
Le scarcerazioni decise dal tribunale del Riesame alla fine dell’estate non hanno chiuso l’inchiesta sull’urbanistica milanese. Anzi. Il sequestro del cantiere di via Anfiteatro 7, nel cuore di Brera, mostra che l’indagine è entrata in una nuova fase. Meno centrata sui singoli episodi, ma più concentrata sui meccanismi amministrativi che hanno governato la trasformazione del centro storico negli anni delle giunte guidate da Giuseppe Sala.
Nel centro di Milano il mattone vale oro. Tra Brera, via Anfiteatro e via della Zecca le quotazioni superano stabilmente i 15.000 euro al metro quadro. Nei casi più ambiti, per nuove costruzioni o interventi di pregio, si arriva a 20.000 euro. È qui che si concentrano gli affari immobiliari più redditizi della città. Ed è qui che, secondo la Procura, per anni ha preso forma un meccanismo parallelo capace di orientare pratiche e interpretazioni urbanistiche.
Il sequestro di via Anfiteatro va letto in questa chiave, non come un singolo abuso, ma come la spia di un sistema. Un circuito informale che avrebbe coinvolto dirigenti comunali, funzionari, progettisti e organismi tecnici.
Un assetto che, scrive il gip Mattia Fiorentini, avrebbe consentito di aggirare le regole del centro storico senza modificarle apertamente.
Le carte descrivono una rete di relazioni consolidate. Al centro compare Giovanni Oggioni, storico dirigente dell’edilizia comunale, protagonista anche del passaggio dal vecchio Prg al Pgt tra il 2010 e il 2012. Attorno a lui si muovono Marco Emilio Maria Cerri, progettista di riferimento per grandi operazioni immobiliari, Andrea Viaroli, funzionario del Sue, e Carla Barone, dirigente dello stesso settore. Per il giudice non si tratta di coincidenze. Ma dell’esistenza di un ufficio parallelo, capace di incidere sugli iter amministrativi.
Lo snodo è la determina dirigenziale 65 del 2018, adottata durante la giunta Sala. Un atto tecnico, mai discusso in Giunta o in Consiglio, ma centrale. Secondo il decreto di sequestro, quella determina consente di sostituire il piano attuativo con una semplice Scia anche nel centro storico. Un passaggio che riduce i controlli e accorcia i tempi. Proprio nelle aree dove le tutele dovrebbero essere massime.
Il piano attuativo non è una formalità. Serve a valutare l’impatto complessivo degli interventi: volumi, altezze, distanze, standard, servizi, carico urbanistico. Evitarlo significa rendere più agevoli operazioni più grandi e più redditizie. Accade nelle zone B2 e B12, nate per il recupero dell’esistente e la tutela del tessuto storico, non per l’aumento delle volumetrie.
Tra i documenti interni e riservati conservati da Oggioni compaiono anche materiali relativi alla torre di via Stresa, un’altra operazione immobiliare riconducibile alla famiglia Rusconi, già coinvolta nel progetto di via Anfiteatro. Un collegamento che, per gli inquirenti, conferma la ricorrenza degli stessi operatori e delle stesse prassi.
Secondo il gip, parte di questi file sarebbe stata occultata. Dopo il 7 novembre 2024, quando Oggioni riceve la notifica del sequestro dei dispositivi elettronici, alcuni documenti vengono cancellati. Il decreto parla apertamente di depistaggio. Un passaggio che sposta il baricentro dell’indagine: non solo irregolarità urbanistiche, ma interferenze sul corretto svolgimento delle indagini.
Il perimetro non si ferma a via Anfiteatro. Le indagini toccano anche via Zecca Vecchia e in un’informativa compare anche per Largo Claudio Treves, sempre nel quartiere Brera. Qui il progetto promosso da Stella R.E., dopo l’acquisto dell’immobile comunale nel 2021, prevede un nuovo edificio residenziale di nove piani. L’operazione si inserisce in uno dei filoni centrali dell’indagine della Procura, quello sulla dismissione del patrimonio pubblico nel centro storico. Lo stesso immobile è stato ceduto dal Comune all’asta per una cifra che tocca i 50 milioni di euro. Nelle carte il progetto viene discusso anche da Giuseppe Marinoni e Giancarlo Tancredi: l’ex assessore spera non ci siano intoppi.






