2020-07-08
Chiesa immobile sul don accusato di molestare
gli immigrati
Uno straniero «accolto» da padre Zanotti lo indica come molestatore e denuncia atti sessuali non voluti, minacce e ricatti. Eppure la Curia, in due anni, ha saputo esprimere solo parole di circostanza senza agire.«Dopo circa tre o quattro mesi dal mio ingresso all'Oasi 7 il frate cominciò ad approcciarmi sessualmente. Prima con abbracci. Poi, dopo avermi invitato a bere nella sua stanza, mise le mani nei miei genitali. Nonostante non fosse mio desiderio avere rapporti sessuali con il frate non riuscivo ad oppormi. Padre Zanotti cominciò a farmi dei regali costosi, mi prometteva un lavoro retribuito e, se accondiscendevo alle sue richieste, prima di andare via mi faceva trovare dei soldi. Il frate inoltre mi portava in viaggio con sé. Mi minacciava che senza di lui avrei passato la mia vita in mezzo alla strada insieme ai disperati. La sua passione per me era sotto gli occhi di tutti».Quello che state leggendo è il racconto choc di uno degli immigrati che ha denunciato per molestie padre Antonio Zanotti, il cappuccino di Bergamo che nelle settimane scorse è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa. La maxi inchiesta, di cui ci siamo a lungo occupati, coinvolge la Caritas diocesana e alcune delle più importanti associazioni legate alla Curia orobica. Oltre all'accusa di aver usato l'accoglienza per fare business in modo illecito, sul religioso ne pende un'altra: quella di aver molestato alcuni ospiti della comunità. La Verità è in grado di svelare, per l'appunto, la deposizione di uno di loro. Ovviamente manteniamo il riserbo sull'identità della vittima e omettiamo i particolari più scabrosi della vicenda. Ma crediamo che questo documento sia necessario per porre una domanda cruciale. E cioè: com'è possibile che padre Zanotti vesta a tutt'oggi l'abito talare? Le autorità ecclesiastiche non ritengono di intervenire? Anzi: perché non sono intervenute finora? La denuncia choc che vi riportiamo oggi in questa pagina, infatti, a loro è nota dal 4 giugno 2018. In quella data è stata indirizzata, oltre che al responsabile dei cappuccini della Lombardia, frate Sergio Pesenti, anche al ministro generale dei cappuccini, frate Mauro Jorhi, al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinal Luis Francisco Ladaria Ferrer, e al prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, cardinal Joao Braz de Aviz. Ebbene: in due anni nessuno di loro ha ritenuto di dover fare chiarezza sulla vicenda. I cappuccini hanno emesso uno scarno comunicato il 18 luglio 2018, in cui hanno espresso «vicinanza alle persone coinvolte nella vicenda», hanno preso le distanze da padre Zanotti («risiedeva da più di trent'anni fuori dalle nostre comunità») e hanno assicurato di aver avviato «le procedure canoniche previste in questi casi». Ma poi non ne è seguito alcun atto concreto. Non hanno fatto nulla. Né loro né i loro superiori. Nessuno. Tanto che sono arrivati prima i magistrati della Repubblica italiana, decretando l'arresto del frate. E neppure in quel momento la Chiesa ha preso alcun provvedimento. Com'è possibile? E che fine hanno fatto le annunciate (nel 2018) «procedure canoniche»?Bisogna essere garantisti, si capisce. Magari le accuse non sono vere. Ma, come leggerete ancora tra poco, sono accuse gravissime. E sono state fatte due anni fa. In due anni la Chiesa ha il dovere (ripeto: dovere) di verificare se la denuncia fatta nei confronti di uno dei suoi esponenti di spicco è attendibile oppure no. Se non lo è, la Chiesa dovrebbe difendere il suo frate a spada tratta, anziché scaricarlo freddamente tramite comunicato stampa. Se invece è attendibile, beh, non dovrebbe permettere a quel frate di continuare a vestire il saio e di proclamare la Parola di Dio. Altrimenti a che servono tutti gli annunci di papa Francesco in favore della pulizia morale e della lotta contro gli abusi? «Le pretese di padre Zanotti erano sempre più insistenti e pressanti», racconta l'immigrato nella sua denuncia choc. «Mi toccava di continuo. E visto che non riuscivo ad avere un'erezione naturale, mi costrinse a prendere del Viagra (una volta mi fece persino ingerire tre pasticche) perché lui potesse soddisfarsi masturbandomi… Ogni volta che restavamo soli ripeteva sempre le stesse cose a mo' di litania: “Vieni qui da me, non avere paura, sono il tuo papà, fai il bravo che poi ti compro quello che vuoi". Quando abbassavo le difese si avvicinava e mi metteva le mani nei genitali dicendomi: “Vediamo come è grosso oggi, non ti allontanare, fatti dare un bacino". Mi palpava, si strofinava addosso, mi stringeva, mi masturbava, mi chiedeva sempre di più…». È il racconto di un ricatto continuo. Da una parte l'immigrato in difficoltà, dall'altro il frate che vive nell'opulenza («notai subito l'eccessivo lusso nel quale viveva, molto lontano dai costumi francescani»). Sono quattro anni, e cioè dall'ottobre 2014 al giugno 2018, di promesse, lusinghe e proposte indecenti, all'insegna di una frase che padre Zanotti ripeteva spesso: «Tu non sei niente perché ci vogliono i soldi, caro mio. Io ne ho tanti, tu non hai niente». Anche questo, evidentemente, in nome del più puro spirito francescano. «La disponibilità economica del frate era stupefacente», racconta l'immigrato. E poi aggiunge che, quando a un certo punto, non reggendo più le molestie, si allontanò dalla comunità, per convincerlo a tornare padre Zanotti gli offrì «una casa molto bella e grande» e la fece «arredare l'immobile con oggetti costosi e di pregio». «Faceva tutto parte della sua condotta nei miei confronti, costituita da minacce miste a molestie, violenze sessuali, ricatti e intimidazioni». Il «degrado umano nel quale mi aveva gettato», conclude il giovane, fu tale che «trovai la forza di andarmene definitivamente, preferendo vivere per strada che vivere l'annullamento della mia persona». Ma ecco che a questo punto succede un'altra cosa incredibile. Appena infatti il giovane immigrato lascia la comunità viene minacciato, aggredito e picchiato. «Mi trovavo nella stazione di Bergamo quando due albanesi a me noti, perché residenti nella comunità di padre Zanotti, mi hanno circondato e riempito di pugni e di schiaffi, lasciandomi a terra sanguinante. Non prima di avermi detto: “Non tornare più là dentro, vedi di stare molto lontano da qui". A seguito di ciò ho lasciato Bergamo e adesso vivo in un luogo protetto». Questo sconvolgente racconto, lo ripetiamo, è nelle mani delle massime autorità ecclesiastiche da due anni. È troppo chiedere loro di pronunciarsi? È legittimo pretendere di sapere se, al di là della giustizia penale che farà il suo corso, per la Chiesa questo frate è degno di essere frate oppure no? Sono sicuro che qualsiasi club o associazione privata che ricevesse una denuncia così precisa su uno dei suoi membri, lo sospenderebbe immediatamente. E prima di riammetterlo chiederebbe di eliminare ogni nube o ogni sospetto dall'orizzonte. Perché la Chiesa che, custodendo la verità e il corpo di Cristo, dovrebbe essere ancora più severa con i suoi membri, non fa altrettanto? Qualcuno è in grado di spiegarlo?