Il boom dell’energia non sta avvantaggiando il settore delle utility, tradizionalmente considerato difensivo e fonte di dividendi affidabili: pesa l’incertezza sulle mosse degli Stati per calmierare i prezzi. E le compagnie più piccole hanno iniziato a saltare.
Il boom dell’energia non sta avvantaggiando il settore delle utility, tradizionalmente considerato difensivo e fonte di dividendi affidabili: pesa l’incertezza sulle mosse degli Stati per calmierare i prezzi. E le compagnie più piccole hanno iniziato a saltare.Con il prezzo dell’energia alle stelle, in molti potrebbero ritenere che questo sia il momento perfetto per investire nel settore delle utilities, le società che prestano servizi di pubblica utilità. D’altronde, si tratta di compagnie che sono tradizionalmente considerate fra quelle più difensive e foriere di dividendi affidabili. In realtà, in questo particolare momento storico, le insidie per i risparmiatori non mancano. Più in dettaglio, si tratta di azioni di compagnie che generano, trasmettono e distribuiscono servizi come elettricità, acqua e gas dai propri impianti o da impianti di terzi. Alcune delle attività di queste aziende (e in certi casi l’intero fatturato) derivano da tariffe regolate a livello nazionale dagli Stati. Questa particolarità dovrebbe consentire di poter contare su flussi futuri abbastanza stabili. In Italia ci sono diverse società di questo genere come Snam rete gas, Italgas o Terna. Nella realtà, però, le azioni delle utility hanno mostrato un andamento solo leggermente meno volatile del resto delle azioni (circa un 10-15%) e non si possono considerarsi un investimento privo di rischi, se mai ne esistessero. Sono, peraltro, titoli molto sensibili ai tassi d’interesse, visto che tradizionalmente le società che operano in questo settore tendono a investire molto in infrastrutture e quindi a indebitarsi: uno scenario dove i tassi d’interesse sono visti in salita non è quindi il miglior habitat.Inoltre, le tariffe delle utenze sono in gran parte regolate e fissate dalle autorità di regolamentazione del governo e questo comporta che la capacità delle utility di rispondere a condizioni più avverse per i tassi di interesse sia di solito più bassa rispetto ad altre società quotate in Borsa. Nel 2021, va detto, il consumo di elettricità e gas è ripreso in tutta Europa e questa è una buona notizia per chi ama investire in questo settore. Inoltre, nella maggior parte dei Paesi europei i prezzi dell’elettricità e del gas hanno raggiunto livelli incredibilmente alti sulla scia della ripresa economica e delle misure per la transizione economica. Il problema, però, è che i valori troppo alti di gas ed elettricità stanno di fatto affossando il settore con un pericoloso effetto boomerang. Del resto, le tariffe elettriche e dell’energia sono diventate una sfida per numerosi settori ad alta intensità energetica. Questo può forse favorire coloro che producono l’energia e gestiscono tutto il ciclo, ma di certo non tutti gli attori del settore, visto che i più piccoli e coloro che sono solo rivenditori sono travolti da questo scenario. In più, anche chi ha goduto del forte incremento delle tariffe nel mercato libero rischia di vedersi comprimere i profitti da tassazioni straordinarie che alcuni Stati hanno introdotto per cercare di venire in aiuto ai consumatori più danneggiati e poveri. È proprio per questo motivo che, ad esempio, in Gran Bretagna diverse piccole utilities sono andate a gambe all’aria.La pandemia non ha comunque impedito a molte società di pubblica utilità di investire massicciamente e in particolare nella transizione energetica. Ed è proprio su questi nomi che bisogna puntare. «Molte società hanno sostituito impianti di produzione di energia più inquinanti, in particolare le centrali a carbone, con fonti rinnovabili che hanno ridotto le emissioni», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «Ma parte della riduzione delle emissioni di carbonio è anche dovuta alle cessioni di infrastrutture ad alcune società che non annullano le emissioni di carbonio ma le trasferiscono ad altri proprietari. Molte società del settore come la francese Engie (ex Gaz de France) che ha annunciato questa settimana ottimi risultati puntano molto nella transizione a basse emissioni di carbonio, inclusi elettricità e gas verdi (biogas e idrogeno) e hanno avviato dismissioni per finanziare gli investimenti. Un approccio che inizia a pagare, nel caso francese», conclude l’esperto.Che il prezzo dell’energia abbia d’altronde affossato le quotazioni è sotto gli occhi di tutti. Da inizio anno i valori di Terna, Snam, Enel e anche di diversi fondi comuni che investono sul settore sono tutti con il segno meno. Gli stessi prodotti finanziari tre anni fa garantivano buoni rendimenti a doppia cifra, anche superiori al 40%, in alcuni casi. Il consiglio è dunque quello di non vendere, in attesa che il mercato si stabilizzi e le quotazioni tornino a salire.
Ansa
Dieci anni fa scoppiò il Dieselgate, la truffa di Volkswagen sulle emissioni scoperta dagli statunitensi, già in guerra commerciale con Berlino. Per riprendersi, l’azienda puntò sull’elettrico e ottenne il sostegno di Ursula. Ma ad approfittarne sono stati i cinesi.
Alice Weidel (Ansa)
I Maga sfidano le censure del Vecchio continente: la vice di Alice Weidel e un militante escluso dalle elezioni per sospetti sulla sua «lealtà alla Costituzione» vanno a Washington dai funzionari di Marco Rubio e di Jd Vance.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.