2019-12-24
Il Cappato assolto spalanca la porta al diritto al suicidio
Dopo la Consulta, proscioglimento atteso per la morte di Dj Fabo. Ma è contraddetto il principio dell'intangibilità della vita umana.Non piange di gioia Marco Cappato alla lettura della sentenza di assoluzione, ma di dolore. Per una di quelle imperscrutabili coincidenze che lasciano l'uomo indifeso davanti al destino, qualche minuto prima del verdetto lui riceve una telefonata, l'udienza della corte d'Assise di Milano viene sospesa. La notizia che percorre l'aula come un fremito freddo è la più terribile per un figlio: sua mamma, da tempo malata, è morta in un letto d'ospedale. La moglie lo abbraccia, poi il dibattimento viene ripreso in un clima di afflizione, si conclude e il giudice legge ciò che tutti s'aspettavano, la non notizia di Natale: l'imputato per aiuto al suicidio nella controversa vicenda di Dj Fabo (Fabiano Antoniani) viene assolto «perché il fatto non sussiste».L'esponente radicale ha vinto il suo tenace, provocatorio braccio di ferro su quello che in estrema sintesi è il diritto di morire. E ha aperto la porta in Italia allo spettro dell'eutanasia. Il primo commento della fidanzata di Dj Fabo, Valeria Imbrugno, detta la linea a chi la pensa come lui: «Fabiano avrebbe festeggiato perché è una battaglia in cui credeva fin dall'inizio. È una battaglia per la libertà di tutti». Prima della Camera di Consiglio, Cappato aveva fatto una dichiarazione spontanea: «In piena sintonia e assonanza con le motivazioni che avete prospettato rimettendovi alla Corte costituzionale, la mia è una motivazione di libertà, di diritto all'autodeterminazione individuale, naturalmente all'interno di determinate condizioni. È per questo che ho aiutato Fabiano».Non poteva che finire così dopo la decisione della Corte costituzionale di ridisegnare il perimetro della non punibilità dell'aiuto al suicidio, esprimendosi proprio sul caso di Cappato e sottolineando che a determinate condizioni non era punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale «chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente». La Consulta, dopo avere chiesto invano che fosse il Parlamento a esprimersi con una legge in merito al fine vita, a settembre ha deciso sul caso di coscienza anche per non far correre a Cappato il rischio di una condanna per aiuto al suicidio che prevede una pena dai 6 ai 12 anni di carcere.Nella sua pronuncia, la Corte costituzionale aveva definito non punibile colui che agevola un proposito di suicidio con queste tre condizioni: 1 il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; 2 Dev'essere affetto da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che ritiene intollerabili; 3 dev'essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. È quello che accadde, secondo i giudici, in quel febbraio del 2017 quando lo storico leader dei radicali milanesi aveva accompagnato Dj Fabo nella clinica svizzera Dignitas per il suicidio assistito, bypassando la legge italiana che considera illegale la procedura.Ancora una volta un tribunale occupa un vuoto legislativo e in tema etico contraddice un principio cattolico non negoziabile: l'intangibilità della vita umana, sulla quale anche papa Francesco ha avuto parole definitive. «Si può e si deve respingere la tentazione - indotta anche da mutamenti legislativi - di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causando direttamente la morte con l'eutanasia». La contrapposizione è netta.La radicalizza il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano commentando: «È una giornata storica è un grande risultato perché la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell'articolo 2 della Costituzione che mette l'uomo al centro della vita sociale e non anche lo Stato».La palla viene lanciata verso il Parlamento, dove finora nessuno ha avuto il coraggio di raccoglierla. La Consulta aveva chiesto di legiferare entro l'anno in corso, ma l'obiettivo temporale è irraggiungibile. Regolamentare l'autodeterminazione individuale, definire il fine vita della persona che soffre senza oltrepassare il limite del suicidio assistito, sarà il compito di un ceto politico che non riesce a mettersi d'accordo neppure sulla tecnicalità della plastic tax.Se lasciata all'esclusiva responsabilità di una maggioranza turboprogressista, una legge così delicata in campo etico può diventare un grimaldello per sdoganare l'eutanasia, contro la quale sembrano in pochi - a rigor di coscienza - a voler combattere. E fra questi pochi non brillano quei cattolici impegnati ad applaudire le Sardine.