
Pd e M5s fratelli coltelli sulle nomine: i dem vogliono spezzare i legami tra la Simest e il ministero di Luigi Di Maio.Continuano le trattative sotterranee dentro il governo di Giuseppe Conte tra i due partiti di maggioranza, Partito democratico e Movimento 5 stelle. Ma il dialogo in corso non riguarda l'emergenza economica che aspetta l'Italia in autunno, bensì il controllo sulle aziende strategiche statali, unico argomento che non passa mai di moda a Palazzo Chigi. Si sviluppa in particolare sull'asse ministero dell'Economia e Cassa depositi e prestiti, tra mosse e contromosse dell'uno e dell'altro partito per avere il controllo sulle nomine dei vertici, tra emendamenti dell'ultimo minuto e riorganizzazioni interne. Sace (controllata da Cdp) è ormai prossima a passare «sotto l'indirizzo e il coordinamento» del Mef. Proprio come voleva il ministro dem Roberto Gualtieri e soprattutto come progettava da tempo il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, sempre più importante nei meccanismi di funzionamento di via XX Settembre. Rivera aveva già previsto lo scorso anno il ritorno sotto l'ala del Mef della società che assicura le nostre imprese all'estero. La mossa non è casuale. È stata inserita nell'ultimo decreto di agosto, lasciando per l'ennesima volta spiazzati i 5 stelle. Anche perché negli ultimi mesi è stato rinforzato il ruolo di Sace nell'assicurazione delle imprese all'estero con miliardi di nuove garanzie. In questo modo il Pd va a toccare uno degli avamposti dei 5 stelle, ovvero il commercio estero e in particolare Simest, dove dalla fine dello scorso anno è arrivato come presidente Pasquale Salzano, compaesano del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. La mossa di Gualtieri e Rivera è insomma strategica, perché il Maeci (Ministero affari esteri e cooperazione internazionale) è sempre più centrale nelle politiche grilline. Rimettere Sace sotto il ministero dell'Economia significa andare a toccare Simest e quindi la Cdp di Fabrizio Palermo, dove proprio da qualche settimana Salzano ha ricevuto nuove deleghe che gli permettono un canale di dialogo diretto con la Farnesina. L'attivismo dei tecnici del Mef vicini al centrosinistra non si ferma qui. Era in programma ieri, come anticipato dalla Verità la scorsa settimana, una riunione per affrontare il capitolo delle ultime nomine da assegnare nelle partecipate statali. Ce ne sono ancora 365 da rinnovare o cambiare, tra collegi sindacali, amministratori unici e consigli di amministrazione. Ieri Rivera avrebbe dovuto sciogliere i nodi dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (Ipzs e di Consip, avamposti del Partito democratico). Invece la riunione è saltata per l'attivismo del viceministro grillino Laura Castelli. Rivera, a quanto pare, avrebbe voluto confermare il presidente Domenico Tudini e Paolo Aielli. Diversa la situazione di Consip, dove Cristiano Cannarsa aspetta di sapere il suo futuro con l'ombra della moglie Catia Tomasetti, presidente della Banca centrale di San Marino alle prese con un'inchiesta che ha toccato anche Sandro Gozi, ex sottosegretario agli Esteri del governo Renzi. Ora tra i grillini si discute di una riorganizzazion generale di Ipzs e della stessa Consip. Del resto se Aiello e Tudini venissero riconfermati, alla fine del loro mandato sarebbero rimasti in carica dieci anni. Ci sono poi trattative nel settore ferroviario. L'ex Anas Ugo Dibennardo è sempre più vicino all'incarico in Rfi ma il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, non sarebbe della stessa idea, in attesa del parere vincolante dell'amministratore delegato di Fs, Gianfranco Battisti.
Zohran Mamdani (Ansa)
Dalle politiche sociali ai limiti dell’esproprio alla città come «santuario» per i gay Mamdani rappresenta la radicalizzazione dei dem. Ma anche una bella grana
Da più parti, la vittoria di Zohran Mamdani alle elezioni municipali di New York City è stata descritta (se non addirittura salutata) come uno «schiaffo» a Donald Trump. Ora, a prima vista, le cose sembrerebbero stare effettivamente così: il prossimo primo cittadino della Grande Mela, che entrerà in carica a gennaio, sembra quanto di più lontano possa esserci dal presidente americano. Tanto che, alla vigilia del voto, lo stesso Trump aveva dato il proprio endorsement al suo principale sfidante: il candidato indipendente, nonché ex governatore dem dello Stato di New York, Andrew Cuomo.
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.






