
L'iniqua proposta di legge vuole imporre la teoria delle identità di genere variabili e fluide. Nulla a che vedere con il contrasto all'omotransfobia. Tant'è che la violenza maggiore è quella verso chi manifesta il proprio dissenso a questa norma liberticida. «Lotta dura, senza paura» era lo slogan del Movimento studentesco negli anni Settanta. A cinquanta anni di distanza è necessario ripescare queste parole perché forse mai come in questi giorni si sta combattendo una battaglia di democrazia e libertà. Il testo unificato Zan è un vero e proprio attentato alla libertà di pensiero e, quindi, ai fondamenti stessi della civiltà democratica. L'imposizione di un pensiero unico su temi eticamente sensibili come la libertà di espressione, di educazione, di credo religioso ha tutti i connotati di una manovra che ha tanto il sapore di una dittatura che non può tollerare dissensi a quanto il regime ha deciso d'imporre, brandendo nientemeno che il codice penale per uniformare le coscienze e le menti. Come ebbe a dire Giovanni Maria Flick - presidente emerito della Corte costituzionale - quando uno stato ricorre al codice penale per modificare l'assetto sociale di un popolo, si tratta di un novello «olio di ricino» di tragica memoria.Il confronto serrato, nelle istituzioni e nelle piazze, di questi giorni ne è una drammatica conferma. Ogni giorno siamo spettatori di fatti di inaccettabile violenza - per ora verbale, ma domani chissà - verso chi non si allinea e non piega la testa all'imposizione della teoria delle identità di genere variabili e fluide, che costituiscono il vero scopo di questa iniqua proposta di legge. Non a caso è prevista una campagna di educazione ad hoc nelle scuole di ogni ordine e grado, come ha dichiarato sul Web lo stesso Alessandro Zan: «È stato snellito l'articolo riguardante la Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia pur rimanendo intatto il suo contenuto, anche per quel che riguarda lo svolgimento di iniziative negli istituti scolastici». Tradotto in quel semplice linguaggio proprio della gente comune, che non si vuole utilizzare perché si ha paura della verità e si è sposata la causa della menzogna sistematica, significa indottrinamento dei nostri bambini, ragazzi e giovani, secondo i canoni dell'ideologia di genere che tanto efficacemente papa Francesco ha definito uno «sbaglio della mente umana». Restando nel pratico, una bimba o un bimbo deve essere «educata/o» a scegliere per sé un'identità slegata dalla sua sessuazione femminile, approdando ad un genere fluido, mutevole, prodotto da una confusa percezione di sé di cui è addirittura impossibile definire le caratteristiche. Si è giunti al punto che perfino il linguaggio deve essere modificato: non più femmine, ma persone che hanno le mestruazioni! Questa è la vera posta in gioco, altro che contrasto alla violenza verso persone omo-transessuali che hanno diritto - lo ripetiamo per l'ennesima volta - hanno diritto, come tutti i cittadini, ad essere rispettate nella loro dignità e onorabilità. Penso che tutti abbiamo assistito ai veri slogan d'odio, con ingiurie, minacce e perfino bestemmie, rivolti in decine di piazze italiane verso liberi cittadini - in silenzio, immobili, ordinati, con un libro o un rosario in mano - hanno manifestato il proprio forte dissenso a questa legge liberticida. Le forze dell'ordine - a loro volta fatte oggetto delle imprecazioni più varie - poste a scudo di chi stava commettendo il «crimine» di avere un'opinione diversa. Abbiamo sentito scandire lo slogan «L'odio non è un'opinione». Siamo proprio d'accordo, l'odio sono fatti, azioni concrete di intolleranza, sopraffazione ed ingiuria come quelle che gli occhi di tutti hanno visto nelle nostre piazze. Se tutto ciò accade oggi, in assenza di questa legge illiberale, è facile prevedere che cosa accadrà domani, quando il bavaglio alla libertà democratica sarà garantito a colpi di codice penale! Perfino un incontro di preghiera con l'invocazione alla Santa Vergine, madre della famiglia, nel chiuso di una chiesa, viene trasformato in un'adunata sediziosa da disperdere con tanto di schedatura dei fedeli presenti. Ripeto, questo è il vero clima d'odio che il pensiero unico sta promuovendo e alimentando. Ora il testo unico è sotto i riflettori della commissione Affari costituzionali, che chiede di riscriverlo a causa delle inaccettabili lacune che esso contiene in ordine alla definizione di «clausola salva idee», «condotte discriminatorie» e l'estrema genericità dell'utilizzo di categorie come identità di genere e orientamento sessuale (ma lunedì prossimo il testo approderà comunque alla Camera). A prescindere dall'assurdo giuridico di una legge che dichiara di «consentire» la libertà di espressione e di pensiero - libertà che la Costituzione riconosce, afferma e tutela - resta pesante come un macigno l'affermazione di una senatrice M5s, che si rammarica di non vedere espresso il «reato di propaganda», ma si sente confortata dall'aver inserito il «reato di incitamento all'odio», perché così «prendiamo dentro tutto». E, se stiamo ai fatti che stanno accadendo, chi oserà credere che «rispettare la dignità di un bambino significa affermare la sua necessità e il suo diritto naturale ad avere una madre e un padre» (papa Francesco, Amoris laetitia, 172), magari standosene muto in mezzo a una piazza, verrà querelato per istigazione all'odio. Questa è la posta in gioco. Ognuno giudichi da che parte sta l'odio. #restiamoliberi.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






