2019-02-28
Il cardinal Pell prepara l’appello dal carcere
L'ex tesoriere vaticano, sollevato dalla Santa Sede, è in prigione. Non smette di dichiararsi innocente ed è al lavoro per smontare le accuse nel prossimo grado di giustizia. Le testimonianze contro di lui lasciano molti dubbi, ma non sarà facile ribaltare il verdetto.Dall'Australia agli Usa, passando per il Cile, Bergoglio ha perso gli uomini su cui contava di più. Il Consiglio dei nove è diventato il Consiglio dei sei. E le sue ultime promozioni possono trasformarsi in un boomerang.Lo speciale contiene due articoliIl cardinale australiano George Pell, già prefetto della segreteria per l'economia vaticana, è in prigione da ieri, rinchiuso nella Assessment prison di Melbourne, in attesa della sentenza prevista per il 13 marzo. Con un'ulteriore accelerazione la giustizia australiana ha messo subito in galera il porporato, a cui è stata revocata la libertà su cauzione dopo la conclusione di un'udienza di pre sentenza di patteggiamento in cui i legali delle due parti hanno presentato le argomentazioni finali. In galera subito, dopo aver confermato quanto stabilito l'11 dicembre 2018 in un «retrial», un nuovo processo, visto che la prima giuria popolare non era venuta a capo di niente. In tre giorni, invece, la nuova giuria ha deliberato all'unanimità che il cardinale Pell è colpevole di cinque reati di abusi, due violenze sessuali che risalgono a 22 anni fa a carico di due coristi di 12 e 13 anni della cattedrale di Melbourne e altri atti osceni davanti a minori. In tutto si possono calcolare 50 anni di galera.Pell continua a dichiararsi innocente e farà appello, ad oggi non si conosce la data di questo secondo grado di giudizio in cui il cardinale verrà sentito non più da una giuria, ma da una Corte di tre giudici. In Vaticano ci sono perplessità sulla sentenza comminata all'ex numero tre della Santa sede e si è scelto di rispettare quanto finora deciso, ma puntando sul ricorso in appello. Il caso non lo si ritiene chiuso, intanto però il direttore ad interim della Sala stampa vaticana, Alessandro Gisotti, ha confermato che «il cardinale non è più prefetto della segreteria per l'Economia», ruolo chiave a cui era stato chiamato proprio da Bergoglio con l'obiettivo di mettere ordine all'interno del complicato mondo delle finanze vaticane. E qualcuno sostiene che le accuse nei suoi confronti abbiano subito un'escalation proprio in concomitanza con l'azione energica che il cardinale australiano stava svolgendo dentro ai forzieri vaticani. Comunque, sempre Gisotti ha comunicato che «la Congregazione per la dottrina della fede si occuperà del caso nei modi e con i tempi stabiliti dalla normativa canonica».Solo una decina di giorni fa il Papa ha «spretato» l'ex cardinale di Washington, Theodore McCarrick, applicando la massima pena per un ecclesiastico. Adesso sono molti a chiedere la stessa pena per Pell, ma è certo che non accadrà almeno fino all'espletamento di un regolare processo e dopo l'appello alla giustizia civile australiana. Il tintinnar di manette che da decenni viene suonato da molti pulpiti mediatici contro la Chiesa, non può diventare un riflesso condizionato. Il cardinale è stato condannato sulla base di una sola testimonianza e da un testimone che la legge australiana tutela con l'anonimato. Nessun altro teste a corroborare quanto raccontato dal denunciante. Una delle due vittime, infatti, è morta nel 2014 per overdose, peraltro dopo aver detto alla madre di non aver subito abusi, ma il denunciante, invece, avrebbe riferito il contrario (dopo la morte dell'amico). Il padre del ragazzo deceduto per overdose, la notizia è di ieri, ha intrapreso una causa di risarcimento sia nei confronti di Pell che nei confronti della Chiesa cattolica. Lisa