2024-01-26
I «tifosi» della morte mettono all’indice il manifesto che può aiutare una mamma
In un ospedale di Firenze la furia ideologica censura il servizio di sostegno di Sos Vita.L’ideologia pro aborto a tutti i costi ha segnato un altro vergognoso primato: quello di non saper neppure leggere e capire ciò che è scritto in un italiano chiaro e semplice, che chiunque abbia fatto almeno la prima elementare ed è dotato di minimo buon senso è in grado di comprendere.È successo a Firenze, in un presidio ospedaliero dove si praticano interruzioni volontarie di gravidanza. Nella stanza di attesa è stata affissa una locandina con la seguente scritta: «Sei in difficoltà a causa di una gravidanza? Ti ascoltiamo». Più sotto, il contatto al quale rivolgersi qualora si decidesse di farlo, con il numero verde di «Sos Vita». Un invito di assoluto rispetto - che, come tutti gli inviti, si può accogliere o rifiutare -, in cui la parola «aborto» neppure compare, è bastato per scatenare la solita, scomposta furia ideologica pro aborto. Ben tre assessori regionali sono intervenuti sul direttore dell’Asl che ha immediatamente rimosso la locandina, con la seguente causale: «Le donne hanno il diritto di scegliere, il diritto di autodeterminarsi. Viviamo una fase storica in cui questa conquista, ottenuta e difesa grazie alle battaglie portate avanti da tantissime donne, viene di fatto continuamente messa in discussione. Sui diritti delle donne non si torna indietro. Bene approfondire quanto è accaduto e vigilare».Sfido chiunque a trovare in quel manifestino una sola virgola che metta in discussione il diritto di scelta. Anzi, semmai è vero proprio il contrario: è un appello alla libera scelta della mamma che lo legge, che può davvero scegliere se proseguire il percorso iniziato o rivolgersi, avendo magari qualche problema, a chi si offre di ascoltarla. Voglio ripeterlo: dove sta scritto che viene violato il diritto di libera scelta? È ora di dire basta alla menzogna che lavorare per salvare una vita vuol dire lavorare contro la donna e i suoi diritti. Oltretutto, un appello del genere è in perfetta linea di coerenza proprio con la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, dando concreta attuazione all’articolo 2 che indica come compito dei consultori il contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza».Dunque, non solo non c’è alcunché contra legem, ma proprio il contrario, pro legem. Ciò che - diciamolo chiaramente e senza menzogne - non è mai stato fatto, dal 1978 a oggi, da chi ne ha autorità e responsabilità. Il primo sintomo della malattia ideologica sta proprio nel fatto che si perde il semplice «buon senso»: il furore ideologico - proprio per la sua natura intollerante - non può accettare confronti razionali e civili che possano mettere in discussione il proprio diktat. Fra la possibilità di aiutare una mamma, che liberamente lo scelga, a portare a termine la sua gravidanza e chiudere invece ogni porta, lasciando aperta solo quella della scelta abortiva, dove sta la condotta laicamente, civilmente e democraticamente giusta? Questa domanda ne postula un’altra, ancora più cogente: che cosa perdono le donne, che cosa perde il nostro Paese, che cosa perde la civiltà del nostro popolo, se nasce un bimbo in più? Se aiutiamo una mamma e il suo bimbo, quale diritto viene violato o messo in discussione? Se di «dittatura» vogliamo parlare, questa non può che essere totalmente a carico di chi sceglie l’aborto a tutti i costi, sottraendosi a ogni confronto civile e politico, vietando anche il più piccolo spazio a misure che vadano nella direzione del rispetto del primo fondamentale diritto, il «diritto» alla vita.
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