
Il tribunale di Crotone blocca 230 milioni a un istituto pubblico teutonico. Finanziamento a un parco eolico in odor di 'ndrangheta.Calma piatta. Nonostante il nome, «Wind Farm», non c'è vento sul parco eolico più grande d'Europa e sui 230 milioni di euro impegnati per realizzarlo. Ma dietro i paraventi si intuisce una burrasca politica fra Italia e Germania, perché quei soldi sono tedeschi, sono puliti tecnicamente «fino a prova contraria» e secondo Berlino non esiste alcun motivo perché un giudice a Crotone un anno fa li abbia confiscati. La vicenda è molto complicata e molto italiana, di quelle che fanno saltare i nervi agli investitori stranieri e fanno scappare a gambe levate gli imprenditori.A Isola Capo Rizzuto c'è tanto vento, ci sono 48 aerogeneratori che potrebbero funzionare al massimo, c'è un'inchiesta che dura da otto anni, c'è un pentito che parla di 'ndrangheta, c'è una società con massiccia partecipazione tedesca (nome Vent1 Capo Rizzuto) praticamente paralizzata, ci sono delle sentenze contrastanti. E soprattutto sono congelati dalla Procura ben 230 milioni finanziati dalla Hsh Nordbank - banca pubblica teutonica controllata congiuntamente da due governi regionali (Amburgo e Schleswig-Holstein), con l'85% del capitale - che scalpita per sbloccarli.I problemi per il parco nascono nel 2012, quando la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro lo mette per la prima volta sotto sequestro (alla fine il chiuso-aperto si ripeterà per altre quattro volte) perché sarebbe nella disponibilità della cosca calabrese della famiglia Arena, che lo avrebbe finanziato con proventi illeciti.Partono gli avvisi di garanzia per riciclaggio a tutti i soci. Parte soprattutto una rogatoria internazionale per risalire alla sorgente del flusso di denaro e la Procura di Osnabruck, in Bassa Sassonia, conferma che l'istituto di credito ha finanziato tutto. Ma lo ha fatto in chiaro, senza provenienze sospette, con documentazione completa e trasparente di tutti i movimenti da parte dei soci. A quel punto viene chiesto dal Tribunale il dissequestro del parco eolico con conseguente archiviazione del procedimento, anche per uscire dall'imbarazzante sospetto che una banca pubblica tedesca abbia in pancia soldi della mafia. La sentenza non è ancora arrivata.Nell'attesa, la Dda di Catanzaro due anni fa mette sotto procedimento di prevenzione (una sorveglianza speciale) Pasquale Arena, parente incensurato del boss Nicola Arena in carcere da 28 anni, detentore di quote della società Purena che sta dentro il pool delle partecipanti all'impresa.Anche in assenza dei reati e in virtù del «sospetto anticamera della verità», arrivano un nuovo sequestro del parco e una nuova richiesta di confisca sulla quale il giudice del Tribunale di Crotone, Paolo Pirruccio, è chiamato a sentenziare. Il verdetto non sarà mai emesso e la faccenda ha uno strascico disciplinare interno. Davanti al Consiglio superiore della magistratura il giudice Pirruccio afferma (e le sue parole sono state registrate da Radio Radicale) che «il collegio era deciso per il rigetto». Per superare la situazione di stallo, nel 2017 i pm guidati dal procuratore Nicola Gratteri presentano un'ulteriore richiesta di confisca che va in porto anche in Appello, arricchita dalle dichiarazioni di un pentito («L'impianto è in mano alla 'ndrangheta»). È una singolare duplicazione di procedimenti, i soci tedeschi rimangono esterrefatti. Anche perché il Tribunale in una sentenza ha scritto che «non è il sistema dei finanziamenti, per i quali non si è raggiunta la prova della provenienza illecita, l'elemento su cui si fonda la proposta di confisca».Di conseguenza il finanziamento è lecito, i 230 milioni di euro tedeschi sono puliti. Ma non sono nella disponibilità dei legittimi proprietari, che ora attendono la sentenza di Cassazione. «I presupposti per la confisca sono due: la prova che il denaro sia di provenienza illecita e l'interposizione fittizia, vale a dire la prova che i titolari siano meramente apparenti, teste di legno», spiega l'avvocato Raffaele Bergaglio, che con il collega Francesco Laratta rappresenta i soci della Wind Farm. «Il primo reato non esiste e sul secondo solo dei matti porterebbero investimenti così ingenti dalla Germania per fare i prestanome. Quando hanno saputo di Arena, tutti hanno chiesto che vendesse a prescindere». Niente da fare. I 230 milioni sono immobili, il parco eolico è fermo. Ma in Germania, come direbbe Enzo Jannacci, le pale girano.
Lirio Abbata (Ansa)
La Cassazione smentisce i rapporti Cav-Mafia? «Repubblica»: «La sentenza non c’è».
(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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