Flynn, dello studio legale che segue questo padre, ha dichiarato che «è molto comune che i sopravvissuti agli abusi sessuali ricorrano alle droghe nel tentativo di offuscare il dolore».I fatti riferiti dal denunciante risalgono al 1996 e 1997 e il testimone era allora un chierichetto di 13 anni della cattedrale di Melbourne, mentre Pell era arcivescovo. L'abuso del 1996 si sarebbe verificato dopo la messa solenne domenicale delle 10.30, o il 15 dicembre o il 22 dicembre di quell'anno. In questo abuso, secondo il racconto in aula, Pell avrebbe trovato i due chierichetti in sacrestia che bevevano il vino utilizzato durante la messa. Dopo aver detto ai ragazzi che erano nei guai, ha spinto uno dei ragazzi vicino al suo pene e poi ha messo il suo pene nella bocca dell'altro ragazzo. Questo a grandi linee il racconto del denunciante, ma secondo la difesa questo racconto contiene molte improbabilità: l'arcivescovo avrebbe dovuto lasciare improvvisamente la processione finale della celebrazione, senza che questa si fosse ancora conclusa, e sarebbe entrato in sacrestia senza essere accompagnato da nessuno, nemmeno dal maestro delle cerimonie. Infatti, monsignor Charles Portelli, il cerimoniere, ha dichiarato che mai avrebbe potuto lasciare solo l'arcivescovo, ma la sua testimonianza è stata confutata dall'accusa dicendo che siccome Portelli all'epoca fumava venti sigarette avrebbe potuto benissimo allontanarsi per fumarne una. Robert Richter, avvocato di Pell, ha sottolineato più volte le tante imprecisioni di questa ricostruzione e soprattutto le insistenti improbabilità.Il denunciante, tra l'altro, prima ha detto che Pell si era aperto la veste per l'abuso, poi di fronte al fatto che il paramento liturgico non si apre sul davanti, in un secondo momento ha ritrattato specificando che Pell avrebbe spostato di lato le vesti, ma anche in questo caso c'è una fascia nei paramenti che impedisce questo movimento rendendolo quantomeno assai difficoltoso, se non impossibile. Inoltre, sempre il denunciante ha affermato che per tutto il tempo dell'abuso la porta della sacrestia era spalancata e vedeva passare fuori gli altri chierichetti. Infine, dopo l'abuso i due sarebbero rientrati nei loro posti del coro per fare le prove delle canzoni natalizie.La seconda aggressione, cosiddetta del corridoio, sarebbe, invece, avvenuta nel 1997. Secondo la vittima, Pell lo spinse contro un muro in un corridoio della cattedrale e gli strinse i genitali. Ha riportato l'incidente alla polizia nel 2015. La difesa ha detto che Pell non avrebbe potuto spingere un corista contro un muro del corridoio e avergli dolorosamente schiacciato i genitali dopo una messa il 23 febbraio 1997 senza essere notato. Iil cardinale è alto 1,93 e ha una mole difficilmente oscurabile anche da un pilastro. «Burn in hell», brucia all'inferno, si è sentito gridare contro Pell mentre entrava in aula per sentire la sentenza che lo mandava in carcere. Qualcun altro, invece, lo ritiene un agnello sacrificale, un capro espiatorio per un clima anticlericale violentissimo che avrebbe influito su tutta la sua vicenda e sul processo. «La Chiesa cattolica non è sotto processo... Sto imponendo una sentenza al cardinale Pell per quello che ha fatto», ha detto il giudice Peter Kidd. Intanto però la giustizia australiana si dà molto da fare con la Chiesa cattolica. L'arcivescovo di Brisbane e presidente dei vescovi australiani, monsignor Mark Benedict Coleridge, che ha tenuto l'omelia nella messa di chiusura del vertice anti abusi in Vaticano della settimana scorsa, è finito anche lui sotto indagine per aver insabbiato le accuse che una donna gli riportava per abusi compiuti da preti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-cardinal-pell-prepara-lappello-dal-carcere-2630198520.