2019-09-30
Claudio Durigon: «Il governo non sa far altro che toglierci soldi dalle tasche»
L'ex sottosegretario leghista: «La verità è che non hanno nessuna idea sulla crescita. Serve una maxi riduzione fiscale: ci vuole la nostra flat tax, non la loro “snack tax"».Lei è il plenipotenziario leghista nella capitale. Ma è vero che, per nascondere le sue origini venete, a Latina si fa chiamare Dùrigon, con l'accento sbagliato?«No, per carità, l'ho detto una volta per scherzo. Diciamo che l'accento dove lo metti lo metti, va bene comunque. Fate voi, Dùrigon o Durigon».Accento a parte, tutti la danno come il prossimo candidato della Lega alla Regione Lazio. Conferma? «La cosa non è in progetto, e poi il voto nel Lazio è ancora lontano…».Dunque non smentisce?«Non è in preventivo, e per il resto mi piace molto quello che sto facendo. Gestisco Roma e provincia su incarico di Matteo Salvini, il quale mi ha affidato pieni poteri. Non per me naturalmente, ma al servizio della squadra. Con la gestione Raggi, Roma è tornata all'anno zero». Il governo giallorosso lavora su una manovra da 35 miliardi, e si sta cercando di tenere il deficit intorno al 2,2%. «Leggo anch'io le ipotesi che circolano. Credetemi, non hanno idee per rilanciare la crescita. Una sola cosa serviva, ancor più del rilancio degli investimenti: lo choc fiscale. Cioè una cura poderosa che potesse produrre effetti il prima possibile». Si riferisce alla flat tax quella seria, una delle misure non più in agenda, almeno per ora?«Avrebbe messo nelle tasche della famiglie diverse migliaia di euro. Certo, era un progetto ambizioso, dai costi importanti. Ma noi pensavamo e pensiamo sia l'unico modo per rilanciare seriamente i consumi». Invece della flat tax forse ci ritroveremo la snack tax.«Sarebbe?».La famigerata tassa sulle merendine e bibite zuccherate per finanziare la scuola. Il ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, insiste con la sua proposta: sostiene che molti altri Paesi l'abbiano già adottata, e teme che le lobby alimentari possano insabbiare tutto. «Se davvero andranno avanti su questa strada, dimostreranno di essere miopi economicamente. Al di là della valutazione morale sulla proposta, il gettito derivante sarebbe irrisorio: stiamo parlando di una cifra che si aggira sui 150 milioni».Troppo poco per risolvere i problemi della scuola, e per cambiare le abitudini alimentari dei bambini? «Una cultura alimentare salutare non si promuove con una tassa, che non avrebbe alcun potere deterrente sulla dieta. Dunque, mi chiedo quali siano le reali motivazioni di un'idea del genere. E io un sospetto ce l'ho».Quale?«È evidente che la tassa sulle merendine è stata fatta ad hoc contro Durigon. La classica legge ad personam». (Ride di gusto). Evviva l'autoironia. Si sentirà mica discriminato?«Ripeto sempre che ho due chiodi fissi: uno è “quota 100", l'altro è “quota 126", che poi è il mio peso espresso in chili. Sono ospite fisso in un programma radiofonico dove ogni volta salgo sulla bilancia. Per me è divertentissimo».Claudio Durigon, il «possibile» candidato salviniano alla regione Lazio, è il leghista che parla romano. Anzi, il leghista di Latina che, dopo anni passati in fabbrica, da ex sottosegretario al Lavoro si è dedicato a smontare la legge Fornero collaborando con Luigi Di Maio al ministero. Perché si occupa di lavoro?«Ho fatto l'operaio per 14 anni in un'azienda farmaceutica. Poi sono entrato nel sindacato Ugl».La destra del sindacato. «No, arrivo da una famiglia democristiana. Mio padre lavorava al consorzio di bonifica. Aveva donato la sua terra per la costruzione di una chiesa». E la politica?«Quella è arrivata con la candidatura alla Regione Lazio, in una lista civica collegata a Francesco Storace. Presi 8.000 preferenze, ma non bastarono».Come ha conosciuto Matteo Salvini?«Non vorrei tornare sull'argomento alimentare, ma è successo a tavola». (Altra risata).Cioè?