
In soli 10 mesi ben 1.400 persone che godono di protezione internazionale sono rientrate in patria e poi sono tornate qui. Ma non erano perseguitati? Il Viminale vuol dare un giro di vite. E anche l'Europa sta indagando. Noi li accogliamo perché giurano che nel loro Paese sono in pericolo di vita. E loro, appena ottenuto il permesso di soggiorno, che fanno? Tornano a farsi le vacanze nel Paese da cui sono fuggiti. Cioè proprio nel Paese che, in teoria, li avrebbe messi in pericolo di vita. Quello che, sempre in teoria, li avrebbe, costretti a emigrare. Che ci volete fare? La mamma è sempre la mamma. E la nostalgia di casa non si può esaurire sull'onda della tessera telefonica, pagata per altro dai contribuenti italiani. Ma il dubbio resta: se la patria è abbastanza confortevole per andarci in vacanza, perché non dovrebbe esserlo per restarci anche quando la vacanza è finita? Negli ultimi tempi il ministero dell'Interno ha registrato un fenomeno strano. In netto rialzo. Come la azioni della Juve dopo l'acquisto di Cristiano Ronaldo. Come le temperature all'ora del solleone. Aumenta, cioè, il numero degli stranieri titolari di protezione internazionale che, dopo aver ottenuto il visto in Italia, prendono l'aereo, salutano tutti e tornano in patria per un «periodo di tempo significativo». Per questo due giorni fa da Innsbruck il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha sollevato il problema: «Basta con i profughi vacanzieri», ha detto. Oggi La Verità è in grado di rivelarvi anche i dati del fenomeno: si tratta da settembre a oggi di 1.400 persone. Proprio così 1.400 persone fra quelle regolarmente accolte come «profughi», che ritornano a far visita al Paese dal quale li stiamo proteggendo. La media è di 5 al giorno, ma come dicevamo in crescita. Si tratta soprattutto di afghani e di pakistani. I quali evidentemente si sentono molto minacciati nelle loro terre, ma, evidentemente, solo quando devono firmare la richiesta d'asilo. Non quando, invece, si organizzano il viaggio vacanza per tornare da mamma e papà. Va detto che il problema non è soltanto italiano. Tanto è vero che la Commissione europea ha già avviato un tavolo di discussione, a cui partecipa anche l'Italia, per affrontare questo tema. E per studiare le misure in grado di arginarlo. L'idea è quella di fissare dei tetti: un periodo di tempo minimo, passato il quale la protezione internazionale viene automaticamente revocata. Per esempio: rientri a casa tua tre giorni? Non perdi il diritto d'asilo. Rientri due mesi? Automaticamente ti salta. Ma non sono esclusi interventi anche più radicali. Perché, in effetti, non può non sembrare strano che un profugo rientri anche solo per un giorno di vacanza nel Paese da cui è fuggito per salvarsi la vita. Sempre che di vero profugo si tratti, ovviamente. Il sospetto, infatti, è proprio quello: se uno va a fare la vacanza a casa sua, cioè nel Paese da cui è fuggito, sarà davvero un profugo? O ci ha raccontato balle? Non è che, magari, sta approfittando della nostra accoglienza (per altro, a discapito di chi ne avrebbe diritto davvero)? Non è che, dopo i falsi invalidi, dovremo cominciare a raccontare l'epopea dei falsi profughi, che fingono di fuggire guerra e carestia soltanto per vivere a sbafo alle nostre spalle? E come li chiameremo? I furbetti del visto? I predatori dell'asilo perduto? Il fenomeno, come dicevamo, è europeo. I primi a scoprirlo sono stati, tre anni fa, gli svizzeri. Lo scandalo dei profughi eritrei che si facevano il viaggetto per tornare a casa in occasione della festa nazionale di Asmara divenne un caso nazionale. Il ministro della Giustizia fu costretto a presentarsi in Parlamento per dare spiegazioni sulla politica dei visti. L'anno successivo, nel settembre 2016, lo scandalo si è ripetuto in Germania, in seguito a un'inchiesta del quotidiano Die Welt, che rivelò l'esistenza di ritorni sospetti per vacanze in Libano, Siria e Afghanistan. Il ministro per le Migrazioni confermò il problema, ma senza fornire numeri precisi. E senza prendere ulteriori provvedimenti. Ora invece in Italia, per la prima volta, i numeri ci sono. E sono tutt'altro che irrilevanti. 1.400 profughi vacanzieri in dieci mesi non sono affatto pochi anche perché stiamo parlando, per l'appunto, di profughi, cioè di rifugiati, cioè di coloro che hanno ottenuto il permesso di soggiorno, che come sappiamo sono una minima parte degli immigrati arrivati in Italia. Ora sospetto si aggiunge a sospetto: non è che una parte di questi permessi sono stati concessi con troppa generosità? Ovviamente nessun italiano ha dubbi nel fatto che bisogna accogliere e proteggere chi fugge da una guerra. Ma se uno fugge da una guerra, evidentemente, una volta ottenuta la protezione se ne sta al sicuro in Italia. Nel cantuccio. Al calduccio. Non torna indietro. Non va in vacanza in mezzo alle bombe e alle mitragliatrici. Se lo fa, evidentemente, non sta scappando dalla guerra. Dunque non è un profugo. Dunque che lo accogliamo a fare?
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
True
iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