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tutti-i-fedelissimi-di-papa-francesco-inciampati-nello-scandalo-pedofilia" data-post-id="2630198520" data-published-at="1757007644" data-use-pagination="False"> Tutti i fedelissimi di papa Francesco inciampati nello scandalo pedofilia La caduta degli dei. L'ultimo a essere trafitto da accuse di pedofilia è il cardinale George Pell. Ma è solo l'ultimo, appunto. Il papato di Bergoglio è ormai costellato dalla detonazione di scandali che hanno portato, in tutto il mondo, a dimissioni e condanne di vescovi e cardinali. Bisogna «proteggere i piccoli dai lupi voraci», ha detto qualche giorno fa il Pontefice, a conclusione dell'incontro planetario «per la protezione dei minori della Chiesa». Ma i lupi non sono più solo viceparroci di remote canoniche. Sono i porporati che siedono accanto a Bergoglio. Sono i suoi stretti consiglieri. Sono il faro di masse di fedeli. Come il cardinale Pell, prefetto della segreteria economica vaticana dal 2014 fino a qualche giorno fa. Per la prima volta, un «ministro» della Santa Sede viene punito per abusi sessuali: dodici membri della giuria della County court dello stato di Victoria, in Australia, lo condannano per aver abusato di due ragazzini. I fatti sono del 1996: Pell, «sorseggiando il vino consacrato», li avrebbe molestati in una stanza sul retro della cattedrale di San Patrizio, a Melbourne, dove era arcivescovo. Il prelato, già indagato, s'era «autosospeso» nel giugno 2017. Adesso, però, scrive la Santa Sede, «in attesa dell'accertamento definitivo dei fatti» gli è «proibito in via cautelativa l'esercizio pubblico del ministero e il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età». Ultima speranza: il futuro ribaltamento della sentenza penale. Com'è successo a monsignor Phillip Wilson, ex vescovo di Adelaide. A maggio dell'anno scorso è condannato in primo grado per aver insabbiato gli abusi di padre James Fletcher, negli anni Settanta. Ma a dicembre, la corte d'appello riconosce il «ragionevole dubbio». Verdetto annullato. Il Papa, intanto, s'era però affrettato a commissariare la diocesi. Così a giugno 2018, il vescovo, pur affermando la propria innocenza, s'è comunque dimesso: «Preoccupato dall'aumentare del livello di sofferenza nella comunità». Ora anche la condanna di Pell è diventata pubblica. Anche se risale all'11 dicembre 2018. E proprio il giorno dopo, Pell viene estromesso dal Consiglio dei nove cardinali che papa Francesco aveva scelto per coadiuvarlo nel governo della Chiesa. Ufficialmente, si tratta di «ragioni d'età». Ma, assieme a Pell, vengono esautorati altri due porporati. Tra cui il cileno Francisco Javier Errázuriz, 85 anni, il membro più anziano del Consiglio. Anche lui, inciampato nella pedofilia. È accusato di aver insabbiato violenze e molestie: in particolare, quelle di padre Fernando Karadima, abusatore seriale, ridotto da Francesco allo stato laicale il 28 settembre 2018. Una «decisione eccezionale» spiegò la sala stampa vaticana: presa «in coscienza e per il bene della Chiesa». Ma anche straordinariamente tardiva: Karadima era già stato condannato a febbraio del 2011 dalla Congregazione per la dottrina della fede. Verdetto confermato a giugno 2012. Eppure viene spretato sei anni più tardi. E solo dopo le enormi pressioni di opinione pubblica e vittime. Alcuni supposti correi, intanto, avevano già presentato dimissioni: probabilmente indotte. Alti prelati cileni. Una slavina di rinunce. L'11 giugno 2018 lascia Juan Barros , vescovo di Osorno, allievo di Karadima, Cristián Caro Cordero, arcivescovo di Puerto Montt, e Gonzalo Duarte García de Cortázar, vescovo di Valparaíso. Il 27 giugno 2018, è la volta del monsignore di Rancagua, Alejandro Goic Karmelic, e dell'ordinario