2018-09-04
Il fallimento del cellulare in classe: il 50% dei ragazzi lo usa per giocare
Sdoganato da Valeria Fedeli, lo smartphone a scuola era un flop annunciato. Un sondaggio conferma: gli alunni ci perdono tempo, i professori non sanno adoperarlo. Non servono altre «linee guida»: bisogna spegnerlo.Il fallimento era annunciato: lo avevamo scritto e riscritto, e alla fine, purtroppo, è arrivata la conferma. Il cellulare a scuola non serve o, peggio, si rivela dannoso. A dimostrarlo è un sondaggio realizzato dal portale Skuola.net, ripreso ieri dal Messaggero, realizzato su un campione di 1.011 studenti di scuole medie e superiori. Dalla ricerca emergono, tra gli altri, due dati inquietanti: il 50% degli studenti non utilizza il telefonino per scopi didattici, anzi lo usa per chattare con gli amici o giocare; il 51% dei ragazzi, inoltre, ritiene che i professori non sappiano utilizzare lo smartphone in modo utile all'attività scolastica. A dare il via libera all'ingresso dei supporti digitali a scuola è stato, come noto, l'ex ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli. Nel settembre del 2017 ha convocato un gruppo di esperti (praticamente tutti favorevoli all'utilizzo del cellulare in classe) che in poco più di tre mesi ha prodotto un decalogo rivolto agli insegnanti. Poiché «il telefonino è nelle mani di tutti», dichiarò la Fedeli, «rifiutare che entri a scuola non è la soluzione». Non bastava che i dispositivi elettronici assorbissero costantemente occhi e menti dei ragazzi (compresi i bambini della scuola primaria) nell'arco della giornata e durante il cosiddetto tempo libero. No, bisognava che l'ossessione digitale proseguisse anche in classe. «La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica», si leggeva nel testo presentato in pompa magna dalla Fedeli. Da noi sollecitato sulla questione, il ministro spiegò che l'utilizzo del telefonino per motivi non legati allo studio restava comunque vietato. Già, peccato che tale divieto non venga rispettato dalla maggior parte degli studenti, e il motivo è piuttosto evidente. Nel momento in cui si consente di tenere acceso lo smartphone durante la lezione, come si può pensare che i ragazzi non lo usino anche per scambiarsi messaggi o altro? Per un insegnante, poi, risulta un pochettino difficile controllare. I dati raccolti da Skuola.net offrono un quadro della situazione abbastanza sconfortante. Come dicevamo, il 50% dei ragazzi «usa il cellulare di nascosto per giocare o chattare». Ma ci sono anche altri numeri interessanti. Per il 18% dei giovani interpellati (una percentuale piuttosto bassa), «lo strumento è stato utile per imparare molte cose». Il 51% dei ragazzi, invece, ritiene che lo smartphone «potrebbe essere utile, ma è dell'opinione che i professori non abbiano saputo adoperarlo al meglio». Infine, c'è un 31% di studenti secondo cui il dispositivo digitale in aula è stato «del tutto inutile». Insomma, ci sarà pure una fetta di studenti delle medie e delle superiori (un po' meno del 50% del totale) che ha usato il cellulare assieme agli insegnanti a scopo di approfondimento. Ma la grande maggioranza degli interpellati ritiene che l'introduzione delle nuove tecnologie non sia servita o comunque non sia stata gestita al meglio. Poi, dicevamo, ci sono quelli che sfruttano il telefonino come mezzo di distrazione, e non sono pochi. Il 37% gli studenti, dice ancora il sondaggio, «ha affermato di aver seguito corsi e incontri di approfondimento organizzati dalla scuola sul tema dello smartphone in classe, mentre l'8% non ha partecipato nonostante ne avesse avuto la possibilità. Il 55% dice che l'istituto non ha organizzato attività di questo tipo». Beh, non era difficile immaginare che sarebbero accadute cose di questo genere. «I tempi sono cambiati e non si può più far finta che lo smartphone non abbia rivoluzionato il modo in cui ci approcciamo anche alla conoscenza», dice Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net. «Ben venga, quindi, considerarlo come una risorsa anziché come un nemico da combattere. Purché, come ogni strumento di una certa potenza, sia accompagnato da “istruzioni per l'uso"». Il problema è che gli studenti, per banali ragioni anagrafiche, sono sicuramente più preparati dei docenti sull'utilizzo di smartphone, tablet e simili. Non hanno bisogno di corsi sull'utilizzo o di chissà quali «linee guida». Probabilmente, utilizzano già il Web come fonte primaria per ogni tipo di ricerca. Semmai, quindi, dovrebbero imparare a utilizzarne altre, ad esempio i libri. Più che «educare i giovani al corretto utilizzo delle nuove tecnologie», bisognerebbe educarli al rispetto dei limiti. Stabilire, cioè, quali siano i luoghi e i momenti in cui lo smartphone va spento. La scuola è uno di questi luoghi, la lezione è uno di questi momenti. Si vuole approfondire un concetto spiegato dall'insegnante? Bene, lo si può fare sul libro di testo, e su altri volumi reperibili in biblioteca o in libreria. Internet può essere una risorsa, certo, ma non è necessario averla a disposizione costantemente sul proprio cellulare. La verità è che il telefonino è destinato a restare una fonte di distrazione, perché è progettato proprio a questo scopo. Farlo entrare in un'aula è dannoso, e le ricerche svolte in mezzo mondo da autorevoli esperti lo dimostrano. Forse l'attuale ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, dovrebbe occuparsi seriamente della faccenda. Finora l'ha ignorata, ma è giunta l'ora di limitare i danni, prima che siano troppi e troppo gravi.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
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