«Amici comuni ci hanno presentato, e mi sono ritrovato attovagliato con lui e Giancarlo Giorgetti. Sarà un caso, ma le scelte più importanti della mia vita le ho prese a cena». Torniamo alla manovra. Buona parte dei soldi serviranno a neutralizzare le clausole di salvaguardia sull'Iva. Ma al momento non si escludono «rincari mirati». «Se davvero accetteranno aumenti selettivi, si consumerà l'ultimo inganno a danno degli italiani. È un governo nato da un'operazione parlamentare fondato sullo spauracchio dell'aumento Iva, che peraltro si poteva tranquillamente neutralizzare per decreto».Eppure, il traguardo del taglio del cuneo fiscale sembra davvero a portata di mano. «Sicuramente il costo del lavoro in Italia è eccessivo rispetto agli altri Paesi. Ma non credo che investirci solo 5 miliardi possa generare un impatto sensibile sulle platee interessate. Se poi si deciderà di restringere il bacino solo ad alcune fasce di reddito, ancora peggio». Il governo non toccherà quota 100. Giuseppe Conte la considera una forma di protezione sociale. Eppure, i critici la considerano un flop. Rispetto alle stime di adesione, viaggiamo intorno al 50-60%.«Se questa è l'obiezione, non regge. Ogni riforma che si basa su libere scelte individuali è fondata su una copertura stimata dall'Inps e dalla Ragioneria di Stato. Noi abbiamo investito soldi per garantire una copertura totale, già sapendo che in tanti non avrebbero aderito. Funziona sempre così. Il reddito di inclusione, così come l'Ape social, è stato finanziato per il 60% della platea prevista inizialmente».Molti dicono che i costi sono insostenibili.«Pensiamo alla spesa pubblica. Quando un dipendente della pubblica amministrazione va in pensione, non percepisce più stipendio. E questa è un'altra fonte di risparmio che sarebbe giusto considerare». E il famoso turnover generazionale, che fine ha fatto? «Non esiste alcuno studio che possa illustrare l'effettivo turnover nel settore privato. Io considero un dato molto semplice, che arriva dall'Istat: nonostante il periodo di crescita zero attuale, assistiamo a un calo della disoccupazione totale. E quella giovanile è scesa di due punti». Dove volete arrivare con il referendum per introdurre il sistema maggioritario?«Vogliamo applicare un sistema elettorale più semplice: chi vince governa. Sono alla prima legislatura, e quello che ho visto negli ultimi mesi è stato drammatico. Mi fa sorridere Luigi Di Maio che propone una penale per chi cambia casacca in Parlamento. Il guaio è quando, più che la casacca, si cambiano idee e progetti, come hanno fatto loro. Che adesso governano con quelli che prima attaccavano quotidianamente». Di Maio deve combattere l'agitazione nel movimento. Si parla di 20 parlamentari 5 stelle pronti ad allearsi con la Lega. Salvini annuncia sorprese. Porte aperte? «Porte aperte a tutti magari no, ma chi nei 5 stelle si sente tradito dagli ultimi eventi da noi può trovare spazio». E il volto di questo tradimento è quello di Di Maio?«Ho lavorato benissimo con lui per 11 mesi. Poi, dopo le europee, è avvenuta la metamorfosi. I 5 stelle hanno iniziato a difendere l'Europa, a intonare il ritornello delle coperture, fino alla famosa “maggioranza Ursula"». E lei?«Io sono sempre stato una colomba, ho sempre cercato il compromesso. Ho portato a Di Maio un pacchetto di proposte in 10 punti. Ma avevamo sbagliato interlocutore: ormai Di Maio seguiva il tracciato imposto da Conte. Abbiamo staccato la spina un attimo dopo aver capito che le nostre proposte, in quella alleanza, non si sarebbero mai concretizzate. Non avrei mai pensato che i 5 stelle, nati antisistema, avrebbero governato con il Pd che è l'essenza del sistema».Pd meno Matteo Renzi, che pur restando al governo ha preso una strada diversa. Semmai passasse il vostro maggioritario, potrà essere l'antagonista di Salvini?«Non credo. Il problema di Renzi è quello di essere rimasto un personaggio legato più al Palazzo che alla gente. Romano Prodi dice che Italia viva scadrà come uno yogurt. Io dico che invece Renzi deciderà la data di scadenza di Conte. E con lui dell'intero governo. Cercherà di influenzarne la direzione, amplierà la sua pattuglia parlamentare, e alla prima buona occasione manderà tutti a casa».Se la Lega sbanca alle regionali, che cosa si aspetta possa succedere a Roma?«Mi aspetto che il governo ne prenda atto. Dimettersi sarebbe un dovere morale. Queste sono le mie aspettative: che possano diventare realtà, purtroppo, è tutto da vedere».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.