2023-11-14
I sindacati si mettono fuorilegge
Elly Schlein e Maurizio Landini (Imagoeconomica)
Da anni i sindacati italiani sono i più belligeranti: bloccano per migliaia di ore la produzione senza ottenere nulla. La protesta più inutile è quella generale che non riguarda i turni in fabbrica, ma la politica del governo. Risultati? Salari sempre più poveri.Ho cominciato a fare il cronista seguendo i cortei sindacali. Era la metà degli anni Settanta, periodo di grandi vertenze, sfociato poi nel blocco davanti ai cancelli della Fiat. Così ho potuto constatare di persona a che cosa servissero certi scioperi e le tante manifestazioni indette da Cgil, Cisl e Uil. Ad esempio, mi è capitato di vedere occupare per mesi fabbriche che neppure con un miracolo avrebbero restituito il posto di lavoro a chi lo aveva perso. E ricordo perfettamente i blocchi di strade e binari con bandiere e striscioni. Cosa c’entrassero gli automobilisti o i viaggiatori di un treno con la protesta di cento o duecento operai spalleggiati dalle organizzazioni confederali non l’ho mai capito. Sì, mi sono bastati quegli anni al seguito di operai e impiegati coinvolti in processi di ristrutturazione aziendale per comprendere quanto fosse antiquata e poco efficace la lotta sindacale. Sebbene a quei tempi lo slogan in vigore fra i funzionari di Cgil, Cisl e Uil fosse «un minuto più del padrone», già allora era evidente che certe proteste non avevano alcun senso e, soprattutto, rischiavano di essere controproducenti, sia per i lavoratori che reclamavano il salario, sia per altri che si vedevano impedita la possibilità di consegnare le proprie merci o di raggiungere l’azienda presso cui erano impiegati a causa di uno sciopero. È passato quasi mezzo secolo da allora, tuttavia i vertici sindacali non paiono aver cambiato le loro abitudini e anche le loro modalità di lotta. Oggi come allora, Cgil, Cisl e Uil adottano gli stessi cliché, ben sapendo che astenersi per un’ora o un giorno dal lavoro non serve a nulla, se non a far perdere una parte di stipendio alle persone che il sindacato avrebbe il compito di tutelare. La protesta più inutile, tuttavia, resta quella del cosiddetto sciopero generale. Infatti, mentre incrociare le braccia in azienda può avere come obiettivo la volontà di fare pressione su un imprenditore che non è disposto a concedere un aumento, bloccare per mezza o per un’intera giornata un Paese che senso ha? La protesta è indirizzata contro il governo, ma a pagarne le conseguenze non è l’esecutivo, bensì i lavoratori che restano senza stipendio e gli industriali che sono costretti a fermare la produzione. Si potrebbe pensare che si colpisca l’azienda per costringere Palazzo Chigi a cambiare, un po’ come parlare a nuora perché suocera intenda. Ma da anni si è capito che il blocco è un’arma spuntata, che crea più disagi ai comuni cittadini che ai ministri. Peraltro, oggi non siamo più negli anni Settanta, quando il sindacato rappresentava nel bene e nel male la maggioranza dei lavoratori. Ora gli iscritti a Cgil, Cisl e Uil sono un terzo dei dipendenti e anche su questo 30% c’è qualche dubbio, dato che secondo alcuni ricercatori si arriva a poco più del venti. Se poi si considera che la metà o forse più degli iscritti è in pensione e porta in tasca una tessera per la sola ragione che i patronati si occupano della dichiarazione dei redditi dei lavoratori che percepiscono l’assegno previdenziale, si comprende che l’arma dello sciopero generale non solo è spuntata, ma è una pistola ad acqua. Neanche gli stessi sindacalisti ormai credono più che andare in piazza contro il governo, minacciando di bloccare il Paese, serva a qualche cosa. E infatti, non a caso mettono la giornata per incrociare le braccia al venerdì, ottenendo di allungare il weekend così da convincere il maggior numero di persone ad astenersi dal lavoro. Ovviamente, a un certo numero di dipendenti può far piacere un fine settimana più lungo del solito ma poi, aver perso una giornata di lavoro e dunque il relativo stipendio, servirà a qualche cosa? La risposta è no. Anche se il resto d’Italia, quella che lavora, è stato costretto a fare i conti con un certo numero di disagi, a causa del blocco dei mezzi pubblici, alla fine non mi risulta che alcun governo abbia cambiato idea per una protesta sindacale. Sergio Cofferati contro Berlusconi portò in piazza tre milioni di persone, ma la manovra contestata dalla Cgil entrò in vigore ugualmente. Peraltro, nonostante l’alta percentuale di iscritti (in Germania solo il 15% dei lavoratori ha in tasca una tessera sindacale) e l’altissimo numero di conflitti (ogni anno viene proclamata una media di oltre duemila scioperi, molti dei quali nel settore trasporti), i redditi percepiti sono i più bassi d’Europa. Urge dunque una riflessione. Com’è possibile che con il sindacato più forte e più belligerante del continente, gli italiani abbiano gli stipendi più poveri? Forse, è il ruolo di Cgil, Cisl e Uil che dev’essere cambiato. Magari insieme all’arma spuntata dello sciopero.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)
L'ad di Eni Claudio Descalzi (Ansa)