2018-11-19
Tremonti: «I pezzi grossi di Bruxelles? Fanno pena»
L'ex ministro delle Finanze: «Quelli che hanno costruito l'Europa comune erano grandi uomini, quelli di oggi non sono all'altezza. Dalla curvatura delle banane ai marchi degli orinatoi: l'Unione è fallita per colpa di quattro errori capitali. Vi spiego quali sono».Giulio Tremonti è contento di conversare a tutto campo con La Verità, tenendosi per ora a distanza dalle contese nazionali e riflettendo su scenari più vasti, dalla crisi dell'Ue all'incapacità del vecchio establishment di leggere il tempo nuovo. Dove va l'Europa?«Non direi solo quo vadis, ma anche il viceversa: da dove viene… L'idea d'Europa c'è da almeno due millenni: idea mitica, poetica, per certi versi epica, ma non politica. Comincia a diventare politica, nel senso filosofico del termine, con Voltaire. Diventerà politica tout court solo dopo la Grande guerra, ma siamo ancora nella dimensione dei circoli elitari. Poi, con la seconda guerra mondiale, tre luoghi della storia: Ventotene, Roma, Maastricht». Cominciamo da Ventotene, dal manifesto di Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni.«Siamo nel 1941, nel mezzo del Mediterraneo e ancora al principio della guerra. E il manifesto ha la forma di una grande utopia: per la verità, più citata che letta. La politica non sarà più basata sulla dividente destra/sinistra ma su quella Stati nazione/Europa. Gli Stati nazione sono il male: causa di guerre e dittature, dovranno giacere a terra come carcasse. L'Europa è l'opposto: sarà matrice unica di libertà e democrazia». Una lunga pausa e poi siamo a Roma nel 1957…«C'è una fase nella quale si sviluppa l'idea politica dell'insufficienza tanto delle élite quanto dei popoli. Solo Stati democratici: non popoli senza guida di élite, né élite convinte di sostituirsi ai popoli. Nel 1957 prende forma un trattato tra Stati sovrani che devolvono alcune competenze (per esempio l'agricoltura, ai tempi importantissima), fanno il mercato europeo comune, ma conservano le loro competenze sovrane, a partire dalle imposte dirette, in base al principio no taxation without representation. Il trattato ha la forma di una piramide a base larga, cioè con un ruolo preponderante degli Stati». Maastricht purtroppo capovolgerà lo schema…«Maastricht è marcata da tre segni: moneta, piramide, vendetta. La moneta è l'euro, che era in vitro e viene di colpo estratto dal laboratorio (siamo solo 500 giorni dopo la caduta del Muro). La ragione è lo scambio tra unificazione tedesca e unione monetaria, un'idea non economica ma politica: “Federate i portafogli, federerete i cuori", dicevano».E la piramide viene rovesciata.«Sta cominciando la globalizzazione e il confronto tra masse continentali. L'idea è che l'Europa debba e possa sostituire i singoli Stati nazione. E questa visione dà potere all'Europa per attrarre enormi quote di competenze legislative e amministrative. Vuole un simbolo?».Vada per il simbolo…«La decisione della Commissione del 7 novembre 2013 sui criteri per l'assegnazione del marchio Ecolabel Ue ai vasi sanitari a scarico d'acqua e agli orinatoi…».Come simbolo, non molto glorioso, mi pare…«Ma è un'ideologia. È come dire agli Stati: siete piccoli, non sapete l'inglese, solo l'Europa può governare i rapporti con gli altri continenti. E deriva anche da qui la spinta all'iper regolamentazione».Lei è stato tra i primi a parlarne. Glielo riconoscono amici e detrattori.«Nel 1997 Lo Stato criminogeno si apre con l'elenco delle follie europee: il fagiolo “europeo" a cinque baccelli, la curvatura della banana, la lumachina di mare. Adesso siamo arrivati a mediamente 10 chilometri l'anno lineari di Gazzetta ufficiale europea: norme che entrano nella vita dei cittadini, creano costi, e costi regressivi, perché incidono di più su chi ha di meno». Ma non perdiamo il filo: abbiamo detto «moneta» e «piramide». Resta la «vendetta». «Intendevo la “vendetta" di Spinelli e di Ventotene. Il meccanismo dei fondi europei non è solo finanziario, e che sia anche politico pochi lo hanno capito. Prevede che gli Stati devolvano notevoli risorse. Ma poi è Bruxelles ad assegnarle, con i fondi gestiti direttamente dalle Regioni bypassando gli Stati. Pensi alla Catalogna. Questo era il principio del Manifesto…».Iniziano a sommarsi contraddizioni, prima o poi destinate a esplodere. «Da allora si sono sviluppati fenomeni di impatto fortissimo, che tutti insieme spiegano la situazione presente. Tutti li conoscono, ma pochi li mettono insieme. Ne evidenzierei quattro». Procediamo.