2023-01-02
Il Colle non strizza l’occhio a sinistra. Ma sbanda su Covid, green e digitale
Nessuna polemica verso il governo nel discorso di Sergio Mattarella. Che esalta però l’ecologismo spinto e la deriva tecnologica, ignorandone i rischi. Nessun commento sugli inutili diktat contro il virus «non ancora sconfitto”.C’è chi sostiene che quello dell’altra sera sia stato il più equilibrato degli ormai numerosi discorsi di fine anno pronunciati da Sergio Mattarella. Ma - non senza argomenti - si potrebbe obiettare che, con antica prudenza democristiana e con astuto calcolo dei rapporti di forza, il Quirinale abbia dovuto più che altro prendere atto di una novità assoluta: come non era mai accaduto negli otto anni di presidenza Mattarella, a Palazzo Chigi c’è oggi una leader indicata con nettezza indiscutibile dagli elettori e dotata adesso di un consenso personale addirittura superiore a quello registrato nelle urne il 25 settembre scorso. E allora, stando così le cose, il capo dello Stato, questa volta, ha calcisticamente scelto di giocare per lo zero a zero. Nessuna polemica né indiretta né (meno che mai) diretta con l’esecutivo, nessuna asprezza, nessun gioco di sponda rispetto agli argomenti usati in queste settimane dalle opposizioni: anzi, perfino una visibile captatio benevolentiae nel sottolineare la novità della prima donna alla guida di un governo italiano. La stessa parte di politica internazionale, nel discorso di Mattarella, è sembrata concepita per assecondare il profilo politico del governo Meloni: un riferimento all’Europa assai meno retorico e ampio rispetto al solito, e comunque subito temperato da due temi cari alla leader di Fdi, e cioè la nostra appartenenza atlantica e il ruolo italiano nel Mediterraneo. Anche la chiara difesa delle ragioni dell’Ucraina nel conflitto iniziato il 24 febbraio scorso è totalmente sintonica con ciò che la Meloni pensa e dice. Dunque, le insidie vanno cercate altrove: non nei passaggi più esplicitamente e direttamente politici del discorso del presidente Mattarella, ma nel perimetro culturale tracciato dal Capo dello Stato, che non ha risparmiato agli ascoltatori nulla rispetto al più aggiornato catalogo del conformismo progressista. Impressionanti, in questo senso, i due lunghi passaggi pro green e pro digitale. Nel primo caso, sposando (quasi letteralmente alla gretina) l’ideologia della transizione ecologica: e trascurando di menzionare sia i costi che il mondo produttivo e i ceti medi occidentali inevitabilmente pagheranno, sia il rischio di una nuova dipendenza di lungo periodo rispetto alla Cina. Nel secondo caso, scegliendo di mettere totalmente tra parentesi i rischi di controllo di massa, di sorveglianza sistemica, di compressione (anziché di esaltazione) delle libertà personali che la rivoluzione digitale potrebbe portare con sé. Chiude il cerchio la mistica delle tasse e il riferimento al Pnrr (a sua volta largamente centrato proprio su green e digitale) quasi in termini di attesa salvifica: come se solo dal Recovery Plan derivassero le speranze di crescita e ammodernamento del paese, e non da un vigoroso taglio a fisco e regolazione. E proprio qui, a ben vedere, sta il meno gradevole avvertimento - sia pur implicito - al governo: l’indicazione di un binario irrinunciabile. Un’ulteriore insidia nasce dalle omissioni in materia di Covid. Mattarella si è limitato a parlare di un coronavirus «purtroppo non ancora sconfitto»: apparentemente, una considerazione neutra. Ma - retrospettivamente - tutti sanno quanto proprio il Quirinale abbia voluto per due volte Roberto Speranza alla guida del dicastero della Salute, e quanto abbia fatto sponda a una linea ultrachiusurista, anche pronunciando di tanto in tanto parole non solo discutibili ma anche prive di base scientifica. Resta purtroppo indimenticabile l’infelice speech presidenziale del 5 settembre 2021 all’Università di Pavia: «Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione, perché quell’invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui». Oggi sappiamo che frasi come quelle hanno oggettivamente contribuito, nella discussione pubblica, alla demonizzazione e all’isolamento di cittadini che erano e sono come gli altri, che pagavano e pagano le tasse come gli altri, e che però furono quasi additati come untori. Non solo: in prospettiva, tornando all’oggi, l’evocazione di una pandemia non ancora superata allunga l’ombra del possibile ritorno di misure restrittive, ipotesi a cui finora la Meloni ha meritoriamente fatto argine. Complessivamente, resta la sensazione di un Mattarella guardingo - per ora - davanti al consenso popolare del presidente del Consiglio. Ma è fin troppo facile immaginare che, in presenza di un eventuale momento di difficoltà del governo, le tentazioni commissariali tornerebbero a manifestarsi. E non serve una sfera di cristallo per intuire che, tra gli obiettivi del governo e della sua maggioranza, quello che più inquieta il Quirinale è la riforma presidenzialista, non a caso oggetto da giorni di strali da parte di commentatori ed editorialisti da sempre simpatetici verso il Colle. Una ragione di più - dal punto di vista del centrodestra - per accelerare anche su quel dossier.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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