2020-05-01
Il governo arrogante ignora i bisogni urgenti e reali di famiglie, cattolici e scuole
Anadolu Agency via Getty Images
Messe bloccate da un assurdo divieto che vìola anche i dettami dell'Oms, genitori con tanti figli abbandonati, non una parola sulle paritarie: ci trattano da sciocchi.La tensione sociale è alle stelle, il limite di sopportazione sta per essere superato e soltanto l'insipienza di un esecutivo indifferente alle condizioni concrete delle famiglie italiane non sa rendersene conto. Insipienza è un termine adatto: letteralmente significa «mancanza di sapienza». Quella sapienza strettamente umana che deve condurre a scelte ponderate, mettendo sul piatto tutte le questioni in gioco. Il problema contagio è certamente reale ed ha un grande peso nelle decisioni, ma non è l'unica istanza di cui tenere conto. Oltre al benessere fisico, sono in ballo altri significati di «benessere»: se è vera la definizione che di «salute» l'Oms da anni sostiene, cioè «benessere psico-fisico della persona umana», oggi ci troviamo totalmente sbilanciati sul versante fisico, mentre la componente «psichica» che, in senso lato, comprende anche ciò che è spirituale ed emotivo/ sentimentale, è quasi completamente ignorata. E questa non è un orpello superficiale e dunque insignificante, ma una necessità che deve trovare un «sapiente» bilanciamento con le istanze biologiche e sanitarie. Ad oggi, l'unica certezza che abbiamo è che per cercare di arginare il virus, il «distanziamento sociale» è un'arma efficace. Per la verità, non è una grande scoperta: da sempre si sa che evitare gli incontri ravvicinati con chi è o può essere infetto è una buona arma di difesa. In pratica ciò significa attuare misure che ormai abbiamo tutti imparato a conoscere e che, responsabilmente, da due mesi almeno stiamo mettendo in atto. Data questa premessa, non possiamo non soffermarci su qualche considerazione concreta. Partiamo dalla partecipazione alla Santa Messa. Quale è la ratio, il dato razionale, per la quale una chiesa di 200 o 300 metri quadri non possa garantire il rispetto assoluto del distanziamento interpersonale necessario (più di tre o quattro metri) ammettendo la presenza, controllata e contingentata, di una quarantina di fedeli? Oltretutto, la Messa è un evento di grande raccoglimento «statico», senza nessun movimento o scambio di posizione. Il gesto dello scambio di pace abolito, il celebrante che officia con le protezioni (mascherina e guanti) e distribuisce la sacra particola portandola direttamente al posto e sulla mano di ciascun fedele, magari utilizzando una pinzetta. Nessun contatto, nessun movimento, nessuna condizione di contagio. Di certo le stesse misure di prevenzione non sono rispettate su un autobus, una metro, un supermercato o una libreria! Eppure, queste aperte e libere; le celebrazioni eucaristiche bloccate. Si dice che un'apposita commissione di esperti sta studiando il problema. È un'evidente presa in giro (per non dire di peggio), segno che l'esecutivo pensa che gli italiani sono una massa di sciocchi che si può abbindolare come si vuole, e di creduloni che si possono ammansire con vergognose menzogne. Si aggiunga la manifesta disistima totale nel senso di responsabilità dei cittadini: forse che il fedele per primo non ha interesse a rispettare la sicurezza sua e dei suoi «fratelli» presenti alla Santa Messa? Facciamo un altro esempio concreto: il sostegno alla scuola pubblica, sia statale che paritaria. La scuola paritaria garantisce allo Stato l'educazione di 866.805 studenti e il posto di lavoro a 150.000 dipendenti, con un risparmio - assolutamente accertabile e documentabile - di 1 miliardo e 300 milioni di euro all'anno. Ora le famiglie non hanno concretamente soldi per pagare le rette, e senza le rette almeno un terzo (circa 4000) delle scuole in settembre dovranno gettare la spugna. Tradotto in pratica, significa circa 300.000 studenti senza una scuola, impossibilità delle scuole statali di poterli assorbire, disoccupazione per migliaia di lavoratori. Proprio un bel risultato. Abbiamo proposto un fondo nazionale straordinario per garantire il diritto allo studio di ogni studente e, a proposito di collaborazione responsabile di cui l'esecutivo si riempie quotidianamente la bocca, nei vari Dpcm neppure una, dico una sola parola. Da ultimo, ma certamente non ultimo in termini di giustizia sociale, il sostegno economico alle famiglie, con particolare riguardo alle famiglie numerose. I genitori che svolgono un lavoro autonomo non portano a casa un solo euro, e tutto ciò che il governo sa proporre è un bonus di 600/ 800 euro al mese, forse sufficienti a pagare l'affitto e nulla più. Disinteresse completo per le famiglie numerose, come se sfamare un figlio o sette figli fosse esattamente la stessa cosa! Le proposte economiche per arginare questo disastro sono state tante, provenienti sia da alcuni partiti che dalle associazioni familiari della società civile, soprattutto nell'ottica del «quoziente famigliare», a partire dal contributo di 200 euro a figlio fino ai 18 anni. Un piccolo significativo segnale di cura verso la famiglia. Risposta: un bonus di 200 euro, appunto, ma per single per comprare una bicicletta così da evitare l'uso dei trasporti pubblici! Purtroppo, l'elenco delle insipienze è ancora molto lungo, ma questi esempi ci danno la possibilità di trarre qualche conclusione. Se mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio, oggi abbiamo la prova-provata che a questo governo della famiglia non interessa nulla, o meglio, interessa solo quando cerca voti la settimana prima degli appuntamenti elettorali. Poi, tutto rapidamente cade nell'oblio. Considera le famiglie numerose come «buontemponi» che fanno figli per piacere personale: un lusso, quindi, altro che valore sociale della famiglia e della genitorialità. La sensibilità verso i bisogni religiosi del popolo, una inutile richiesta da tenere sotto controllo, alla faccia della libertà di culto, della Costituzione, del Concordato e del Codice Penale (articolo 405). Ricordo, qualche mese fa, il grido di scandalo perché c'era chi si appropriava strumentalmente di alcuni simboli religiosi: mi domando - sempre facendo appello al semplicissimo buon senso - che cosa sia più vergognoso e pericoloso. Un gesto furbetto, semplicistico e forse inopportuno, o una classe politica che puzza lontano un miglio di occupazione del potere, con disinteresse completo per il bene delle famiglie, dei bimbi, del sentimento religioso degli italiani, imponendo scelte sociali che vanno verso quel «nuovo umanesimo» che si vuole senza Dio? Insipienza, dunque, mancanza ingenua di buon senso cui sarebbe molto facile porre rimedio, o precisa scelta culturale e antropologica secondo lo slogan «Dio, patria, famiglia che vita di m..»?
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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