
Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, Zuckerberg costretto a fare il «poliziotto del Web» per evitare ritorsioni fiscali Ma la corporation non diventerà un ente pubblico cristallino: rimarrà un'arma da usare nello scontro globale del futuro.No, la novità non è che Facebook farà - come ha detto Mark Zuckerberg davanti al Senato americano - «il poliziotto di ciò che ha intorno», cioè del Web. La novità è che comincerà a svolgere le sue consuete funzioni di occhiuta vigilanza al servizio del governo statunitense. È questo il - prevedibile - approdo dello «scandalo Cambridge analytica» che ha travolto il social network nelle ultime settimane. Stando a ciò che Zuckerberg ha dichiarato durante l'audizione istituzionale, Facebook non cambierà natura. Continuerà a essere gratuito e finanziarsi «tramite la pubblicità». In sostanza, proseguirà a fare soldi utilizzando i dati personali degli utenti, solo con qualche accortezza in più. Dopo tutto, è nato esattamente per questo: per incamerare informazioni sugli iscritti, e non potrebbe generare introiti altrimenti. E allora perché si è scatenato l'inferno su Zuckerberg e soci? Beh, adesso lo sappiamo. Bisognava limare le unghie alle tigri di carta, e ridurre i ragazzetti della Silicon Valley a più miti consigli. Non è accettabile, non può esserlo, che un Paese come l'America abbia al suo interno una compagnia transnazionale che agisce come una potenza autonoma, maneggiando materiale più che sensibile senza rendere conto a nessuno. Zuckerberg ha pagato la sua arroganza, la stessa che lo ha spinto, mesi fa, a intraprendere un tour per gli Usa allo scopo di sondare gli umori della popolazione. Il caro Mark ha provato a tastare il terreno friabile della politica, ha tentato di proporsi come alternativa a Donald Trump, è arrivato addirittura a teorizzare l'irrilevanza delle elezioni, proponendo il suo modello basato su comunità virtuali. Adesso gli tocca un gelido bagno di umiltà. Il baldanzoso guru digitale ha fatto sapere che sta collaborando con Robert Mueller, l'uomo ex Fbi che gestisce la commissione d'indagine sulla ingerenze russe negli affari dello Zio Sam. E, soprattutto, ha fatto sapere che d'ora in poi righerà dritto. Non può fare altrimenti: se non vuole che lo massacrino sul piano fiscale e se vuole evitare di trovarsi privo di ogni credibilità, deve piegare la testa, almeno per ora. In fondo, il prezzo da pagare non è nemmeno così alto, per lui. Dovrà soltanto mostrarsi un po' più collaborativo e dare una spuntatina alle ambizioni di dominio globale. Resta da capire, però, quali saranno le conseguenze per tutti noi, nel senso di noi europei e noi comuni cittadini. Che l'America intenda domare il riottoso puledro digitale è più che comprensibile. Bisognerà vedere, tuttavia, dove intenderà guidarlo una volta sottomesso. Il fatto che Facebook sia sottoposto a un maggiore controllo da parte dalle istituzioni a stelle e strisce non significa che diventi «buono». Resta una gigantesca corporation privata che gestisce i dati di milioni di persone in tutto il mondo. Di certo non diventerà un ente pubblico cristallino utilizzato per il benessere dei popoli. Rimarrà quel che è stato fino ad oggi, un'arma in più nelle mani di una grande potenza, che potrà utilizzarla nello scontro globale del prossimo futuro. La guerra (nemmeno troppo) fredda informatica si sta già combattendo. La Cina investe miliardi nell'intelligenza artificiale e nelle tecnologie digitali, tutte rigorosamente posizionate sotto l'ombrello ampio dello Stato. Gli Usa, in qualche modo, devono rispondere. Dunque state tranquilli, è cambiato tutto per non cambiare nulla. Facebook diventerà il «poliziotto buono» al servizio dell'America. La parte del poliziotto cattivo che vi spia continuerà a farla nel tempo libero, giusto perché i quattrini non vengano a mancare.
Zohran Mamdani (Ansa)
Il pro Pal Mamdani vuole alzare le tasse per congelare sfratti e affitti, rendere gratuiti i mezzi pubblici, gestire i prezzi degli alimentari. Per i nostri capetti progressisti a caccia di un vero leader è un modello.
La sinistra ha un nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani e, anche se non parla una sola parola d’italiano, i compagni lo considerano il nuovo faro del progressismo nazionale. Prima di lui a dire il vero ci sono stati Bill Clinton, Tony Blair, José Luis Rodriguez Zapatero, Luis Inàcio Lula da Silva, Barack Obama e perfino Emmanuel Macron, ovvero la crème della sinistra globale, tutti presi a modello per risollevare le sorti del Pd e dei suoi alleati con prime, seconde e anche terze vie. Adesso, passati di moda i predecessori dell’internazionale socialista, è il turno del trentaquattrenne Mamdani.
Antonio Forlini, presidente di UnaItalia, spiega il successo delle carni bianche, le più consumate nel nostro Paese
Ursula von der Leyen (Ansa)
Sì al taglio del 90% della CO2 entro il 2040. Sola concessione: tra due anni se ne riparla.
L’Europa somiglia molto al gattopardo. Anzi, a un gattopardino: cambiare poco perché non cambi nulla. Invece di prendere atto, una volta per tutte, che le industrie europee non riescono a reggere l’impatto del Green deal e, quindi, cambiare direzione, fanno mille acrobazie che non cambiano la sostanza. Per carità: nessuno mette in dubbio la necessità di interventi nell’ambiente ma, fatti in questo modo, ci porteranno a sbattere contro un muro come abbiamo già ampiamente fatto in questi anni.
Ansa
L’aggressore di Milano aveva avuto il via libera dal Tribunale di Brescia nel 2024.
È la domanda che pesa più di ogni coltellata: come è stato possibile che, nel dicembre 2024, il Tribunale di Sorveglianza di Brescia - competente anche per Bergamo - abbia dichiarato «non più socialmente pericoloso» Vincenzo Lanni, l’uomo che lunedì mattina, in piazza Gae Aulenti, ha colpito una donna sconosciuta con la stessa freddezza di dieci anni fa? «La cosa che mi ha più colpito», spiega Cinzia Pezzotta, ex avvocato di Lanni, alla Verità, «è che abbia ripetuto le stesse parole di quando aveva aggredito due anziani nell’estate del 2015. Anche allora si era subito accertato che stessero bene, come adesso».






