2021-10-26
Il bluff di Orcel un favore al governo
Le dichiarazioni e il racconto di un possibile salvataggio hanno comunque dato al Mef l’opportunità di prendere tempo con la Ue. E di superare l’appuntamento elettoraleUna mossa disperata. La Verità aveva usato queste parole, lo scorso 30 luglio, per definire la trattativa aperta dal Mef con Unicredit sulla parte «buona» del Monte dei Paschi, lasciando indietro crediti deteriorati e cause legali. Disperata e dettata dai risultati degli stress test della Bce arrivati qualche ora prima che avevano assegnato a Mps la maglia nera tra le 50 banche europee sottoposte all’esame. Il tempo per far scendere lo Stato dal Monte rispettando gli accordi con Bruxelles e Francoforte era già agli sgoccioli e alla porta di Rocca Salimbeni aveva bussato solo il fondo americano Apollo, non considerato. Ecco perché, già in quei giorni, i più maligni in Piazza Affari erano convinti che il gioco del «perimetro selezionato» del Monte non valesse la candela e avevano scommesso che per questo, completata comunque la due diligence, l’ad Andrea Orcel avrebbe alzato l’asticella dell’offerta così tanto per farsela rifiutare dal Tesoro. Insomma, sempre secondo i maligni, Orcel non voleva Mps e non l’avrà, fine della commedia. Dobbiamo però credere alla ricostruzione fatta dallo stesso amministratore delegato nella lettera inviata ai dipendenti di Unicredit. «L’abbiamo sempre vista come un’occasione per rafforzare il settore bancario di questo Paese, e al tempo stesso garantire un futuro brillante tanto ai clienti quanto ai dipendenti di Mps. L’accordo avrebbe potuto creare valore aggiunto per Unicredit». In questo senso - spiega il banchiere - avrebbe potuto «rafforzare il nostro posizionamento nei nostri mercati principali e aumentare la nostra base clienti è una parte fondamentale del nostro nuovo piano strategico». Dopo «molte discussioni, abbiamo finalmente raggiunto un accordo in linea con questi principi, e da quel momento in poi abbiamo mantenuto la parola data, spingendo sempre al massimo per portare a termine con successo l’operazione. Sfortunatamente, e nonostante gli sforzi che abbiamo profuso, siamo arrivati alla conclusione che le condizioni da cui dipendeva l’accordo non possono essere soddisfatte», si legge nel messaggio. Dove l’ad sottolinea anche che l’obiettivo primario «non è quello di fare fusioni e acquisizioni: queste operazioni possono diventare degli acceleratori della nostra strategia, se ci sono i giusti presupposti. Ma la nostra priorità è, ed è sempre stata, costruire delle fondamenta solide per il nostro futuro». Certo, l’attuale azionista di controllo di Mps, ovvero il Mef, ha comunque potuto tenere buona Bruxelles per qualche mese dimostrando anche di aver avuto almeno una carta da mettere sul tavolo. E la sinistra attendista, vedi Enrico Letta, ha beneficiato ancor di più in attesa della tornata elettorale. Solo che adesso le lancette dell’orologio europeo hanno ricominciato a girare, nella speranza che dalla Ue arrivi una proroga della scadenza. Il punto ora non è solo quale exit strategy troverà il governo per scendere dal Monte, ma anche quali saranno le prossime mosse di Unicredit che ha in cantiere, oltre all’approvazione della trimestrale, anche la presentazione del nuovo piano industriale per cui non c’è ancora una data. Bisognerà poi capire anche se lo stop alle trattative ha incrinato i rapporti con il Tesoro. Altri osservatori sono invece convinti che non sia una chiusura definitiva ma solo una fase del negoziato e una tattica di Orcel, abile negoziatore, per riportare il negoziato sui binari auspicati magari in vista di una proroga concessa dalla Ue. Il piano B per l’ad di Unicredit potrebbe inoltre rivelarsi costoso e una parte degli investitori potrebbe invocare un accordo alternativo per accelerare i ritorni, faceva notare ieri la Breakingviews dell’agenzia Reuters. Che azzarda un’ipotesi suggestiva: Orcel potrebbe guardare all’estero facendo diventare Unicredit un potenziale partner per Commerzbank. Il principale azionista di Commerz, però, è il governo tedesco e Berlino non è entusiasta delle acquisizioni fatte in patria da banche straniere. Ed «è improbabile che Orcel riceva una chiamata di supporto dal premier Mario Draghi», chiosa l’agenzia.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)