2021-02-24
Il Congo alza le mani: «Ignari della missione dell’ambasciatore»
Per l'Onu, il transito dell'auto di Luca Attanasio nella zona a rischio era autorizzato dalle autorità locali. Ma Kinshasa smentisceUn aereo ha riportato a Roma le salme dell'ambasciatore, Luca Attanasio, e del carabiniere, Vittorio Iacovacci, uccisi l'altro ieri insieme al loro autista, Mustapha Milambo, nel corso di un attacco avvenuto nel Nord Kivu. Le autopsie saranno condotte nella giornata di oggi, mentre la procura di Roma ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona con finalità di terrorismo. Una squadra investigativa del Ros si è frattanto recata a Kinshasa, per effettuare delle indagini insieme agli inquirenti locali. Sembra che gli assalitori fossero sei (armati di Kalashnikov e di un machete), mentre il terzo italiano presente nel convoglio, Rocco Leone, sarebbe rimasto illeso. Le autorità locali hanno sostenuto che Attanasio sia stato ucciso dagli aggressori e non dai ranger intervenuti sul posto. In particolare, il ministero dell'Interno congolese ha identificato i responsabili dell'agguato nelle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda. Sospetti aleggiano anche sulla sigla islamista delle Forze democratiche alleate. Il presidente congolese, Félix Tshisekedi, ha nel frattempo inviato un emissario a Roma con una lettera per il premier, Mario Draghi, mentre stamane il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, riferirà in parlamento. Oltre al chiarimento sulle dinamiche dell'agguato, resta sul tavolo il problema della sicurezza. Considerando che il diplomatico stava operando nel contesto del Programma alimentare mondiale (che è un'agenzia delle Nazioni Unite), la sua sicurezza sarebbe dovuta ricadere sotto il coordinamento dello United Nations Department of Safety and Security (Undss): un dipartimento che, direttamente sottoposto al segretario generale delle Nazioni Unite, si occupa di fornire proprio servizi di sicurezza. In particolare, nel suo sito si afferma: «Sul campo, lo Undss coordina tutti i requisiti necessari per consentire al personale di eseguire il mandato delle Nazioni Unite in sicurezza, si tratti di formazione, valutazioni dei programmi a supporto del processo di gestione dei rischi di sicurezza, preparazione del budget o logistica della sicurezza». Nell'ottobre 2017, l'Undss si attivò per esempio, quando l'Onu decise di ritirare alcuni suoi membri dal Malawi meridionale, a seguito dello scoppio di una sommossa dovuta alla paura dei vampiri. Il sito del dipartimento specifica che «lo Undss rivede costantemente le misure e le procedure di sicurezza per offrire condizioni di lavoro sicure», occupandosi in particolare di «gestione delle crisi, misure di emergenza, trasferimento, evacuazione, supporto medico, preparazione a incidenti di massa, gestione degli incidenti con ostaggi, comunicazioni, sicurezza dell'area […] sicurezza fisica, uso di dispositivi di protezione individuale, monitoraggio». Compiti significativi, che stridono un po' con il comunicato, diffuso dal Programma alimentare mondiale dopo l'attacco dell'altro ieri: un comunicato secondo cui l'agguato è «avvenuto su una strada che era stata precedentemente autorizzata per viaggiare senza scorte di sicurezza». Nella serata di lunedì, il governo di Kinshasa, in un comunicato a firma del ministro dell'Interno, ha smentito l'ipotesi: «I servizi di sicurezza e le autorità provinciali […] erano all'oscuro della presenza del convoglio su cui viaggiava l'ambasciatore in una regione ritenuta instabile». Pierre Boisselet, coordinatore del Kivu Security Tracker, ha riferito ad Al Jazeera che nell'area «gli attacchi agli operatori umanitari e i rapimenti di operatori umanitari sono aumentati». «L'anno scorso», ha proseguito, «abbiamo registrato dodici di questi incidenti nel Nord e nel Sud Kivu, ma solo uno si è concluso con una morte». Tra l'altro -sempre secondo Al Jazeera- lo stesso sottosegretario generale alle operazioni di pace delle Nazioni Unite, Jean-Pierre Lacroix, ha ammesso che la sicurezza delle strade viene «normalmente» verificata dai funzionari dell'Onu. Tutto questo, anche se -ha fatto notare l'Agi- la responsabilità ultima nell'assegnazione delle scorte appartenga alle autorità locali: autorità locali che hanno tuttavia dichiarato di essere state «all'oscuro della presenza del convoglio su cui viaggiava l'ambasciatore». Severo il commento dell'ex rappresentante personale del primo ministro italiano per il G8 Africa, Alberto Michelini, che a La Verità ha dichiarato: «Conosco la Repubblica democratica del Congo e i suoi problemi, dovuti paradossalmente alla sua ricchezza di materie prime, per esserci stato diverse volte per incontrare il presidente Kabila durante il mio mandato come Rappresentante personale del primo ministro nel G8 Africa. Che il Kivu -la zona più ricca del Paese- sia una polveriera dove imperversano oltre centocinquanta gruppi armati lo sanno tutti». «Mi meraviglio quindi», ha concluso, «che sia stato dato il placet ad una missione senza un'adeguata copertura di sicurezza come quella guidata dal nostro ambasciatore». Oltre che uno schiaffo all'Italia, quello dell'altro ieri è stato l'ennesimo atto di violenza consumatosi nella Repubblica democratica del Congo. E questo nonostante sia in corso l'operazione Onu, Monusco, per la stabilizzazione del Paese. Da ventuno anni.
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