2024-07-04
Ignorata dai pm la pista dei servizi. E nelle carte il Pd è «stakeholder»
I magistrati che hanno ascoltato l’ex cronista Giorgio Carozzi non hanno ritenuto di approfondire ruolo e funzioni dello 007 che operava in chiave anti Spinelli-Aponte. I dem per gli inquirenti sono «portatori d’interesse».In economia è definito stakeholder il «portatore di interessi». E con questo termine, nel verbale di sommarie informazioni dell’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Roberto Tomasi, vengono definiti gli esponenti del Pd ligure. Siamo certi che gli elettori dem più idealisti non saranno soddisfatti per questo accostamento così materiale, ma è questo il sostantivo usato per definire i loro rappresentanti.I pm genovesi hanno convocato l’ad di Aspi come testimone nell’inchiesta che ha portato all’arresto del governatore della Liguria Giovanni Toti.Nell’occasione Tomasi ha dovuto rispondere a diverse domande su rapporti e incontri con Mauro Vianello, indagato per corruzione, interdetto dall’attività imprenditoriale e professionale e considerato una specie di kingmaker dem dentro al porto del capoluogo ligure.Vianello, patron della società Santa Barbara, specializzata nel settore della prevenzione degli incendi, è accusato di aver dato o promesso utilità a Paolo Emilio Signorini, già a capo dell’Autorità portuale, in cambio di favori come la nomina a presidente dell’Ente bacini (la società pubblica delle riparazioni navali) e l’aumento delle tariffe orarie per i suoi lavoratori.Il passaggio cruciale dell’interrogatorio è quello in cui a Tomasi viene chiesto delle sue riunioni con Vianello e con i principali collaboratori di quest’ultimo, sapientemente pescati tra i più importanti esponenti del Pd ligure (il segretario provinciale Simone D’Angelo, il responsabile Infrastrutture della segreteria nazionale, Alessandro Terrile, e l’ex responsabile Porti della segreteria provinciale, Davide Gaggero).La Verità a giugno aveva svelato che Vianello, mentre provava a fare affari con Aspi, aveva offerto i suoi buoni uffici per migliorare le relazioni tra l’azienda e il Pd, rapporti resi tesi dai disagi collegati agli infiniti cantieri autostradali.In un’intercettazione Vianello aveva anticipato a Signorini le sue intenzioni, in vista del meeting con l’ad di Aspi: «Dopo ci vediamo coi due segretari del partito […] ci troviamo anche con il segretario regionale (Valentina Ghio, oggi parlamentare, ndr) e provinciale (D’Angelo, ndr), li chiamo tutti a raccolta…».Tomasi con noi aveva confermato il doppio gioco di Vianello, da un lato manager pubblico dell’Ente bacini (incarico da cui è attualmente sospeso), dall’altra imprenditore privato con le giuste conoscenze da spendere.Tomasi ai magistrati ha spiegato: «È Signorini ad avermi chiesto un appuntamento, dicendomi che sarebbe venuto con un tale Vianello, che io non conoscevo e indicatomi come presidente di Ente bacini e come proprietario di Santa Barbara». Il meeting si tenne a Roma a fine giugno di due anni fa, nella sede di Autostrade.A verbale l’ad spiega ai pm che durante il pranzo si parlò dell’«allocazione delle attività produttive» destinate a cambiare sede in vista della costruzione del tunnel subportuale. Una questione che Vianello era titolato a seguire in veste di presidente di Eb.Ma nell’occasione si affrontarono anche questioni più personali: «Vianello mi disse di avere anche un’attività antincendio e si propose di lavorare con noi. […] Alla fine del nostro incontro, non avendo approfondito più di tanto l’argomento, gli consigliai di parlare con il direttore di tronco, l’ingegner Sapio, per i dettagli, cosa che effettivamente avvenne. Seppi successivamente dall’ingegnere che non avendo la Santa Barbara le caratteristiche necessarie non avevano concretizzato nulla, tanto che non parteciparono mai ad alcuna gara di Aspi». A questo punto Tomasi affronta il tema più interessante: «Durante l’incontro Vianello e Signorini mi consigliarono anche di aprire un dialogo riguardante la nostra attività cantieristica e di impatto sulla viabilità di Genova anche nel mondo dell’opposizione e non solo con le istituzioni». Traduzione: per non avere problemi con gli automobilisti liguri non dovete parlare solo con Comune e Regione in mano al centro-destra, ma anche con il Pd. «Accettai l’invito e l’incontro finì. Successivamente Signorini mi scrisse il 25 giugno per invitarmi a un incontro con Vianello e con alcuni “stakeholder” (ecco il termine inglese citato all’inizio dell’articolo, ndr), intendendo i rappresentanti del Partito democratico. Quindi ci siamo visti in Ente bacini con Vianello per poi andare a pranzo unitamente a D’Angelo, a Terrile di Ente bacini (ma anche, come abbiamo detto, collaboratore di Elly Schlein, ndr) e altre persone, oltre a Vianello e Signorini. Io spiegai l’importanza dei lavori che stavamo facendo e si chiuse il pranzo».Dalla versione sintetica del verbale non sembra che i pm siano rimasti particolarmente colpiti dalla storia degli stakeholder dem o abbiano approfondito gli argomenti affrontati a tavola.Eppure dalle intercettazioni emerge chiaramente come Vianello muovesse i dem come burattini, persino quando si trattava di incontrare il governatore Toti.In una conversazione con Signorini, mentre si lamenta di non ricevere la giusta attenzione, il presidente di Eb anticipa all’amico ciò che vuole far sapere al presidente: «Mica litigo. Gli dico: “Guarda sono venuto con il capo dell’opposizione (all’epoca probabilmente Terrile, ndr) giù a Roma quando hai fatto Cambiamo (il movimento politico di Toti, ndr)”». E aggiunge che «c’era una situazione di un certo tipo». Insomma i dirigenti dem vengono usati da Vianello come accompagnatori o figuranti per far colpo sull’interlocutore di turno.Vianello, anche grazie ai suoi contatti, avrebbe provato a formare un consorzio con Aspi per la realizzazione di un servizio antincendio in house. Progetto poi tramontato. Tomasi e l’imprenditore amico del Pd si videro l’ultima volta nell’autunno del 2022 a un incontro con Confindustria. Sempre senza concludere affari.Vianello riapparve sui radar di Aspi quando accusò pubblicamente, con un’intervista, l’azienda di Tomasi: «Ci criticava per una definizione tardiva sulla dislocazione delle aree produttive».Dalle nuove carte depositate agli atti emerge anche un’altra storia degna di nota che riguarda Vianello.Per giorni i media hanno rilanciato un’intercettazione di Toti con Signorini, ritenuta assai losca. Nella conversazione il governatore propone a Signorini un incontro in un locale nell’elegante quartiere di Albaro: «Se non piove ci mettiamo fuori […] c’è spazio, non ci rompe il cazzo nessuno e si può parlare… passano le macchine, c’è rumore di fondo». Secondo gli investigatori quelle parole evidenziano «la predilezione» di Toti per una location che «possa rendere meno agevole le intercettazioni».Ma se questa battuta è stata usata per giorni contro il governatore, nessuno ha mai scritto che quell’incontro all’aperto non si tenne. Il giorno dopo Toti e Signorini si videro in un ristorante del centro molto frequentato, situato proprio dietro alla Regione, e il presunto appuntamento carbonaro non fu un tête-à-tête, ma una riunione a cui partecipò proprio Vianello, l’uomo del Pd. In realtà nel ristorante si accomodarono per primi Signorini e Vianello. Toti si unì solo successivamente. Ma in una loro informativa gli investigatori, sospettosi, annotano che all’arrivo del governatore «i tre cambiavano il tavolo, precedentemente occupato dai primi due avventori per spostarsi in uno un po’ più interno».Un altro tema che non sembra appassionare gli inquirenti è il ruolo dei servizi segreti in questa storia.Il 4 giugno abbiamo rivelato che in alcune intercettazioni agli atti uno 007 del centro Aisi di Genova, con un passato da dipendente del colosso singaporiano Psa (società specializzata nella gestione delle banchine portuali), aveva provato a convincere l’ex giornalista del Secolo XIX Giorgio Carozzi, uno dei membri del comitato di gestione dell’Autorità portuale, il politburo dello scalo, a opporsi alla trentennale proroga della concessione del terminal Rinfuse a Gianluigi Aponte e Aldo Spinelli, in vista del cambio di destinazione d’uso. Aveva cercato di affossare pure la clausola che, in caso di mutamenti, doveva consentire la revoca unilaterale dell’affidamento.In pratica l’agente segreto voleva convincere Carozzi a fare una mossa che avrebbe favorito la vecchia azienda dello 007.Dalle intercettazioni emergono riunioni del giornalista in pensione con certe «persone corrette» legate alla barba finta e segnalate in una non meglio precisata «cena col capo».Autorevoli personaggi senza volto che in un qualche briefing hanno giudicato «quel tipo di delibera e quel tipo di clausola con dei profili di rischio».Ma chi erano questi signori che appartenevano a una specie di livello superiore e remavano contro la concessione? In che veste agiva lo 007? Come agente segreto o come ex dipendente della società concorrente di Spinelli e Aponte?I magistrati non sembrano molto interessati neanche a questo filone.Chiedono delucidazioni sulle accuse più dure di A. (che per esempio definì Signorini «telecomandato» e la succitata clausola «delinquenziale» e «da manette»), elencano le sue denunce, ma non chiedono a che titolo lo 007 intervenga.Domandano solo: «Chi è A.? Può spiegare le sue affermazioni e perché Signorini era teleguidato e da chi?».Carozzi riferisce il cognome dell’uomo, ma non spiega che questi lavora per i servizi segreti. Anzi non dà proprio nessun’altra informazione sul suo misterioso interlocutore. I magistrati si accontentano. Salvo elencare, nella domanda numero 50, ben tredici righe di considerazioni sfavorevoli dell’agente alla postilla della discordia: «A. le fornisce un parere estremamente negativo sulla clausola» commentano.Carozzi, mansueto, replica: «Avrei dovuto ascoltare più attentamente quello che diceva A.. Preciso che non ho competenze giuridiche».In conclusione il cronista in quiescenza (che ha reso diverse interviste, ma che a noi non ha voluto rispondere) votò a favore della proroga, anche se i motivi del cambio d’opinione, nel verbale, evaporano tra i «non ricordo» e i «non sapevo».
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