2020-09-16
Idea 5 stelle su Mps. Rifare la bad bank del Banco di Napoli in vita da 23 anni
I grillini per una gestione pubblica delle sofferenze. In Campania ci sono strascichi ancora oggi: una causa da 1 miliardo al Mef.Per i 5 stelle la bad bank è l'uovo di Colombo per risolvere il caso Mps, lasciarla nelle mani dello Stato piuttosto che svenderla o farne uno spezzatino alla mercé degli stranieri e farla diventare il polo aggregato di crediti deteriorati: in una recente intervista a Repubblica il senso dei grillini per Siena è stato illustrato dall'onorevole Carla Ruocco, presidente della commissione banche. «A mio avviso si potrebbero cedere le filiali e gli sportelli a uno o più soggetti nazionali, ad esempio alla Popolare di Bari per creare la Banca del Sud oppure ad altri istituti, per creare un terzo-quarto player nazionale e trasformare la restante parte di Mps in una bad bank nazionale fondendola anche con Amco», ha detto la Ruocco. Che considera la bad bank nazionale «indispensabile». Eppure in questi giorni proprio dal Sud arrivano notizie tutt'altro rassicuranti per la visione sistemica della Ruocco e dei suo fratelli al Mef. La Fondazione Banco di Napoli ha infatti avviato la causa contro il ministero dell'Economia per ottenere l'indennizzo sui crediti recuperati dell'antico istituto di credito campano di cui fino al 1996 era principale azionista. Che c'azzecca questa storia con Amco? La società controllata dal Tesoro fino al settembre 2019 si chiamava Sga. È nata nel 1997 come bad bank, appunto, del Banco di Napoli, che prima di essere acquistato da Sanpaolo Imi trasferì nella Società per la gestione di attività, creata appositamente, i crediti in sofferenza dando le azioni in pegno al ministero e affidando la vigilanza a Bankitalia. La società è diventata pubblica nel 2019, acquisita dal Mef dopo un cambio nel 2016 dell'oggetto sociale in società di intermediazione finanziaria. Da quel momento, la Sga perde la ragione principale per cui era nata, il recupero dei crediti difficili del Banco di Napoli, e allarga le sue attività al salvataggio di Veneto banca e Popolare di Vicenza. Infine, un anno fa, la Sga spa cambia anche oggetto sociale e nome diventando Amco (Asset management company).Ebbene, ora la Fondazione del Banco ha deciso di fare causa al Tesoro chiedendo un rimborso di 1 miliardo di euro come restituzione di parte dei fondi spesi nella liquidazione di quella che era considerata la banca del Mezzogiorno. La Fondazione ha depositato la citazione nei confronti del ministero dell'Economia il 9 settembre scorso. Sarà il tribunale di Napoli a dirimere una vicenda sulla quale il cda dell'ente ha deciso di concentrarsi per chiudere una partita cominciata nel 1996 e che portò alla scomparsa di molte piccole e medie imprese, ma anche alla sofferenza di migliaia di risparmiatori. Secondo un complesso lavoro di ricerca eseguito da un gruppo di professionisti, la Sga, che nel 1996 prese in carico i crediti del Banco di Napoli, valutati secondo le indicazioni della Banca d'Italia con criteri che la Commissione europea ha definito «particolarmente prudenti», fino al 2016 ha recuperato il 94% delle sofferenze e in quello stesso anno dispone di circa 720 milioni. Va inoltre ricordato che nella relazione annuale 2020 la Corte dei conti, nell'esaminare il bilancio della Sga oggi Amco, ha dato atto che le riserve rinvenienti dall'attività di recupero dei crediti del Banco di Napoli al 31 dicembre 2016 erano pari a circa 733 milioni. Alla svalutazione di quei crediti poi recuperati la Fondazione (socia al 69,4% del Banco) concorre con circa 3000 miliardi di lire, a fronte dei 2000 miliardi investiti dal ministero del Tesoro e dei 1.500 profusi dagli altri azionisti. In virtù di quella somma, che costò alla Fondazione l'azzeramento di tutto o quasi il patrimonio, oggi il cda chiede l'indennizzo rispetto ai crediti all'epoca considerati inesigibili e poi riscossi. Il 27 aprile scorso il presidente della Fondazione, Rossella Paliotto, ha scritto al Mef, al ministro Roberto Gualtieri, al capo di gabinetto del dicastero e al presidente di Amco. Ma la lettera che rivendica l'indennizzo non ha ricevuto risposta. Di qui la decisione di andare in tribunale. La bad bank del Tesoro che si è presa l'ultima zavorra di crediti deteriorati del Monte dei Paschi rischia di fare la stessa fine? Di certo, l'uscita dello Stato da Mps è complicata. E qualsiasi mossa è bloccata fino all'esito delle regionali. Il decreto che dovrebbe avviare la privatizzazione di Siena sarebbe fermo al ministero dello Sviluppo economico che deve dare il suo via libera insieme al Mef. Senza dimenticare che le Camere lavorano a ritmo ridotto, con i parlamentari in campagna elettorale in vista anche del referendum. Nel frattempo, l'ammontare delle sofferenze nette delle banche italiane è tornato ai livelli di settembre 2009. Il rapporto mensile dell'Abi segnala, infatti, un calo dello stock di sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) a 24,6 miliardi a luglio dai 31,9 miliardi di luglio 2019 e ai 39,9 miliardi di luglio. Rispetto al livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi), la riduzione è di oltre 64 miliardi e rappresenta un livello che ci riporta a settembre 2009.