, no al contrasto dell'immigrazione, no persino all'educazione civica, allora diventa un problema serio. Non vorrei che qualcuno volesse fare la parte del Fini della situazione».Fini Gianfranco?«Sì, quello che sapeva solo criticare e poi non faceva nulla». Ma alla fine Siri resiste o si dimette?«Bisogna chiederlo a lui e a Giuseppe Conte». In Consiglio dei ministri cosa succederà? Vi spaccherete? «Non sono in grado di fare previsioni. E poi non faccio parte del Consiglio dei ministri…».Però è ascoltatissimo nella Lega, e il capo del suo partito è parso molto contrariato su questa accelerazione. Tuttavia, Matteo Salvini ha anche definito la questione come una «vicenda locale». Prevarrà il realismo, dunque?«Salvini si infastidisce per i no dei 5 stelle sul piano politico. Siri non c'entra». Ma non è forse una visione giustizialista quella dei 5 stelle che chiedono le dimissioni di un sottosegretario indagato? Prove schiaccianti a suo carico, al momento, non se ne vedono. «Su questo punto si prende le responsabilità il presidente Conte. Io personalmente sono del parere che sia importante verificare se un ministro o un sottosegretario lavorano bene o male. Altrimenti si rischia di essere sempre appesi all'ultima indiscrezione giornalistica o alla decisione della magistratura di turno. Detto questo, è chiaro che ci dev'essere un rapporto fiduciario tra il presidente del Consiglio e il suo governo, e dunque Conte risponderà delle sue scelte e affronterà la questione con Siri». Resta a verbale che colui che giudicavate un arbitro adesso vi sembra un giocatore. Come dire che l'avvocato del popolo è sceso nella piazza della campagna elettorale? «Ma il premier non è mai arbitro. Gioca la sua partita. Spero solo che alla fine sia vittoriosa per gli italiani». Intanto sui vostri cavalli di battaglia gli stellati fanno muro, a cominciare dal provvedimento sull'autonomia. Sta andando in scena un gioco delle parti infinito. «Il governo è obbligato ad approvare un testo sull'autonomia. Poi in un secondo momento il Parlamento se ne occuperà e si arriverà a una sintesi. Ma i principi sono nel contratto, sottoscritto dagli alleati di governo. Il Movimento 5 stelle ha appoggiato in Lombardia il referendum. E su quali basi oggi scoprono che non si può più portare avanti?».Luigi Di Maio tira il freno a mano. Dice che non c'è fretta, e che non vuole ospedali e scuole di serie A e di serie B. Boicottaggio?«Di Maio conosce poco la questione. Io guido una Regione a statuto speciale. E il Friuli Venezia Giulia può essere preso a modello da questo punto di vista. Noi qua ci paghiamo da soli tutta la sanità, gli enti locali, il trasporto pubblico locale. Lo Stato non ci rimette, anzi risparmia. A ogni servizio che eroghiamo in sostituzione dello Stato sono riconosciute delle compartecipazioni. Poi, certo: possono esserci autonomie molto diverse tra di loro».Appunto: le Regioni del Sud non ne vogliono sapere.«Le Regioni che sanno amministrare bene possono migliorare i servizi per i loro cittadini. I problemi per il Meridione arrivano da decenni di centralismo, non dall'autonomia». Perché vuole reintrodurre le province?«Anche questo lo vivo sulla mia pelle. La gestione precedente, quella del Pd di Debora Serracchiani, qui ha abolito quattro province e ne ha create 18, che però si chiamano unioni territoriali intercomunali, praticamente mini province. Siamo precipitati di botto nell'anarchia, perché i dirigenti che dovevano firmare i documenti sono diventati 18, senza un minimo di programmazione». E quindi?«Quindi sto preparando la riforma regionale, avendo la nostra Regione competenza sugli enti locali. La mia idea è di alleggerire i compiti della Regione. Ci sono episodi paradossali. Pensi che da governatore ho dovuto approvare un finanziamento a delle associazioni per 500 euro. Cinquecento. Praticamente solo le carte bollate mi costano di più». E dunque torniamo a delegare verso il basso?«Certe cose, come la manutenzione delle strade, debbono farle le province. Si fidi: mediamente i servizi gestiti da Stato e Regioni costano più e funzionano meno».Ma le province erano il circo dello spreco e delle clientele…«Gli sprechi ci sono dappertutto. Ma questo non dipende dall'ente, bensì dall'amministratore. Non dall'istituzione, ma da chi la governa». Se l'autonomia diventa un'agonia, come dice il suo collega veneto Luca Zaia, anche sulla flat tax i vostri alleati della maggioranza frenano. Senza contare i costi per finanziarla. Intanto il reddito di cittadinanza, giusto o sbagliato, è legge. Non è che il contratto di governo vale solo quando fa comodo ai 5 stelle?«Io spero che il governo vada avanti producendo cambiamento. Se per qualcuno occupare la poltrona di ministro diventa il fine ultimo, allora dovremo fare una riflessione». Dove troverete i denari necessari scongiurare l'Armageddon dell'aumento dell'Iva? Ventitré miliardi non sono mica pochi. «Su questo, se restiamo compatti, sono piuttosto ottimista. Dobbiamo ragionare in una prospettiva post elezioni: il 26 maggio sarà un momento storico. Spero che si instauri una nuova idea di Europa, che lascia margine di manovra ai Paesi per affrontare la crisi con misure anticicliche, per favorire la crescita». Intanto con la stretta di mano a Budapest tra Matteo Salvini e Viktor Orbán, volete spostare verso destra il corpaccione del Ppe. Ma è dura. «È giusto provare. Ci sono due filoni all'interno del Partito popolare europeo: quello del cambiamento, e quello fallimentare di Angela Merkel. Se prevarrà Orbán ci sono spazi per trovare strategie condivise. Penso all'immigrazione o all'economia. Orbán ha abbassato fortemente la pressione fiscale nel suo Paese. Saranno le ricette che porteremo in Europa dopo le elezioni».Nel Ppe c'è anche Forza Italia. A dar retta a un sondaggio di Piepoli, la maggioranza degli elettori leghisti vuol tornare con gli azzurri. «Chiediamoci prima cosa faremo, e poi con chi lo faremo. Finora quello che abbiamo portato a casa è positivo». Il vecchio centrodestra non esiste più?«Non credo più a queste etichette. La vera scelta oggi è tra la sottomissione alle grandi lobby economiche e finanziarie e il diritto dei popoli a dover scegliere del proprio futuro senza imposizioni dall'alto. Continueranno a definirci populisti per questo, ma per me non è un problema. Anzi. Direi che è un punto d'orgoglio». Intanto a Bologna il tribunale smonta il decreto Salvini, obbligando il Comune a iscrivere all'anagrafe due richiedenti asilo. «Non è accettabile. Non capisco che problema ci sia nell'applicare una norma dello Stato e non vedo come un giudice possa stravolgerla. È ora di finirla con i giudici che pensano di essere legislatori». Anche sui rimpatri, i 5 stelle parlano di bluff. «Parlo per la mia Regione. Nel primo anno di mandato gli ingressi sono scesi del 20%, da 5.000 a 2.800. Questo ha comportato un risparmio di più di 15 milioni di euro per le casse pubbliche. Continua il processo che punta a stabilire accordi seri con i Paesi d'origine per facilitare i rimpatri. È la prima volta in molti anni che i rimpatri superano gli ingressi. Per me, questo è già un successo».
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".