2022-05-24
I russi al lavoro sul piano italiano per la pace
Luigi Di Maio e Sergei Lavrov (Ansa)
Il Cremlino passa al vaglio il memorandum messo a punto dalla Farnesina: «Lo stiamo studiando, poi faremo una valutazione». Irritazione di Kiev contro Parigi e Berlino, che hanno frenato sull’adesione dell’Ucraina alla Ue. Volodymyr Zelensky si lega alla Polonia.Il piano italiano di lavoro per la pace in Ucraina, presentato dal ministro degli esteri Luigi Di Maio all’Onu, è all’attenzione del governo russo. Intanto, Kiev chiede un iter di adesione all’Unione europea rapido, critica la Francia e la Germania che parlano di molti anni per completare la procedura, mentre la Polonia stringe sempre di più i rapporti con l’Ucraina. Mosca dunque sta studiando il piano in quattro punti elaborato da Di Maio: «Il piano non viene discusso tra Russia e Italia», dice il viceministro degli Esteri russo, Andrey Rudenko, «l’abbiamo ricevuto di recente. Lo stiamo studiando. Quando avremo finito di analizzarlo, forniremo una valutazione». I quattro punti del piano, ricordiamolo, sono il cessate il fuoco, la neutralità dell’Ucraina, le questioni territoriali (con particolare riferimento a Crimea e Donbass) e un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. Il documento, ha spiegato Di Maio, è stato «messo a punto dal corpo diplomatico italiano in stretto coordinamento con Palazzo Chigi e condiviso con gli sherpa del G7. L’obiettivo è lavorare passo dopo passo, fare in modo che si parta dal lavoro sulle tregue localizzate, le evacuazioni di civili, i corridoi umanitari sicuri», ha aggiunto Di Maio, «per poi salire di livello con un cessate il fuoco generale e un accordo per una pace duratura». Il documento è stato oggetto di un colloquio tra Di Maio e il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, la scorsa settimana, a New York. «So che si è discusso del piano italiano», commenta la viceministra degli Esteri Ucraina, Emine Dzhaparova, ieri a Roma, «accogliamo con favore qualsiasi iniziativa che possa portare la pace. Qualsiasi piano che possa prevedere confini diversi da quelli attuali, qualsiasi piano di pace che non preveda la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina», aggiunge la Dzhaparova, «non è un piano sostenibile». «Il piano presentato», dicono alla Verità fonti della Farnesina, «è un punto di partenza, l’importante è iniziare a discutere di pace». A proposito di colloqui di pace: «Non è nostra l’iniziativa di congelare i negoziati in corso», aggiunge Rudenko, «e mettere tutto in pausa. Saremo pronti a tornare a negoziare non appena l’Ucraina mostrerà una posizione costruttiva e fornirà almeno una reazione alle proposte che le sono state presentate». Sempre tesi i rapporti tra Kiev da un lato e Berlino e Parigi dall’altro. La scorsa settimana il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto, parlando al Bundestag, di non essere favorevole ad una procedura più rapida rispetto a quella standard per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea: «Che non ci sia alcuna scorciatoia per l’Ucraina», ha sottolineato Scholz, «è anche una questione di lealtà nei confronti dei sei Paesi dei Balcani occidentali. L’Ucraina appartiene alla famiglia europea», ha aggiunto Scholz, «ma l’ingresso in Europa non è una questione di alcuni mesi o di alcuni anni». Il riferimento di Scholz è a Serbia, Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia del Nord e Bosnia-Erzegovina, che non fanno ancora parta della Ue. L’altro ieri è stato il nuovo ministro francese per gli Affari Europei, Clement Beaune, a ribadire il concetto: «Bisogna essere onesti», ha detto Beaune, «se si dice che l’Ucraina entrerà nell’Unione Europea in 6 mesi, 1 anno o 2 anni, si mente. Non è vero, probabilmente tra 15 o 20 anni, ci vuole tanto tempo». A Kiev la pensano in maniera diversa: il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko, dice all’Ukrayinska Pravda che l’Ucraina insiste per ricevere lo status di candidato Ue a giugno: «Oggi», sottolinea Nikolenko, «l’Ucraina è l’unico posto in Europa in cui le persone difendono i valori europei a costo della propria vita. Lo status di candidato sarà un segnale importante per gli ucraini che l’Europa apprezza e rispetta i loro sforzi». «Quando si mandano messaggi sui tempi e le date», sottolinea da parte sua la Dzhaparova, «sembra che si voglia chiudere la porta alla nostra adesione: non lo trovo corretto. La mia nazione non è un ladro che cerca una scorciatoia per entrare in Ue, lo stiamo facendo dal 2014, stiamo facendo del nostro meglio». Si stringe sempre di più, invece, il rapporto tra L’Ucraina e la Polonia. Lo scorso 5 maggio, lo ricordiamo, il presidente polacco Andrzej Duda ha detto: «Non ci saranno più frontiere tra i nostri due paesi, Polonia e Ucraina». La scorsa notte il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha annunciato uno «storico» accordo con Varsavia, sottolineando che «l’unità di ucraini e polacchi è una costante che nessuno spezzerà. È stata raggiunta una soluzione che sta rivoluzionando l’ordine al nostro confine. Stiamo introducendo un controllo doganale congiunto con la Polonia. È l’inizio», ha aggiunto Zelensky, «della nostra integrazione nello spazio doganale comune dell’Unione europea». «Le nostre nazioni», ha sottolineato Zelensky partecipando a una riunione del parlamento ucraino insieme a Duda, «sono sorelle. Siamo parenti. E non dovrebbero esserci confini o barriere tra di noi».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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