I Grüne contro la riforma costituzionale per finanziare la Difesa. Mal di pancia anche dentro la stessa Cdu.
I Grüne contro la riforma costituzionale per finanziare la Difesa. Mal di pancia anche dentro la stessa Cdu.Germania sottosopra. Il partito dei Verdi ha annunciato che non sosterrà il pacchetto sul debito proposto dalla Cdu/Csu e dalla Spd. La co-leader del gruppo parlamentare Katharina Dröge ha detto ieri a Berlino che il voto dei parlamentari Verdi per la modifica costituzionale delle regole sul freno al debito sarà un «no». La notizia ha colto di sorpresa il cancelliere in pectore Friedrich Merz, il leader dei cristiano-democratici usciti vincitori dalle elezioni del 23 febbraio scorso che sta cercando di formare un governo con i socialdemocratici della Spd. I due partiti hanno diffuso la settimana scorsa una proposta congiunta per il rilancio dell’economia tedesca, che prevede un fondo per le infrastrutture da 500 miliardi e massicci investimenti nella difesa, per centinaia di miliardi. Questo però richiede una modifica alla legge fondamentale tedesca nella parte del freno al debito, tramite una vera e propria riforma costituzionale. Perché questa sia valida è necessario il sostegno di due terzi dei deputati in ciascuna delle due camere del parlamento, il Bundestag e il Bundesrat. Il problema è che nel nuovo Bundestag appena eletto la Cdu/Csu, la Spd e i Verdi non raggiungono la maggioranza qualificata richiesta, mancando di sette seggi. Alternative für Deutschland (AfD) e il partito di sinistra Left dispongono di una minoranza di blocco che impedisce una maggioranza dei due terzi dell’Assemblea. Gli stessi Verdi, per aggirare il problema, hanno inventato un escamotage: proporre l’emendamento costituzionale al Bundestag uscente, che sarà ancora in carica fino al 23 marzo e nel quale i tre partiti dispongono della maggioranza dei due terzi. Ma l’improvviso stop dato ieri dai Verdi manda a monte l’operazione e getta nello scompiglio Berlino. Ricordiamo che proprio sulla questione del freno al debito era caduto il governo uscente di Olaf Scholz, per la contrarietà dei liberali di Fdp, rimasti fuori dal nuovo Bundestag.Dröge ha affermato che il suo partito è pronto a negoziare una «vera» riforma del freno al debito, ma preferibilmente quando la nuova camera si riunirà dopo il 25 marzo. Questo complica molto il cammino di Merz verso il cancellierato, oltre che il piano tedesco di finanziare il potenziamento dell’esercito. Merz si è detto disponibile ad accontentare i Verdi su un paio di questioni, come l’inserimento del supporto militare all’Ucraina nel pacchetto su sicurezza e difesa, mentre nell’elenco dei progetti infrastrutturali rimarrebbero le iniziative sul green. Non è detto che questo basti. La co-leader del partito Franziska Brantner ha affermato che il suo partito non sosterrà la distribuzione di «regali elettorali». I Verdi, insomma, stanno alzando il prezzo del loro appoggio al maxipiano di finanziamento che prevede anche la riforma costituzionale. Tanto è vero che ieri in serata hanno lasciato intendere di essere pronti ad ulteriori colloqui con Cdu e Spd. Non è escluso che puntino a pretendere di entrare nel governo, anche se Merz ha già escluso in passato questa possibilità.I dubbi sono molti anche nelle fila della Cdu. Johannes Winkel, presidente della Junge Union, l’organizzazione giovanile del partito, ha chiesto modifiche al piano: «Immettere miliardi nel sistema non aiuta. L’apparato statale deve essere ridimensionato e il servizio militare obbligatorio dovrà arrivare, che lo si ritenga politicamente accettabile o meno».Freme l’opposizione, intanto. Alcuni deputati di Afd hanno presentato un ricorso urgente alla Corte costituzionale federale contro la convocazione del vecchio Bundestag, chiedendo di «vietare alla presidente del Bundestag, Baerbel Bas, di convocare sessioni straordinarie il 13 e il 19 marzo e di inserire mozioni di modifica costituzionale all’ordine del giorno delle sessioni del vecchio Parlamento». Anche Die Linke fa le barricate e, come Afd, ha inviato un ricorso urgente alla Corte di Karlsruhe per bloccare la convocazione straordinaria del vecchio Bundestag. La Linke ritiene che spetti al nuovo Parlamento decidere in merito al freno al debito. Alla notizia, l’euro ha sobbalzato un po’ per poi riprendersi, mentre l’indice azionario tedesco Dax ha reagito alla notizia con un indebolimento, segnando a -1,38% rispetto alla chiusura di venerdì. A influire sul calo anche due dati economici contrastanti. Il primo è quello sulla produzione industriale tedesca, che a gennaio ha registrato un aumento del 2% rispetto al mese precedente, ma è ancora in calo rispetto al gennaio del 2024. Il secondo dato è quello sulle esportazioni della Germania, che a gennaio sono diminuite del 2,5% attestandosi a 129,2 miliardi di euro, come annunciato ieri dall’Ufficio federale di statistica. A gennaio il saldo commerciale è risultato di 16 miliardi di euro, in calo rispetto ai 20,7 miliardi fatti registrare a dicembre 2024. Il piano di spesa pubblica viene considerato fondamentale per rilanciare l’economia tedesca, immersa in una persistente stagnazione. Considerato che gli investimenti netti in Germania negli ultimi vent’anni sono stati pari a zero, esistono ragioni per concordare con questa visione. L’aumento delle spese militari però non risponde a logiche di crescita, considerato che il moltiplicatore fiscale di questa spesa è basso, (poco sopra a 0,5) e che l’Europa importa dall’estero i due terzi del proprio fabbisogno di armamenti: il riarmo tedesco è legato al nuovo ruolo strategico che Berlino sta cercando per sé ed è bene tenerne conto.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






