2021-05-10
I pro Zan escono allo scoperto. Il ddl serve per l’utero in affitto
La manifestazione dei Sentinelli dimostra che per le restrizioni anti Covid c'è piazza e piazza e svela il vero obiettivo del disegno di legge: autodeterminazione di genere, fecondazione artificiale e gestazione assistita. Dobbiamo sentitamente ringraziare Alessandro Zan del Pd e i numerosi sostenitori del suo ddl (ben 8.000, secondo le stime giornalistiche) che si sono riuniti sabato a Milano. Grazie a loro abbiamo la conferma di idee che già ci frullavano per la testa, e di cui ora abbiamo prova inconfutabile. Tanto per cominciare abbiamo scoperto che è possibile organizzare una manifestazione pubblica con migliaia di persone presenti senza provocare un olocausto virale. Sui giornali di ieri, infatti, non si è letto mezzo commento allarmato. «Tanti, tantissimi, ma non troppi come temeva qualcuno», scriveva La Stampa. Repubblica parlava di «Folla colorata e distanziata». Secco il Corriere della Sera: «In migliaia per il ddl Zan». Entusiasta Il Manifesto: «Milano, è qui la festa». Certo, c'era chi si abbracciava e baciava senza mascherina, ma si suppone che si trattasse di «congiunti». In ogni caso, anche gli allarmisti di professione confermano che si possono gestire i bagni di folla, quindi ci aspettiamo che da oggi in poi la possibilità di riunirsi valga per tutti, e non soltanto per chi scende in strada a sostenere cause gradite alla sinistra. A meno che non si voglia sostenere che siano immuni soltanto i progressisti: in quel caso ci inchiniamo a «Lascienza» e invitiamo Figliuolo e soci a smetterla con la campagna vaccinale per iniziare subito una campagna di tesseramento del Pd. Riflessioni virali a parte, c'è un altro particolare niente affatto secondario che la piazza milanese ha contribuito a chiarire oltre ogni ragionevole dubbio. I sostenitori del ddl Zan, a cominciare da Zan medesimo, ripetono da mesi che il progetto di legge va subito approvato perché in gioco c'è la tutela dei più deboli. «Questa non è una legge sulle minoranze ma contro i crimini di odio», ha detto il parlamentare democratico dal palco. «Viviamo ancora in una società intrisa di odio, pregiudizi e discriminazioni, per questo è importante dare una tutela». Ecco, questa è la versione ufficiale. Ma se così fosse davvero, le associazioni Lgbt non dovrebbero avere problemi ad approvare il ddl proposto dal centrodestra che, appunto, istituisce aggravanti per le violenze contro i più deboli. E invece i nostri cari attivisti arcobaleno rifiutano con stizza la proposta. Perché mai? Perché le cose non stanno proprio come dice Zan. Noi lo scriviamo da tempo, ma sabato è stata l'adunata milanese a dimostrarlo. Marina Terragni, in un articolo pubblicato sulla sua rivista online Feministpost.it, ha ripreso l'intervento alla kermesse pro Zan di Marilena Grassadonia, »già presidente di Famiglie Arcobaleno e da qualche settimana responsabile nazionale Diritti e libertà per le politiche contro la discriminazione di Sinistra italiana». Con notevole entusiasmo, la Grassadonia ha spiegato che «la legge Zan è una legge di prospettiva che guarda al futuro». E che cosa significa guardare al futuro? Significa che serve ad aprire la strada ad altre piacevoli novità. Secondo la Grassadonia, ad esempio, bisogna intervenire sulla «legge 40, che lascia indietro le donne single che non possono accedere a fecondazione assistita». E questo è solo l'antipasto: «Vogliamo la revisione della legge 164/82 ormai antica sui percorsi di transizione», ha gridato l'attivista. «Vogliamo una stagione dei diritti in cui si parli di Pma (procreazione medicalmente assistita, ndr) e di Gpa (gestazione per altri, cioè utero in affitto, ndr), e il riconoscimento dei figli e delle figlie delle famiglie arcobaleno. Il ddl Zan è solo l'inizio». Tutto chiaro? Il ddl Zan serve a preparare le basi. Serve a zittire chi critica l'agenda politica arcobaleno, e a stabilire che certe rivendicazioni sono «diritti inalienabili». Il resto seguirà a ruota. Dopo tutto, se c'è una legge che punisce la discriminazione in base alla «identità di genere», come si potrà negare a un uomo che si ritiene donna di dichiararsi tale e di pretendere riconoscimento istituzionale? Se non possono esistere differenze basate sull'orientamento sessuale, pensate davvero che si potrà evitare a lungo di riconoscere i «figli arcobaleno»? Esistono già sentenze che hanno preparato il terreno, l'obiettivo è a un passo. La Grassadonia, durante il raduno milanese, lo ha detto con estrema chiarezza e per questo le siamo grati: almeno ha svelato l'altarino. In realtà siamo molto più grati a Marina Terragni, sempre pronta a notare le sottigliezze degli attivisti Lgbt. Il rischio concreto, purtroppo, è che la Terragni non possa più assolvere alla sua funzione di coscienza critica, poiché il ddl Zan glielo impedirebbe. Già oggi riceve minacce (anche di morte) e insulti. Gli attivisti arcobaleno la considerano una Terf (femminista radicale trans escludente), cioè una che «discrimina». Se il famigerato ddl diventasse legge, non ci metterebbero un minuto a seppellirla sotto le azioni legali. Autodeterminazione di genere, fecondazione artificiale, utero in affitto: ecco che cosa vogliono davvero. A Milano, sabato, lo hanno dichiarato esplicitamente. Per farlo hanno scelto pure un momento simbolico. Ieri, è noto, era la festa della mamma. E in effetti i movimenti Lgbt alle mamme vogliono proprio fare la festa.