2025-06-10
Il giallo del fondo Usa che sale al 10% di Bper
Carlo Cimbri (Imagoeconomica)
Jp Morgan spiega che la partecipazione non è finalizzata al controllo. Il mercato però è convinto che a tirare le fila possa essere Unicredit, che incontra ostacoli sulla strada di Banco Bpm. First Cisl in campo a difesa dell’occupazione e dei territori.Lunedì si apre un altro fronte della partita bancaria, con l’avvio dell’Ops di Bper su Popolare di Sondrio. Un’operazione apparentemente destinata a filare liscia considerando che Unipol è azionista di controllo con il 20% in ciascuno dei due istituti. Ad agitare le acque, però ha provveduto Jp Morgan annunciando di aver portato al 10% la partecipazione in Bper. Il colosso Usa, nel tentativo di ristabilire un po’ di tranquillità sul mercato, ha spiegato che l’acquisto non è finalizzato alla conquista del controllo e nemmeno a condizionare la governance. «Non abbiamo in programma», scrivono i vertici di Jp Morgan, «di acquisire il controllo o di influenzare in altro modo la gestione della società». In ogni caso il gruppo «agisce da solo» e non è parte di alcun patto parasociale «né di alcun altro accordo in relazione ai diritti di voto». Aggiunge di non avere intenzione di occuparsi dei vertici della banca. La partecipazione è «connessa alla fornitura di liquidità, all’esposizione o alla copertura derivanti da operazioni con i clienti». La spiegazione però non ha fermato le speculazioni. Il mercato sembra convinto che queste azioni possano rappresentare un trampolino di lancio per un’ulteriore mossa da parte di Unicredit, attualmente impegnata nell’Ops con Banco Bpm. La mossa del cavallo da parte dell’amministratore delegato Andrea Orcel per capitalizzare sull’interesse di Bper e Popolare di Sondrio. A rendere il giallo ancora più avvincente, però, è il ricordo dell’intervento di Carlo Cimbri, presidente di Unipol, principale azionista di Bper. In occasione della presentazione del piano industriale aveva indicato Ing, la banca olandese, come uno dei potenziali «scalatori». Unicredit, quindi, pur avendo già un piede in una fusione, potrebbe comunque trovarsi a giocare una partita parallela, non solo con gli attori italiani ma anche con i giganti bancari internazionali. Da Amsterdam avevano smentito le dichiarazioni di Cimbri lasciando però una scia di voci incontrollate. Il clima è incandescente intorno alla quota di Jp Morgan. Il tema del controllo sugli asset strategici resta anche al centro delle dichiarazioni del ministro Antonio Tajani. Intervistato da Milano Finanza, ha espresso riserve sull’applicazione del golden power nella fusione tra Unicredit e Banco Bpm. Il ministro ha precisato che Forza Italia aveva espresso fin da subito delle riserve sulla base giuridica del provvedimento, auspicando una possibile interpretazione conforme al diritto comunitario, al fine di evitare inutili conflitti tra Roma e la Commissione europea. Sul tema Russia, Tajani ha poi lanciato un’altra critica al golden power che obbligherebbe Unicredit a ritirarsi dal mercato russo entro nove mesi. «Ci sono 270 aziende italiane attive in Russia nel rispetto delle sanzioni. Se Unicredit fosse costretta a uscire, molte rischierebbero di trovarsi senza i servizi bancari necessari per operare», ha sottolineato. Le voci però corrono e la possibilità che Unicredit decida di cambiare rotta, secondo il mercato, non è da escludere. Tanto più che la strada verso Banco Bpm è piena di ostacoli. Secondo First Cisl l’unione fra le due banche milanesi avrebbe un impatto «molto grave» sull’occupazione. Unicredit infatti ha proposto all’Antitrust europeo di cedere circa 209 sportelli, pari al 14% della rete del Banco. «In almeno 40 province la quota delle sovrapposizioni di sportelli supera il 20%». In queste aree c’è il pericolo della desertificazione creditizia. Il sindacato parla di timori «concreti» per quanto riguarda i lavoratori, «ceduti o costretti alla mobilità geografica o funzionale», i territori, che saranno «impoveriti» dalla «perdita di presidi fondamentali per imprese, famiglie e cittadini andando a colpire i territori più fragili», e i clienti che «si vedranno improvvisamente» ridurre il credito. In questo rischio di trasformazione, ogni mossa potrebbe cambiare la scacchiera. Il governo è impegnato direttamente come mai prima d’ora. L’unica certezza è che, in un mondo globale, il futuro del sistema bancario italiano si scriverà con l’inchiostro di alleanze internazionali e decisioni politiche cruciali. E l’Italia, in questa partita, avrà bisogno di giocare con intelligenza e lungimiranza.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio