
Ci dicevano che si alleavano per scongiurarlo: ma l'aumento delle tasse ci sarà. Anche se si chiamerà «rimodulazione».Aiuto! La cosiddetta «manovra espansiva» si è già ristretta, e il disinnesco dell'aumento Iva è quasi certamente fallito. Sarà Iva funesta, altro che crescita dell'economia. Ci avevano raccontato che il governo era nato con l'imperativo categorico di non far scattare le clausole di salvaguardia (23,1 miliardi) sotto forma di incrementi Iva. Avevano aggiunto che, grazie alla loro credibilità in Ue, il patto di stabilità sarebbe stato modificato. E che già quest'anno ci sarebbe stata concessa più flessibilità. Purtroppo, tutto falso. Primo: non ci sarà concessa alcuna particolare flessibilità, ma ci sarà imposto un rapporto deficit/Pil del 2,1-2,2% (l'anno scorso, dopo il negoziato con Bruxelles, ci si fermò al 2,04%). Lo ha confermato ieri il ministro Roberto Gualtieri, ospite da Lucia Annunziata a Mezz'ora in più. La notizia è due volte dolorosa per i giallorossi: perché fa a pezzetti (molto piccoli) la narrazione secondo cui Bruxelles sarebbe stata più magnanima con loro; e perché ogni singolo 0,1, ogni decimale, vale 1,7-1,8 miliardi. A forza di sforbiciate al ribasso, ciascuno capisce che le promesse di qualche settimana fa sono destinate a svanire. Secondo: non ci sarà alcun cambiamento del patto di stabilità e delle altre regole e parametri esistenti. Semmai, l'occhiuto cerbero lettone Valdis Dombrovskis è stato messo a vigilare - in posizione sovraordinata - su Paolo Gentiloni: a questo si è ridotta la condizione di un Paese fondatore dell'Ue come l'Italia. Terzo: ci sarà l'aumento Iva. Naturalmente, non la raccontano così. E anzi è iniziata la caccia all'eufemismo, alla litote, alla figura retorica per attenuare, all'espediente lessicale per smussare. La chiameranno «rimodulazione». Ma pur sempre di un aumento si tratta. Quest'operazione di gioco delle tre carte dovrebbe far saltar fuori - per il governo - circa 5 miliardi: un aumento secco della tassazione indiretta, insomma.Cosa accadrà materialmente? Per il momento sono in campo svariate ipotesi. La prima è un esame selettivo della lista dei beni sottoposti a un'aliquota agevolata per spostarli verso un'aliquota più penalizzante (qualche altro prodotto farebbe invece il percorso inverso). Una seconda ipotesi è quella di innalzare complessivamente (dal 10% all'11% o al 12% o addirittura al 13%) tutta l'aliquota Iva agevolata intermedia, che però include beni di prima necessità come carne, pesce, pollami. Una terza ipotesi è quella di introdurre un'aliquota all'8%, a cui ricondurre prodotti che oggi sono ricompresi in un'aliquota superagevolata (al 4%). Qualunque di queste strade venga scelta, è sbagliata. Perché alimenta incertezza (lo stesso timore in sé di un aumento Iva è già dannoso per l'economia); perché scoraggia la ripresa dei consumi; e perché innesca inevitabilmente un aumento dei prezzi. E poi perché è un'operazione regressiva, destinata a impattare sui più poveri (su cui questi aumenti hanno maggiore effetto). E regressiva è anche l'idea di fare uno sconticino fiscale (del 2-3%) a chi pagherà alcuni beni o servizi con carta di credito, visto che i ceti meno abbienti e le persone anziane più difficilmente usano mezzi di pagamento elettronico. Senza dire che uno sconticino così limitato avrà una ben scarsa portata dissuasiva rispetto alla possibilità di pagare in nero chi ti fa un lavoretto in casa. Non a caso Confcommercio è già mobilitata contro: «Non è quel che occorre: crescita zero e venti di recessione richiedono una riduzione netta della pressione fiscale complessiva». I commercianti sono (giustamente) in trincea anche contro l'ipotesi di alzare l'Iva praticata nei ristoranti dal 10% al 12% (sarebbe inevitabile un aumento dei prezzi): e non sarebbe certo una consolazione l'impercettibile discesa dell'Iva al 9% per chi pagherà con carta di credito.Su tutto questo, ieri su Rai 3 il ministro Gualtieri ha buttato la palla in tribuna, ma non ha negato le ipotesi di «rimodulazione selettiva»: «Il governo non ha ancora presentato nessun piano sull'Iva. Invito tutti alla calma». Gualtieri ha invece escluso cambiamenti su quota 100 e reddito di cittadinanza, così come «tagli a scuola, sanità, università: non ce lo possiamo permettere, sarebbe controproducente».Quanto al complesso della manovra (la cui «cubatura» dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 miliardi), la fotografia di partenza è questa: ci sarebbero i 23,1 miliardi da trovare per il disinnesco Iva (ma, come abbiamo visto, più di qualcosa aumenterà). A onor del vero, ne servirebbero meno, perché ci sono 7-8 miliardi di risparmi derivanti dalla minore spesa (rispetto alle previsioni) legata a quota 100 e reddito di cittadinanza. E poi ci sono altri 4-5 miliardi di spese indifferibili. E i tagli delle tasse? Niente di niente per professionisti, autonomi e partite Iva per i quali (come La Verità ha spiegato in questi giorni e come Gualtieri ha ammesso ieri) il regime di flat tax al 15% introdotto l'anno scorso su spinta della Lega non sarà esteso fino a un imponibile di 100.000 euro (si resterà a 65.000 come tetto, nonostante i 2 miliardi già stanziati e bollinati). E molto poco anche per i lavoratori dipendenti: su questo piano, tutto dovrebbe ridursi a un taglio di 5 miliardi del cuneo fiscale. Tra l'altro, nel 2006-2007, il governo Prodi operò un taglio anche maggiore del cuneo, ma l'operazione si rivelò impercettibile per gli stipendi degli interessati. Un buco nell'acqua: una sforbiciata troppo piccola per produrre un beneficio vero. Figurarsi stavolta, con ancora meno risorse.
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