2024-03-28
Il 42% degli italiani con redditi bassi ha dovuto rinunciare a curarsi
Pierpaolo Sileri (Imagoeconomica)
Aiop: il 37% dei cittadini ha eliminato altre uscite per poter accedere alla sanità privata.«Il 51,6% degli italiani sceglie di fare una prestazione nella sanità a pagamento, senza nemmeno provare a prenotare nel pubblico», sapendo di impattare in liste d’attesa inaccettabili. È questo uno dei dati più sconfortanti che emerge dal 21° rapporto Ospedali & Salute, promosso dall’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) e realizzato in collaborazione con il Censis. Presentato ieri, ha evidenziato come, ogni 100 tentativi di prenotazione nel Servizio sanitario nazionale, finiscono nella sanità a pagamento «il 41,5% delle visite specialistiche, il 33,6% degli accertamenti diagnostici, il 55,4% delle prestazioni di riabilitazione, il 21,7% delle analisi di laboratorio e il 42% dei ricoveri ospedalieri ordinari programmati». Deve soprattutto preoccupare la quota significativa (34,4%) di persone a basso reddito che sono costrette a rivolgersi a prestazioni a pagamento per urgenza di controlli, visite, interventi. Il 40,6% di questa fascia di cittadini si è indirizzata direttamente al privato, consapevole dei tempi lunghi per liste d’attesa bloccate o chiuse. E ben il 50,4% di coloro che hanno un Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) inferiore ai 15.000 euro ha rinunciato ad altre spese per sostenere quelle sanitarie. In generale, il 36,9% degli italiani ha dovuto fare tagli per permettersi le cure. Quel che è peggio, però, è la quota consistente (42%) di persone con basso reddito che hanno procrastinato cure o sono state costrette a fare a meno di analisi, controlli, interventi chirurgici a pagamento perché non erano in grado di sostenerne i costi. Se consideriamo che in fascia alta solo il 14,7% ha dovuto rinunciare a curarsi; con reddito tra i 30.000 e i 50.000 l’ha fatto il 22,2%, e il 32,6% dei cittadini in fascia 15.000 -30.000 euro, è evidente che meno guadagni, meno possibilità hai di accedere a cure e assistenza che dovrebbero essere garantiti dal Ssn. «Effetto erosivo sulla ricchezza» e «regressività sociale» sono il risultato del depotenziamento decennale del Sistema sanitario nazionale, con drammatiche conseguenze sullo stato di salute delle fasce che dovrebbero risultare più protette secondo il nostro ordinamento.Già a dicembre il rapporto Censis aveva segnalato che per il 75,8% degli italiani è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie nella propria Regione, proprio per liste di attesa sempre più lunghe. E secondo le stime di Facile.it con il suo servizio Prestiti.it, segnalate lo scorso mese dalla Verità, sarebbe di oltre 1 miliardo di euro il valore dei prestiti chiesti nel 2023 dagli italiani che hanno dovuto indebitarsi per ottenere cure mediche.Il rapporto Crea sanità, centro di ricerca riconosciuto da Eurostat, Istat e ministero della Salute guidato da Orazio Schillaci, ha segnalato che le famiglie con problemi economici a causa delle spese sanitarie sono passate dal 4,7% nel 2019 al 5,2% nel 2020, per arrivare ora al 6,1%, percentuale che corrisponde a un 1,5 milioni di nuclei familiari. Per quanto riguarda la qualità del servizio pubblico a livello regionale, l’ultimo rapporto Aiop evidenzia che mentre solo il 9,4% dei residenti nel Nord Est la definisce insufficiente, al Sud e nelle Isole la percentuale sale al 35,2%. Ci sono grosse differenze nel livello delle strutture operanti a livello pubblico e privato tra Nord e Sud, con sorprendenti percentuali a seconda della specialità offerta. Per esempio, ci sono più centri pubblici di qualità bassa o molto bassa al Sud e nelle Isole nell’area del sistema cardiocircolatorio (16), nervoso (48) respiratorio (78) e osteomuscolare (52), in confronto a quelli privati che sono rispettivamente 8, 27, 21 e 20. Nella chirurgia generale e oncologica, l’eccellenza del pubblico è solo in 35 centri rispetto ai 49 privati, e di 47 rispetto a 63. La scelta del privato, dunque, in certe regioni è anche dettata da una migliore qualità offerta.