2020-08-09
Il governo è inconcludente su tutto ma fa in fretta a distruggere i valori
I giallorossi non muovono un dito per risollevare l'economia. Mentre sull'accoglienza dei migranti infetti e sui «temi etici» sono dei fulmini: dalla legge Zan-Scalfarotto alla banalizzazione dell'interruzione di gravidanza. Sono divisi su tutto, inconcludenti su tutto, inabili a tutto. Però, quando si tratta di intervenire sui cosiddetti «temi etici», cioè quelli che riguardano i valori più alti della nazione e della comunità, procedono spediti, senza tentennamenti. Sulla gestione dei migranti i rappresentanti della maggioranza di governo continuano a litigare da mesi, anzi da anni a dirla tutta. Non riescono a modificare i decreti sicurezza, non sanno come gestire l'aumento degli sbarchi, non sono capaci di mettere in sicurezza i territori nonostante l'arrivo di infetti fosse annunciato. Però sembrano essere concordi su un punto: bisogna accogliere, anche se l'arrivo di masse di stranieri ha conseguenze destabilizzanti per le città, per la vita quotidiana degli italiani, per l'economia e per quello che un tempo si definiva «il tessuto sociale». Sono compatti pure sulla difesa dei cosiddetti «diritti Lgbt», anche se con la legge bavaglio chiamata ddl Zan-Scalfarotto i diritti non c'entrano un tubo. Votano compatti per approvarla, condannano con ferocia ogni voce critica, accusano di omofobia chiunque manifesti una posizione politica leggermente diversa. L'economia va a rotoli e i vari decreti che dovrebbero risollevare l'Italia si rivelano fuffa avvolta nelle balle, però tra le priorità resiste, granitica, la «legge contro l'omotransfobia», cioè un progetto utile a riempire di soldi le associazioni arcobaleno, a rendere endemica la propaganda (persino nelle scuole) e a zittire il pensiero difforme. Se il bavaglio dovesse essere approvato, anche con qualche modifica, il rischio concreto è che venga bollato di transfobia - e ridotto al silenzio - pure chi sia contrario al cambio di sesso per i minorenni. Potrebbe essere additato come omofobo chiunque abbia il fegato di opporsi all'indegna pratica dell'utero in affitto, comprese le militanti lesbiche che da tempo danno battaglia su questo fronte. Intanto, giusto per offrirci un antipasto, i giallorossi si sono occupati dell'aborto. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, evidentemente non è abbastanza occupato con la gestione del virus, così ha deciso di attaccare frontalmente la governatrice dell'Umbria, Donatella Tesei. La presidente della Regione, come nel suo diritto e senza violare alcuna legge, ha stabilito mesi fa che le donne dovessero assumere la pillola abortiva Ru486 in ospedale, sottoponendosi a un ricovero di tre giorni. A Speranza restava solo un modo per fermare la Tesei: far modificare le linee guida sulla Ru486, cosa che il Consiglio superiore di sanità ha prontamente fatto. Risultato: l'aborto facile è sdoganato, senza ovviamente passare dal Parlamento. Vai in ospedale, prendi la pillola, e dopo mezz'ora puoi tornare a casa: cancellare una vita è semplice come ingoiare una Zigulì (o, almeno, questo è il messaggio che manda il governo). Dite: chi ci guadagna? Le donne? E perché mai? Perché perdono la possibilità di essere assistite in ospedale in caso di complicazioni? Perché possono liberarsi più agevolmente del fastidioso fardello, rinunciando al dono di essere madri? Bel guadagno, non c'è che dire. Pensate: il Consiglio superiore di sanità fa addirittura notare che grazie alla pillolina si risparmieranno soldi per sale operatorie e anestesie. Che meraviglia: ci saranno meno bambini, però l'austerità è salva. E se poi in Italia si smetterà di nascere, poco male. Si potrà sempre contare sugli stranieri o acquistare un bambino all'estero, magari fabbricato da una surrogata ucraina. Curioso davvero: la stessa sinistra che si oppone all'adozione in pancia (la possibilità di dare ad altri il figlio prima che venga al mondo invece di sopprimerlo) è però favorevole al subappalto della maternità. Del resto i progressisti che oggi festeggiano la ritrovata «libertà femminile» sono gli stessi che sostengono «l'identità di genere», cioè l'idea che un uomo operato sia a tutti gli effetti una donna, il che significa smantellare il concetto stesso di «donna». Qui abbiamo un'accozzaglia governativa tenuta insieme con il nastro adesivo e supportata da una maggioranza probabilmente non più rappresentativa della nazione che si permette di giocare con valori fondamentali. Si prende la libertà di intervenire su questioni che non riguardano lo scontro politico, ma il corpo, l'identità, la vita stessa. La gran parte degli italiani, da tempo, è contraria all'immigrazione di massa, ma i giallorossi se ne fregano. La legge vieta l'utero in affitto, ma brigano per aggirarla. Il numero crescente di medici che optano per l'obiezione di coscienza dimostra che la difesa della vita sta a cuore a tanti, ma a lorsignori non importa: meglio favorire qualche colosso farmaceutico. Non discutono, anzi rifiutano il confronto, però sono lesti a cancellare la realtà, sostituendola con un prodotto artificiale totalmente ideologico. Combattono la patria, la vita, il corpo, la famiglia, la natura. Fanno il deserto e lo chiamano libertà.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)