2022-05-28
«Il giudice è appiattito sulla difesa. Usiamo Amara per farlo saltare»
Il retroscena sul processo Eni svelato dal pm Storari: De Pasquale e Spadaro volevano sbarazzarsi del presidente del collegio che aveva smontato l’inchiesta flop. Il falso teste chiave pagato da Armanna.«Sostanzialmente salta fuori questa cosa che De Pasquale e Spadaro dicono “il presidente Tremolada è troppo appiattito sulle difese in questo procedimento. Noi quelle dichiarazioni di Amara che lo riguardano dobbiamo in qualche modo spendercele”». Il retroscena che il pm di Milano Paolo Storari mette sul piatto al processo che sta affrontando Piercamillo Davigo, l’ex consigliere del Csm al quale si era rivolto per non restare col cerino in mano per l’inerzia nell’inchiesta sulla Loggia Ungheria, riguarda i suoi due colleghi che rappresentavano l’accusa nel processo Eni-Nigeria: Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro.Marco Tremolada, invece, per quel processo, che si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati, era stato accusato dall’avvocato Piero Amara di essere stato avvicinato dalle difese. E, a fine gennaio 2020, il plico con le rivelazioni di Amara parte per la Procura di Brescia, competente a indagare sulle questioni che riguardano i magistrati milanesi. Proprio nello stesso periodo in cui le investigazioni sulla Loggia Ungheria stentavano a partire.E Storari questa cosa proprio non riesce a mandarla giù: «Io adesso ma veramente lo dico adesso in maniera… perché così mi sono arrabbiato, dico “guardate dovete passare sul mio corpo”. Ma non si fanno ‘ste robe». La questione è abbastanza centrale nella deposizione di Storari, perché sembra provare che Amara viene preso sul serio dai vertici della Procura quando le sue dichiarazioni sono utili per salvare il processo Eni che stava naufragando, ma non vengono prese in considerazione quando tira in ballo personaggi di primo piano della politica nazionale e del panorama giudiziario.«L’idea», secondo Storari, «era... di costringerlo (riferito a Tremolada, ndr) all’astensione. Ma poi vediamo che questo per un mero caso fortuito non è successo». Ma questo non è l’unico dettaglio inedito che Storari spiattella ai giudici. Ricostruisce in modo dettagliato anche la decisione di inviare quelle poche righe del verbale di Amara su Tremolada a Brescia: «Allora si inventa la questione… non le depositiamo ai difensori come 430 (attività integrativa d’indagine del pubblico ministero, ndr), le trasmettiamo al presidente del Tribunale». E a questo punto Storari si sarebbe opposto in modo fermo: «Qui abbiamo un de relato di secondo grado (ovvero una testimonianza indiretta, ndr), su un soggetto su cui non abbiamo svolto un minimo accertamento, nonostante tutto quello che chiedo io, e voi andate a fare sta roba? Non se ne parla». E il pm che aveva raccolto tutte quelle propalazioni dell’avvocato Amara, cercando pure di verificarle durante il lockdown andandosene in giro per l’Italia, si sarebbe messo di traverso: «Sapete cosa c’è? Cosa c’è Fabio (riferito a De Pasquale, ndr)? Perché non fai una bella cosa, te lo senti tu in indagini integrative Amara, non usi i miei verbali e poi fai quello che vuoi». Deve essersi avvelenato parecchio in quei giorni Storari. E ora al collegio che deve giudicare Davigo, accusato, come lui (che però in primo grado è stato assolto e ora attende il processo d’appello), di aver diffuso i verbali di Amara, ha deciso di non tenersi nulla, senza nascondere attimi di commozione: «Qui sul nulla non si può sporcare un collega, perché di questo io ne ho prova, quando entri nel circuito giudiziario...».I fattacci legati al processo Eni-Nigeria, però, non sono finiti. Storari a Brescia va a riesumare anche su una vicenda ormai sepolta da due anni tra le mura della Procura di Milano. È quella che riguarda il famoso testimone Victor e la sua falsa testimonianza, su cui la Procura di Greco aveva aperto un’indagine (con tanto di sequestro di telefonini al presunto Victor) di cui non si è saputo più niente. Come noto, di presunti Victor ne transiteranno tre nel processo sulla licenza petrolifera Opl 245. Storari in aula ha ricordato quel passaggio, ricordando che Armanna aveva pagato il testimone che avrebbe dovuto confermare il passaggio di soldi delle mazzette. Per capirlo aveva dovuto analizzare la chat del suo cellulare. Storari aveva poi scoperto che Armanna aveva fornito al Tribunale chat false. Lo aveva segnalato, ma i pm non lo avevano preso in considerazione. Del resto era stato De Pasquale a introdurre Isaac Eke, proposto da Armanna, come il terzo Victor Nawfor sostenendo che si facesse chiamare così. Ed è sempre stato De Pasquale a ritenerlo credibile e a portarlo a deporre, nonostante la vera identità fosse stata nascosta. Sarà proprio Tremolada a opporsi. E sarà Eni a scoprire la vera identità di Victor, un generale di polizia in pensione e non capo servizi sicurezza presidenziali. Saranno poi scoperte le tracce della promessa di pagamento del testimone da parte di Armanna, senza dimenticare che il teste alla fine negherà tutto e smentirà la linea dell’ex manager Eni. A questo punto scatterà l’indagine per falsa testimonianza con il sequestro di ben quattro telefoni. A oggi, però, non si è saputo più nulla. Che fine hanno fatto i telefoni? Cosa c’era dentro? Le prove sulla sua corruzione da parte di Armanna? Perché il testimone fu accompagnato in aula da agenti di scorta della Guardia di finanza? C’era il timore che raccontasse come era stato coinvolto da Armanna e dalla procura nel processo? E soprattutto chi ha pagato le spese del suo viaggio dalla Nigeria? Le questioni aperte sono tante. Sarebbe bastato andare su internet e scoprire che il vero Victor era il primo testimone sentito a fine 2018. Tutti passaggi che avrebbero danneggiato ancora di più un processo dove l’accusa è uscita più che mai sconfitta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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