2021-06-15
Il caos elettorale in Perù
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Lima, 12 giugno 2021 (Ansa)
E' stallo politico in Perù. Lo scorso 6 giugno si è tenuto il secondo turno per l'elezione del nuovo presidente: una battaglia serrata che, al momento, non sembra avere ancora un esito certo. Con tutti i seggi ormai scrutinati, il candidato populista di sinistra Pedro Castillo è in testa con il 50,1% dei voti, mentre la sua rivale di destra Keiko Fujimori è al 49,8%. Lo scarto risulta di appena 63.000 voti in un Paese con circa 33 milioni di abitanti (e con un'affluenza, all'ultima tornata elettorale, del 74%). Come si diceva, lo scontro politico è stato particolarmente duro. Castillo ha portato avanti un programma decisamente spostato a sinistra, promettendo un maggiore controllo statale sulle risorse naturali del Paese e un'attenzione alle classi disagiate. La Fujimori, dal canto suo, ha sostenuto che le politiche del rivale avrebbero degli effetti perniciosi sull'economia peruviana. Come che sia, il margine risicatissimo a favore di Castillo ha portato la candidata di destra ad affermare che si sarebbero verificate delle irregolarità elettorali. Secondo quanto riferito da Nbc News, la sera del 9 giugno la Fujimori ha detto ai giornalisti che avrebbe chiesto l'annullamento di circa 500.000 voti che riteneva sospetti. La candidata ha inoltre dichiarato che i sostenitori di Castillo avrebbero commesso dei brogli soprattutto nelle aree rurali.La questione resta quindi per il momento sospesa e controversa. L'organismo incaricato di sovrintendere alla legalità del processo elettorale (Jurado Nacional de Elecciones) ha dichiarato giovedì mattina su Twitter che mettere in dubbio i risultati senza prove è "irresponsabile". Dal canto suo, anche Castillo ha rispedito al mittente le accuse. In tutto questo, venerdì scorso, una delegazione dell' Organizzazione degli Stati americani con il compito di monitorare il processo elettorale ha dichiarato di "non aver rilevato gravi irregolarità". Bloomberg News ha nel frattempo riportato il 10 giugno che "un alto funzionario dell'amministrazione del presidente Joe Biden ha affermato che gli Stati Uniti non hanno visto prove di frode, solo episodi isolati di intimidazione degli elettori". Castillo ha nel frattempo ricevuto le congratulazioni da parte di alcuni storici esponenti della sinistra sudamericana: i due ex presidenti del Brasile, Dilma Rousseff e Luiz Inacio Lula da Silva, l'ex presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, e l'ex leader boliviano, Evo Morales. Congratulazioni sono arrivate anche da alcuni esponenti politici in carica, in particolare dalla first lady e vicepresidente del Nicaragua Rosario Murillo, dal leader boliviano Luis Arce e dall'argentino Alberto Fernandez. La Fujimori non sembra comunque avere intenzione di tirarsi indietro e, sabato scorso, ha tenuto una manifestazione di denuncia dei presunti brogli. "Se la giuria (elettorale) analizzerà questo, le elezioni saranno capovolte, cari amici", ha detto la candidata a migliaia di sostenitori. "Sono il tipo di persona che non si arrende mai". A complicare tuttavia ulteriormente la situazione si registrano le tegole giudiziarie della stessa Fujimori che, dal 2018, è sotto inchiesta per corruzione. Tutto questo, mentre i magistrati hanno chiesto per lei, giovedì scorso, una misura di carcerazione preventiva. Va rilevato, sotto questo aspetto, che – in base a quanto riferito pochi giorni fa da Cnn – "se vincesse le elezioni, le indagini su di lei sarebbero sospese fino alla scadenza del suo mandato nel 2026". Per parte sua, Castillo, che conserva al momento le maggiori probabilità di diventare presidente, non può comunque dormire sonni troppo tranquilli. In parlamento, il suo schieramento Perú Libre dispone di 37 seggi su 130 e potrebbe quindi incontrare serie difficoltà nel sostenere le proposte programmatiche del probabile prossimo presidente. Non è quindi escludibile che, come recentemente suggerito dal Carnegie Endowment for International Peace, Castillo possa alla fine decidere di virare verso il centro, per esigenze di governo. Resta comunque solo un'ipotesi, in un Paese – il Perù – attraversato da una crescente polarizzazione politica, da un forte sentimento antisistema e da problemi strutturali legati soprattutto alla pandemia. Il clima di incertezza non riguarda comunque soltanto le dinamiche della politica interna peruviana, ma anche lo scacchiere internazionale. Se Castillo divenisse presidente, Lima si sposterebbe notevolmente a sinistra, andando a rafforzare il blocco di quei Paesi sudamericani che, a partire dal Venezuela, mantengono una linea di significativa distanza da Washington.
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