«Il primo è la globalizzazione. Non è stata l'Europa a entrare nella globalizzazione, ma viceversa, trovandola totalmente impreparata. Era impegnata a costruire il “mercato perfetto", e si è trovata a fare i conti con competitor assai meno propensi al mercato. Un evidente spiazzamento competitivo. Tra l'altro, lor signori hanno ignorato le migrazioni: chi parla ha proposto nel 2001 la Detax per l'Africa, ignorata dall'Europa. Il secondo fenomeno è stato l'allargamento dell'Ue».Frettoloso a dir poco…«Accelerato in modo dissennato. Non solo, aumentando il numero, ha complicato i meccanismi. Ma ha trasformato l'Europa da corpus economico a corpus politico, con l'idea che l'Europa fosse la fabbrica della democrazia».Poi immagino venga l'euro…«Un esperimento inedito nella storia. Oggi è irreversibile, ma nel senso che è una moneta per cui non tanto c'è fiducia perché c'è, ma per cui c'è paura se non c'è…».Milton Friedman diceva che «si erano dimenticati la chiave», e intendeva quella per uscire…«Ma è stato intenzionale, non una dimenticanza. La dimenticanza semmai è stata quella del quarto fattore, dopo globalizzazione, allargamento ed euro».Cioè?«La crisi. I trattati non la prevedevano. Riflettevano l'ideologia positivista e progressista, la crisi “non può esistere". Ecco perché la crisi, quando è arrivata, è stata capita male e tardi».E infatti non erano stati nemmeno previsti gli strumenti per gestirla…«Pensi che il Fondo europeo, proposto dall'Italia nel 2008, anni dopo fu fatto con un notaio che arrivò all'Eurogruppo, e lo “incorporò" in Lussemburgo come un hedge fund. Non a caso, a crisi aperta, ci fu il panico…».Pure di francesi e tedeschi, anche se trovarono subito capri espiatori greci e italiani…«Quando fallisce il debitore, la Grecia, fallisce anche il creditore, ma non se questo è tedesco o francese… Il fondo Ue, previsto salva Stati, viene usato per salvare le banche. E solo adesso Fmi e Corte di giustizia vedono che i soldi non sono andati ai greci ma ai banchieri».Ci dia la sua versione di cosa accadde all'Italia nel 2011«Ancora a giugno 2011 Banca d'Italia e Consiglio Ue consideravano molto positivamente le finanze pubbliche italiane: “Le correzioni necessarie in Italia sono inferiori a quelle necessarie negli altri Paesi"».Il paziente è sano: poi però all'improvviso qualcuno lo vuole ricoverare…«Poi la Grecia, la torsione democratica in Italia, l'arrivo dello straniero come nel Cinquecento, il podestà forestiero, l'azione miserabile di pezzi della politica italiana…».Di chi?«Arriverà certamente anche il tempo per scrivere e documentare le memorie di quel tempo, sine ira et studio».Ricostruiamo la genesi del governo Monti.«A cascata con ciò che ho detto. Il governo Monti era basato sul presupposto artificiale ma terrificante dell'abisso (l'opposto di ciò che era stato appena riconosciuto in Europa). Ma, come diceva Friedrich Nietzsche, se guardi l'abisso, l'abisso ti guarda…».A supporto dei tecnici, c'era anche una certa atmosfera mediatica…«Viene da molti anni prima. La campagna sulla casta (“i politici hanno rubato e hanno fatto il debito"), l'idea che “il tecnico ci salverà". Con questi presupposti, era chiaro che si sarebbe arrivati alla situazione che c'è adesso». Affresco convincente: non si può capire il sentimento popolare di oggi se si ignorano questi 20 anni. Però una cosa mi sfugge: com'è possibile che il vecchio establishment non abbia compreso ciò che sarebbe accaduto?«Vede, la democrazia è certo garanzia di diritti, ma è soprattutto delega di governo. Per lunghi decenni governare era relativamente semplice: la natura dei problemi era domestica, le ideologie erano strutturate in partiti permanenti, e c'erano finanze pubbliche capienti».Poi è franato ognuno di questi pilastri…«Per qualche tempo ancora hanno retto. Poi è crollato tutto. La natura dei problemi va oltre la capacità dei governi: la paura delle migrazioni, la paura della rivoluzione digitale che ti ruba il lavoro, il crollo delle ideologie, e (fine corsa) una situazione in cui i governi non possono fare altro debito. Tutto ciò rende evidente la crisi politica». Eppure alcuni insistono con toni eurolirici…«Non hanno comprensione della realtà. Se uno prova ad andare in un bar e a dire che ci vuole l'unione bancaria…».Non ne esce vivo.«Appunto. Se invece dice che ci vuole difesa e intelligence comune magari lo ascoltano. Ma le guardi le due foto…».Scusi, quali foto?«Se prende una foto dei leader a Roma nel 1957, è in bianco e nero, ma vede degli uomini che avevano fatto la guerra, l'esilio, la prigionia, letto biblioteche… Se prende quelle dei leader (si fa per dire) di oggi, è a colori ma…».È un'antropologia diversa…«Diciamo che fanno pena».