2021-05-10
Mentre il Colle ricorda le vittime, il brigatista Di Marzio è in fuga
Se entro la mezzanotte Maurizio Di Marzio, unico irreperibile tra i dieci terroristi che la Francia ha promesso di restituirci, non sarà preso, la pena si estinguerà. Per evitare che le parole di Sergio Mattarella sulle stragi di Stato restino vuote, basterebbe che un pm agisse. Alla mezzanotte di oggi si estinguerà la condanna che pende sulla testa Maurizio Di Marzio, l'ex brigatista rosso ancora latitante in Francia, mentre su altri nove è iniziato il procedimento per l'estradizione. La polizia francese non lo ha trovato al suo domicilio lo scorso 28 aprile, quando Emmanuel Macron ha annunciato la propria intenzione di dare il via libera della Francia all'estradizione verso l'Italia di dieci ex terroristi degli anni di piombo. Dieci persone rifugiate Oltralpe da decenni, grazie alla «dottrina Mitterrand». E dire che quello di pochi giorni fa era stato un annuncio in pompa magna, per manifestare l'intenzione dell'Eliseo di farla finita con la dottrina dell'accoglienza. Per l'occasione, il ministro della Giustizia transalpina, Eric Dupond-Moretti, aveva detto di non aver «alcuno scrupolo» nel riconsegnare all'Italia alcuni degli ex criminali di estrema sinistra. Poco più di una settimana dopo quegli annunci, fatti con la mano sul cuore, Dupont-Moretti si è lanciato nella campagna elettorale per le regionali nel Nord della Francia, forse dimenticandosi le promesse fatte. In effetti, gli inquirenti francesi non sono ancora riusciti a riacciuffare l'ex Br sessantatreenne che, fino a poche settimane fa, gestiva il ristorante Taverna Baraonda al 47 rue Maubeuge di Parigi. L'uomo possedeva un profilo Facebook (tuttora attivo) e non esitava a manifestarsi anche su Internet rispondendo, ad esempio, ai commenti lasciati da clienti del suo ristorante. Un posto dove, come scriveva una certa Marie B. nel febbraio 2020, oltre alla cucina italiana si poteva ricevere «in bonus, il sorriso e il buon umore di Maurizio». Insomma, non si proprio dire che l'ex terrorista fosse uno abituato a vivere nell'ombra.Per scongiurare il rischio dell'estinzione della pena a carico dell'ex brigatista diventato ristoratore, i giudici italiani competenti potrebbero dichiarare Maurizio Di Marzio «delinquente abituale» entro la mezzanotte di oggi. Si tratta di un'ipotesi prevista dall'ultimo comma dell'articolo 172 del nostro codice penale. Dopo che La Verità - 17 marzo scorso - aveva iniziato a segnalare l'imminenza delle scadenze relative ad altri due ex terroristi, una pm di Milano aveva emesso un provvedimento simile nei confronti di Luigi Bergamin. Tale decisione era stata comunicata dalla Procura di Milano al ministero della Giustizia il 30 marzo: ovvero nove giorni prima che si estingue la pena per Bergamin. Va detto che i giudici francesi competenti sull'estradizione degli ex terroristi rossi, potrebbero non tenere conto delle dichiarazioni di delinquenza abituale. Tuttavia con esse, la giustizia italiana darebbe un segnale importante: quello della determinazione e della certezza delle pene. Certo non sarebbe la prima volta che dall'Italia arrivano dei colpi di freno sulla vicenda delle estradizioni degli ex br dalla Francia. Lo hanno dimostrato anche dei documenti pubblicati da La Verità dai quali si evinceva che, fino a un paio di mesi fa, tra i funzionari di via Arenula, c'era chi preferiva non insistere troppo nel richiedere le estradizioni alle autorità francesi.Il rientro in patria di dieci persone sulle quali pendono ergastoli e pene pesantissime è una necessità condivisa da personalità di varia sensibilità politica. Questo perché gli ex terroristi hanno partecipato ad azioni che hanno provocato la morte di innocenti, come l'ex segretario della Dc, Aldo Moro. Proprio ieri si ricordava il quarantesimo anniversario dell'uccisione dello statista, per mano delle Brigate Rosse. Dal 2008, questa data coincide con il Giorno della Memoria per le vittime del terrorismo. È in questo contesto che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una lunga intervista pubblicata ieri da La Repubblica. Parlando al direttore del quotidiano Maurizio Molinari, il capo dello Stato ha ribadito che è il momento di «prendere tutti i latitanti», perché il Paese ha «un'esigenza fondamentale» di conoscere tutta la verità su quel periodo della nostra storia. Tale esigenza è anche «molto sentita dai familiari» delle vittime. Mattarella ha anche ricordato la differenza tra il terrorismo rosso e quello nero. Il primo aveva come bersaglio «la giovane democrazia parlamentare, nata con la Costituzione repubblicana, per approdare a una dittatura, privando gli italiani delle libertà conquistate nella lotta di Liberazione. Il secondo «è stato spesso strumento, più o meno consapevole, di trame oscure, che avevano l'obiettivo politico di rovesciare l'asse politico del Paese». Alla luce delle parole del capo dello Stato, l'idea che la giustizia italiana non giochi tutte le sue carte per evitare che degli ex terroristi rimangano impuniti, appare incomprensibile. Certo, considerato il caos che sta attraversando questo settore e le guerre che si combattono all'interno del Consiglio superiore della magistratura, presieduto dallo stesso Mattarella, le mancate azioni sulle pene degli ex br appaiono come la punta di un iceberg. Ma non è trascurando i problemi che questi si risolvono. Anzi semmai rischiano di diventare più grandi.