di Talca, Horacio del Carmen Valenzuela Abarca, altro figlio spirituale di Karadima. Il 21 settembre 2018 tocca a Carlos Eduardo Pellegrín Barrera, vescovo di San Bartolomé de Chillán, e a Cristián Enrique Contreras Molina, ordinario di San Felipe. Tutti trafitti dal sospetto di aver insabbiato, coperto, omesso. Negli stessi giorni, intanto, viene dimesso dallo stato clericale un altro famoso sacerdote cileno: Cristian Precht. Uguale provvedimento, l'11 ottobre 2018, colpisce Francisco José Cox Huneeus, arcivescovo emerito de La Serena, membro dell'Istituto dei padri di Schoenstatt, e Marco Antonio Ordenes Fernandez, già vescovo di Iquique: entrambi, ancora una volta, accusati di abusi sui minori. Con una nota del Vaticano che dettaglia: «La decisione adottata dal Papa non ammette appello». Più ecumenica, invece, la pena inflitta, nel 2013, a Keith O'Brien: arcivescovo emerito di Saint Andrews and Edinburgh. Viene privato dei diritti e delle prerogative da porporato. Ma O'Brien, scomparso recentemente, rimane comunque cardinale. Incolpato da quattro sacerdoti di «comportamenti inappropriati» aveva amesso le sue responsabilità. Una sorta di sospensione colpisce ora anche Gustavo Oscár Zanchetta, nominato nel 2013, proprio dal Pontefice, alla guida della piccola diocesi di Orán, a Nord dell'Argentina. Lo scorso autunno è chiamato a Roma per coprire l'inedito ruolo di «assessore» nell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa). Intanto, però, in patria lo indagano per abusi sessuali. Garantismo ecclesiastico. Come quello di cui ha goduto, per decenni, un illustrissimo porporato: Theodore McCarrick, ex arcivescovo emerito di Washington, incolpato di molestie a seminaristi e abusi su almeno tre minori. Per anni è stato tra le personalità più influenti della Chiesa negli Usa. L'11 gennaio 2019 viene però dimesso dallo stato clericale. Sentenza confermata lo scorso 13 febbraio: «Il Santo Padre», scrive la Congregazione per la dottrina della fede, «ha riconosciuto la natura definitiva, a norma di legge, di questa decisione, la quale rende il caso res iudicata, cioè non soggetto a ulteriore ricorso». «Defrocked»: spretato. Ma pur sempre con ritardo e poca solerzia. McCarrick veniva già accusato nel memoriale di Carlo Maria Viganò, pubblicato lo scorso agosto in esclusiva mondiale dalla Verità. L'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti nel j'accuse, denuncia gli abusi di McCarrick. E i lustri di omertà sul caso. Non risparmiando strali neanche alla presunta inerzia di papa Francesco. Viganò si scaglia anche contro il successore di McCarrick alla guida dell'arcidiocesi di Washington, Donald Wuerl: «Sono assolutamente risibili», scrive nel memoriale, le dichiarazioni del prelato, che si dice all'oscuro dei precedenti di McCarrick. Intanto, viene pubblicato il report del gran giurì della Pennsylvania. Raccoglie le testimonianze di abusi sui minori negli ultimi settant'anni. Nel dossier, il cardinale Wuerl viene citato per il suo precedente incarico come vescovo di Pittsburgh, tra 1988 e il 2006. In alcuni casi, di fronte alle denunce, avrebbe voltato la testa. Così, a ottobre 2018, pure Wuerl si dimette. Un altro dei caduti nell'epoca bergogliana. Il Pontefice, in una lettera, ne elogia il gesto: un pastore che s'è immolato. Per evitare «la sterile divisione seminata dal padre della menzogna: il quale, cercando di ferire il pastore, non vuole altro che le pecore si disperdano». Pecore e lupi. La lista dei «vinti» però si allunga. La resa dei conti, in Vaticano, potrebbe essere appena cominciata.
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Caterina Interlandi, presidente vicario del tribunale di Tempio Pausania (Imagoeconomica)
Julius Evola negli anni Venti (Fondazione Evola)