2018-12-18
Il danno e la beffa: sparisce il lavoro e diventi mammone
Secondo i dati Eurostat appena pubblicati, nel 2017 gli italiani tra i 18 e i 34 anni che vivevano a casa con i genitori erano il 66,4% del totale. Un anno prima erano il 65,8%. Il dato del 2017 è il più alto a livello europeo dopo quelli registrati in Croazia, Malta e Grecia, a fronte di una media Ue del 50%. Per l'Europa la colpa è loro, anche se non c'è occupazione.Tempo fa Elsa Fornero li definì «choosy», come a dire che erano un po' schizzinosi riguardo al lavoro. Poi li hanno chiamati «bamboccioni». Michel Martone, da sottosegretario, se la prese con gli «sfigati» che arrivavano alle soglie dei 30 anni senza laurea. Anna Maria Cancellieri, pure lei ministro, si accanì sui giovani «vogliono il posto fisso vicino a mamma e papà». Mario Monti rise dei ragazzi che aspiravano alla «monotonia del posto fisso». Ieri, invece, sui media era tutto un parlare di «mammoni», una categoria che in Italia sarebbe in preoccupante aumento. Secondo i dati Eurostat appena pubblicati, nel 2017 gli italiani «tra i 18 e i 34 anni che vivevano a casa con i genitori erano il 66,4% del totale». Un anno prima erano il 65,8%. Il dato del 2017 è il più alto a livello europeo dopo quelli registrati in Croazia, Malta e Grecia, a fronte di una media Ue del 50%.La distanza dal resto dell'Europa, sintetizzava ieri l'Ansa, «aumenta per la fascia tra i 25 e i 34 anni, quella nella quale si dovrebbero aver terminato gli studi per cominciare a lavorare: vive ancora a casa il 49,3% dei giovani a fronte del 30,6% medio in Ue (3,2% in Danimarca e 4,7% in Finlandia)». In sostanza, dice Eurostat, in Italia vive a casa con i genitori quasi un giovane su due (nella fascia tra i 25 e i 34 anni), mentre «la percentuale è del 14,9% nel Regno Unito, del 13,5% in Francia e del 17,3% in Germania. Nei Paesi del Nord Europa si resta al di sotto o poco sopra il 10% (Svezia al 6%, Olanda all'11,4%)». Particolarmente triste la situazione degli uomini: «A lasciare con difficoltà la casa dei genitori sono soprattutto i giovani maschi: tra i 18 e i 34 anni i giovani italiani che dichiarano di vivere a casa con mamma sono il 72,7% del totale (56,2% in Europa a 28) contro il 59,8% delle femmine nella stessa fascia di età (43,5% in Europa)». Dagli ai mammoni, dunque. I dati Eurostat confermano in toto quei racconti che si leggono da anni su tanti giornali: imprenditori che hanno centinaia di posti da lavoro da offrire, ma non trovano giovani disposti ad accettarli; ragazzi che rifiutano impieghi allettanti perché hanno paura di faticare e via di questo passo. Rassegniamoci: le nuove generazioni sono «choosy», «bamboccione», «piagnone». I ragazzi italiani sono mammoni con certificazione Eurostat, che è poi quella ufficiale dell'Unione europea. Solo che c'è un piccolo particolare di cui, in questo caso, i media preferiscono non fare menzione. Nel settembre del 2017 - tanto per restare nello stesso periodo storico - era sempre l'Eurostat a spiegare che il tasso di disoccupazione giovanile in Italia si aggirava attorno al 35% (facevano peggio solo Grecia e Spagna). La Francia si fermava al 23,4%, la Germania addirittura si assestava sul 6,5%.Ecco, forse se i giovani italiani restano a lungo a casa con i genitori un motivo c'è: il lavoro non si trova. Certo che i tedeschi e gli scandinavi se ne vanno di casa prima: dalle loro parti il tasso di disoccupazione è decisamente più basso. E non si tratta di una casualità. A sostenere che gli italiani siano mammoni è lo stesso organismo (l'Unione europea) che da anni ci ripete di tirare la cinghia, ci impone politiche di austerità e tagli. Prima ci massacrano, poi vengono a prenderci in giro accusandoci di essere troppo attaccati alle sottane di mammà. Non è soltanto una questione di dati: qui siamo di fronte a un dramma culturale. Già è indicativo il fatto che uno sia considerato giovane a 34 anni, un'età in cui - in altre epoche -si era adulti a tutti gli effetti. Da anni veniamo imbottiti di retorica europeista sulla «generazione Erasmus», sull'importanza di varcare i confini, di «fare esperienze». Ne abbiamo avuto un assaggio anche nelle ultime ore, dopo la morte del ventinovenne Antonio Megalizzi, un povero ragazzo celebrato in quanto «europeista». Se un terrorista islamico non l'avesse ammazzato con un colpo alla nuca, oggi anche lui sarebbe annoverato tra i «mammoni», visto che era ancora in attesa di ottenere un lavoro fisso e un reddito per mantenersi.Questa è l'ideologia europea in tutta la sua brutale violenza. Illustri professori in stile Monti vanno ripetendo che non bisogna nemmeno comprare casa, al massimo un appartamento in affitto, che consente di spostarsi più agevolmente. A forza di ripetere teorie come queste si sono create generazioni di sradicati, uomini e donne che vengono invitati a non crescere mai. Gli effetti li vediamo: i dati sul disastro demografico non sono slegati da quelli sull'uscita di casa e sull'assenza di lavoro. Il mondo scolastico - laurea breve, lunga, master, dottorato, post dottorato - è stato trasformato in un parcheggio per piccoli servi, un limbo in cui aggirarsi in attesa che dall'alto arrivi qualche provvidenziale aiuto. L'intero sistema in cui siamo immersi è un colossale disincentivo a diventare adulti e indipendenti. Qualcuno ha progettato e messo in pratica, tale sistema. Qualcuno ha contribuito a rendere dominante l'ideologia della precarietà eterna: le stesse persone che oggi cianciano di «mammoni». Un termine che serve a colpevolizzare e a sviare l'attenzione. Se non trovi lavoro è colpa tua. Non è il sistema che non funziona, sei tu che non sei disposto a sacrificarti. Sei un italiano mammone. Ma non preoccuparti, ci penserà l'Ue a rimetterti in riga (possibilmente sotto il 2% di deficit).
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)