2018-08-29
Il «competente» Calenda senior finito in mano al Madoff dei Parioli
Fabio, bancario e papà dell'ex ministro, scrive un libro sulla truffa di cui è stato vittima.Anche i competenti sbagliano. Anzi, anche i padri dei competenti sbagliano e decidono di raccontarlo in un romanzo. È l'incredibile storia di Fabio Calenda, padre dell'ex ministro per lo Sviluppo economico, in questi giorni nelle librerie con il libro I soldi sono tutto (Mondadori) dove racconta la storia di Gianni Alecci e della truffa del Madoff dei Parioli. Si tratta della sua terza fatica letteraria - da segnalare in precedenza un fantasy archeologico e un altro libro sull'Italia del dopoguerra - dopo una vita trascorsa a lavorare nel gruppo Intesa Sanpaolo. Il romanzo - che anticipa di due mesi il nuovo libro del figlio Orizzonti selvaggi che farà da apripista alla sua discesa in campo - si svolge a Roma e si ispira liberamente proprio alla vicenda di Gianfranco Lande. Si tratta della storia del broker finanziario che ingannò fino al 2011 un migliaio di risparmiatori della Roma bene, tra i Parioli e Capalbio, contribuendo a invogliare decine di clienti a sottoscrivere una serie di obbligazioni dove venivano garantiti interessi superiori a quelli proposti dalle banche. Stiamo parlando del trucco dello schema Ponzi, durato quasi 15 anni. Fu una storia che destò all'epoca particolare attenzione nell'opinione pubblica, anche perché finirono impigliati nella rete di Lande molti personaggi noti e meno noti, tra cui i registi Carlo ed Enrico Vanzina, Sabina Guzzanti, David Riondino, persino l'ex attaccante della Roma Ruggero Rizzitelli. Lande ha in parte scontato la sua pena, dopo le condanne a sette e quattro anni per una truffa di quasi 300 milioni di euro. Qualcosa ha dovuto risarcire. La storia sembrava chiusa. Ma quel che non si sapeva era appunto il coinvolgimento del padre dell'ex ministro dello Sviluppo economico. È un fatto particolare per uno come lui, nato a Parigi, ritenuto «la mente di famiglia», che nel suo curriculum scrive di aver diretto gli studi finanziari e la formazione di una banca di investimento nonché di aver collaborato per dieci anni con il supplemento finanziario del quotidiano Repubblica. Del resto, Fabio Calenda è stato responsabile per anni dell'ufficio studi di Sanpaolo Invest, ora nel gruppo Fideuram, il private banking di Intesa Sanpaolo. Si fidava più di Lande che delle banche? Sabato scorso, 25 agosto, il settimanale Plus 24 allegato al Sole 24 Ore ha raccolto la sua testimonianza, straziante. L'intervistatore arriva a paragonarlo ad Andrea Camilleri, il creatore del commissario Montalbano, ma poi chiede conto del perché gli sia venuto in mente di scrivere un romanzo del genere. E Fabio Calenda lo ammette, proprio lui che lavorava in una grande banca di investimenti. «Nel maxi inceneritore ci sono finito anche io, pur disponendo degli strumenti culturali e professionali per evitarlo», spiega. «La vergogna per esserci cascato mi ha ferito di più del danno economico. L'averne tratto libera ispirazione per una fiction ha svolto un ruolo catartico; mi auguro, inoltre, di aver contribuito a mettere a fuoco i moventi psicologici dei risparmiatori e le alchimie dei gestori, che consegnano alla finanza corsara “so long life", una vita così lunga». Calenda senior paragona il suo scritto alla «tragedia classica in cui la percezione entusiasmante degli eventi alimenta la hybris dei protagonisti, generando un amalgama sempre più inestricabile. La catastrofe piomba in un istante. Edipo subito dopo essersi proclamato “figlio della fortuna" scopre la verità e si acceca». Dopo il paragone con Camilleri non poteva mancare un cenno alla somiglianza con i grandi poeti classici del resto. Poi nella lunga intervista un cenno al protagonista del romanzo. «Un eroe del nostro tempo di mezza età, frustrato sul lavoro, in famiglia, perfino nel rapporto con la sua giovanissima amante. Ambisce riconoscimento, inserirsi nei circoli esclusivi, tra la gente che conta». E poi aggiunge: «Il denaro gli appare l'unico mezzo per poterlo fare. L'incontro con il presunto asso della finanza lo indurrà a conferire il suo denaro (e non soltanto il suo) conducendolo alla rovina». A un certo punto l'intervistatore nota che nella narrazione «non si percepisce alcun sapore autobiografico. C'è stato un «forte sforzo di spersonalizzazione nell'affrontare il tema». Risponde Calenda senior: «Assolutamente. E non è stato un lavoro semplice, mi creda».
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