2020-09-19
Il Csm mette il bavaglio a Palamara
La sezione disciplinare ha fretta di chiudere il procedimento: saranno ascoltati solo sei testimoni della difesa su 126. L'ex leader Unicost vuole le deposizioni dei big.Il Consiglio superiore della magistratura ha fretta e vuole chiudere quanto prima il procedimento disciplinare nei confronti dell'ex leader di Unicost Luca Palamara. L'accelerazione impressa da Palazzo dei Marescialli sembra un pretesto per non dover mettere in discussione l'intero sistema della magistratura italiana. Il quale negli ultimi mesi è stato travolto da una tempesta senza precedenti. Nel corso dell'ultima udienza i temi al centro del dibattito sono stati due: da una parte i testi che dovranno essere sentiti dal collegio giudicante (presieduto dal laico 5 stelle Fulvio Gigliotti e di cui fa parte il pensionando Piercamillo Davigo), dall'altra la questione sull'utilizzabilità delle intercettazioni. Ieri è stato stabilito che - al momento, non è escluso che in seguito non ci siano altre testimonianze (la lista testi di Palamara era composta da 126 persone) - verranno ascoltati i sei ufficiali di polizia giudiziaria, tutti appartenenti alla Guardia di finanza, che hanno lavorato all'inchiesta della procura di Perugia, a partire dall'ex capo del Gico, Gerardo Mastrodomenico. Questo gruppo sfilerà di fronte alla sezione disciplinare nella prossima udienza, in programma il 23 settembre. Decisione presa nonostante la posizione espressa dal difensore di Luca Palamara, Stefano Giaime Guizzi che nel suo intervento ha detto: «Non vogliamo fare di questo processo la Norimberga della magistratura, ma capire le dinamiche del Csm. Se si accusa Palamara di trame occulte, bisogna capire se le procedure che portano alla nomina del vice presidente passano attraverso interlocuzioni solo tra consiglieri o anche con i cosiddetti capi correnti». E dato che il pm romano «rischia la sanzione massima vanno assolutamente sentiti» il vice presidente del Csm David Ermini e i consiglieri Davigo e Sebastiano Ardita. L'utilizzabilità delle intercettazioni (nel cellulare di Palamara è stato iniettato il virus Trojan), come detto, erano l'altro tema principale dell'udienza. Senza dimenticare che dalle carte dell'inchiesta perugina è emerso che le intercettazioni funzionavano a singhiozzo. La difesa del pm romano ha indicato quattro circostanze che avrebbero dovuto portare all'esclusione, tra queste la mancata elezione del domicilio dove si sarebbe dovuta svolgere l'attività di captazione e l'assenza del decreto autorizzativo della programmazione delle registrazioni da effettuare. Dopo una camera di consiglio durata mezz'ora la sezione disciplinare ha ordinato la trascrizione dell'intercettazione ambientale da parte di due periti della riunione all'hotel Champagne, svoltasi nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019. Nella sbobinatura quindi ci saranno i discorsi fra Palamara e i cinque ex consiglieri che si sono dimessi in seguito alla pubblicazione di quei conversari. Un discorso a parte richiedono le intercettazioni che riguardano il deputato di Italia viva, Cosimo Ferri. In quanto parlamentare occorre l'autorizzazione della camera di appartenenza sulla loro utilizzabilità. Il suo procedimento disciplinare è al momento sospeso, eppure se Palazzo Montecitorio non si affretta a dare una risposta, nonostante le sollecitazioni da parte della Procura generale della Cassazione, sarà lo stesso Csm a decidere se siano contestabili. È fin troppo evidente che questa pronuncia avrà un peso fondamentale sul corso del procedimento. Che potrebbe concludersi nel giro di pochi giorni visto che, entro fine settembre, sono previste altre quattro udienze.Con il risultato, auspicato da molti, di mandare in archivio il caso che da mesi sta imbarazzando la giustizia italiana. Una conclusione che, con l'espulsione di Palamara dalla magistratura, metterebbe il silenziatore alle sue chat e a tutti i cascami che si lasciano dietro.Sempre nella giornata di ieri è stato ascoltato in procura a Perugia in qualità di persona informata sui fatti, Giovanni Paolo Bernini ex assessore Pdl di Parma, viste le sue recenti dichiarazioni sulla nomina del procuratore di Reggio Emilia, Marco Mescolini. «La mia fiducia nella magistratura e nella giustizia italiana che, nonostante Palamara e Mescolini, non è mai venuta meno, da oggi è ancora più confermata».