2023-09-28
Il governo si prepara a una manovrina
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Nadef super prudente: solo 22 miliardi a disposizione per la legge di bilancio. Confermati il taglio del cuneo e gli aiuti alle famiglie con redditi bassi. Ma non si potrà fare molto altro. Palazzo Chigi: «Serietà e buon senso».Più spesa in deficit nel 2024, ma non troppa. È questa la traccia della seconda manovra finanziaria del governo Meloni che ieri sera ha dato il via libera alla Nota di aggiornamento al Def. I soldi serviranno a coprire circa metà di una finanziaria austera, poco sopra i 22 miliardi, che, senza il soccorso dell’indebitamento, resterebbe monca. Il resto delle coperture viaggia a vista, tra spending review e interventi di recupero fiscale di varia natura che dovrebbero sommarsi alla spesa a deficit (14 miliardi) per ulteriori 8.Ecco, i numeri che inquadrano la linea scelta dal premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sono, appunto, quelli del rapporto deficit/Pil, nella doppia versione del programmatico, che tiene conto delle misure, e del tendenziale, a legislazione vigente. Le simulazioni per il prossimo anno concordano nel collocare quello programmatico al 4,3%. Quello tendenziale, invece, incastonato in una doppia ipotesi. La prima, più vantaggiosa: 3,7%, per uno spazio di 0,6 punti percentuali. Tradotto: non oltre i 14 miliardi. L’altra opzione, invece, colloca l’asticella al 3,9%: il margine, in questo caso, è dello 0,4%. E le risorse pari a circa 9 miliardi. «Per l’anno in corso l’indebitamento è fissato al 4,5%, principalmente per via del consolidamento del Superbonus. La scelta del 4,3% per il prossimo anno consentirà un importante intervento sul cuneo fiscale, manovre a favore della natalità e fondi per il rinnovo dei contratti della Pa», ha detto Giorgetti al termine del cdm in conferenza stampa. La direzione, quindi, è tracciata, l’obiettivo è chiaro: ricavare una scorta più sostanziosa di quella individuata la scorsa primavera con il Documento di economia e finanza. Ad aprile, infatti, la riserva ammontava a 4,5 miliardi, per una differenza tra il deficit programmatico (3,7%) e quello tendenziale (3,5%) dello 0,2%. Gli entusiasmi sul Pil sono ridimensionati: l’orientamento prevalente è far calare la previsione dall’1,5% a circa l’1,2%. Dalla stima definitiva del prodotto interno lordo dipende l’assetto finale del rapporto deficit/Pil e quindi, in sostanza, l’ammontare della provvista per la legge di bilancio. Scende, anche se di pochissimo, il debito, al 140%. E la contrazione, altrettanto contenuta, ci sarà anche quest’anno, rispetto al 2022. Un trend su cui il governo punta molto per provare a rassicurare l’Europa e i mercati. «Il debito calerà di poco da qui al 2026», ha tenuto a precisare sempre Giorgetti, «per via del consolidamento degli effetti del Superbonus che finiscono con il drenare 20 miliardi di risorse all’anno». Il segnale positivo sul debito, seppure contenuto, sarà indicato come la cartina di tornasole di un impegno - più volte ribadito da Bruxelles e auspicato dagli investitori - che va avanti nonostante un quadro macroeconomico in difficoltà. Ma non basterà. E per questo, nelle ultime ore, si sono fatte più insistenti le voci e le pressioni perché il Parlamento si avvii alla ratifica della riforma del Mes. Le solite mosse biforcute, che verranno utilizzate da Bruxelles per l’altra trattativa sulla riforma del Patto di stabilità. Certo, la manovrina in arrivo risente delle pressioni ma anche di un dato oggettivo: il rialzo dei tassi. «La Nadef predisposta dal governo tiene in considerazione la complessa situazione economica internazionale, l’impatto della politica monetaria restrittiva con l’aumento dei tassi d’interesse (che sottrae risorse dell’ordine di 14-15 miliardi agli interventi attivi a favore dell’economia e delle famiglie), le conseguenze della guerra in Ucraina», fanno sapere fonti di Palazzo Chigi. «Il governo ha scelto un’impostazione di bilancio seria e di buon senso». Vero. Però andrà spiegato ai cittadini che le politiche della Bce da un lato drenano la ricchezza del ceto medio, senza riuscirà a intaccare la salita dell’inflazione, e dall’altro drenano risorse pubbliche che finiscono tutte a pagare gli interessi sul debito. Per una cifra che da circa 80 miliardi l’anno veleggia verso i 100. Fin qui la Nadef. Da oggi ripartiranno la trattativa tra i partiti di maggioranza e il balletto delle richieste e degli interventi per recuperare qualche risorsa extra. Anche se per quanto riguarda i condoni, il governo non avrebbe intenzione di vararne di nuovi. «Posso rispondere sulle cose che fa il governo, non su notizie che appaiono sui giornali ma che il governo non ha adottato, e che probabilmente non ha neanche intenzione di adottare», ha detto Giorgetti prima del cdm, preparandosi a smentire così l’ipotesi di pagamenti ridotti al 10% a fronte di debiti fiscali fino a 30.000 euro. «L’unico provvedimento che abbiamo assunto, quello nel dl Energia», ha precisato rispondendo nell’Aula della Camera per il question time, «appena approvato dal Consiglio dei ministri, detta norme che consentono di esercitare esclusivamente il ravvedimento operoso per la violazione di alcuni obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi». E ha chiarito: «In altre parole, lo si ribadisce, la norma permette di consentire ai contribuenti di avvalersi di un istituto già esistente e attualmente in vigore, con la possibilità, previo pagamento delle somme dovute, di evitare la “pena di morte” per migliaia di esercizi commerciali». Almeno questo è un segno importante per i piccoli imprenditori. Per il resto a margine del cdm Giorgia Meloni avrebbe commentato: «I nostri margini sono ristretti ma dobbiamo saper dimostrare di essere, ancora una volta, una nazione credibile e solida. Dobbiamo concentrare le risorse sulle misure che garantiscono un moltiplicatore maggiore di crescita: investimenti e infrastrutture, anche attraverso la leva del Pnrr, aumento dei redditi e delle pensioni più basse, sostegno alla natalità, rafforzamento della sanità». Tante cose per una coperta corta.