2020-09-20
«I nostri pescatori rapiti? Dal governo solo promesse. Manifesteremo a Roma»
L'armatore di Mazara del Vallo: «Ci sono diciotto famiglie stremate, nessuno ci dà notizie chiare, per questo andremo sotto Palazzo Chigi: Giuseppe Conte ci riceva».Sembra davvero una beffa, perché li hanno fermati e imprigionati proprio mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, era in vista ai rappresentanti del Parlamento di Tobruk. Eppure non c'è molto da scherzare: la vicenda dei pescherecci italiani sequestrati dalle forze libiche legate al generale Haftar diventa più seria ogni giorno che passa, e in ballo ci sono i destini di 18 famiglie. La Stampa, un paio di giorni fa, ha riportato le dichiarazioni del presidente della commissione Affari esteri del parlamento di Tobruk, Yusuf Al-Agouri, secondo cui i nostri pescatori attualmente detenuti «appariranno presto davanti a un tribunale che dovrà giudicare il reato da loro commesso». Purtroppo, però, non ci sono notizie davvero chiare sugli equipaggi di Mazara del Vallo che da quasi venti giorni sono in mano libica. Dopo 16 giorni hanno potuto telefonare alle famiglie in Italia una sola volta. Ora, però, i loro cari hanno perso la pazienza. Sono stremati, e non riescono più a vivere nell'incertezza. Venerdì i microfoni della trasmissione radiofonica Zoom-90 minuti dentro i fatti, condotta da Antonino D'Anna su Rpl, hanno raccolto lo sfogo di Marco Marrone, armatore di uno dei pescherecci, il motopesca Medinea. Marrone non ha voluto alzare troppo i toni, però - con estrema dignità - ha fatto uscire tutta la sua frustrazione. «Com'è la situazione oggi Come tutti i giorni: è sempre la stessa», dice Marrone alla Verità. «Infatti ci stiamo organizzando assieme alle famiglie dei nostri pescatori e lunedì saremo a Roma. Vogliamo far sentire la nostra voce, perché ora dobbiamo urlare. Andremo sotto a Palazzo Chigi». Assieme ai colleghi Leonardo Gancitano e Alessandro Giacalone, «di concerto con tutti i familiari dei 18 pescatori imbarcati e attualmente trattenuti presso Bengasi», ha preparato una lettera indirizzata alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, alla presidenza della Regione Siciliana e a varie altre autorità. Poche righe in cui armatori e famiglie chiedono di essere ricevuti in delegazione da Giuseppe Conte. Marrone, ma come si è comportato il governo con voi in queste settimane? «Dal governo per ora abbiamo sentito solo... non voglio dire chiacchiere però... Diciamo che ho sentito solo promesse. Promesse che riusciranno a riportarli a casa sani e salvi, che andrà tutto bene. Però intanto sono passati quasi 20 giorni. Loro sono ancora là, e ci sono anche i pescherecci, lasciati in Libia allo sfascio». Come stanno e dove sono i pescatori? «Sono in prigione. Da quando li hanno presi abbiamo ricevuto una sola telefonata dal capitano, ci ha detto che li trattano bene, e niente altro. Una sola chiamata dopo 16 giorni...». Dal ministero degli Esteri non si sono fatti vivi? Non vi hanno dato altre informazioni? «Ci chiamano, non è che non ci chiamino. Ci dicono che stanno trattando... Però dopo tutto questo tempo non ci basta più. Ci sono 18 persone in un carcere libico, capisce che cosa vuol dire? Si rende conto? Ci sono 18 famiglie che non riescono più a dormire, a mangiare... Famiglie che vogliono solo i loro uomini a casa».Quindi sapete solo che dovete aspettare e che le trattative sono in corso. «Il governo ci dice di aver fiducia, e noi la fiducia l'abbiamo avuta e l'abbiamo. Però dopo tutti questi giorni qualche risposta la pretendiamo. Loro ci dicono solo che stanno lavorando, niente di più...». Si era parlato di una richiesta di scambio da parte dei libici. Scarcerazione dei pescatori in cambio della liberazione di quattro scafisti arrestati nel 2015 a Catania e condannati a 30 anni. Sono trafficanti di migranti e assassini, ma li hanno presentati come «calciatori». «Sì, lo hanno scritto i giornali. Non abbiamo conferme però, almeno noi. La Farnesina ci ha detto che non ci sono richieste ufficiali. Questa storia dei calciatori è una voce che arriva dalla Libia, come altre. Ma non abbiamo certezze». Sapete almeno di che cosa sono accusati i pescatori?«Non sappiamo esattamente quali siano le accuse. Immagino che secondo i libici noi abbiamo sconfinato, anche se non è vero».Si spieghi meglio.«Noi peschiamo a 40 miglia dalle coste libiche. Quelle sono acque internazionali. Pescando lì, per la legislazione italiana io non sono in difetto. Ma per i libici sì. In teoria le acque sono libiche fino a 12 miglia dalla costa, ma la Libia anni fa si è attribuita unilateralmente 60 miglia in più. Ma noi non abbiamo sconfinato». La Stampa ha scritto che i pescatori saranno processati. Voi ne sapete qualcosa? Vi hanno detto di contattare qualche avvocato o cose del genere?«No, niente. La storia del processo l'ho saputa dai giornali, io so quello che leggo o che riportano i media».Torniamo alla faccenda dello sconfinamento. Non è la prima volta che ci sono contrasti anche molto duri con i libici su questo tema. «No, non è affatto la prima volta. Ci sono stati anche già dei fermi. Per me è la prima volta però, e comunque una situazione del genere non si è mai verificata. Voi dovete sapere che spesso i libici ci sparano. Noi non abbiamo armi a bordo. I pescatori vanno in mare soltanto con le reti e con gli stivali, disarmati. E trovano questi che sparano con la mitraglietta. Capite qual è la nostra realtà? Quella che noi viviamo tutti i giorni». Non è una vita facile.«La gente conosce il pesce di Mazara del Vallo, lo apprezza, e questo è un bene. Ma bisogna anche sapere come viene pescato e che rischi affrontiamo noi ogni volta». Le autorità italiane non vi proteggono? «Una volta c'erano navi a proteggerci. La marina di sorveglianza. Ma ormai da qualche anno non ci sono più. Ormai qui decide tutto l'Unione Europea, non l'Italia». Però voi volete un aiuto dal governo italiano. «Andremo a Roma domani, davanti a Palazzo Chigi. Lo faremo civilmente, ci mancherebbe. Andiamo a chiedere aiuto perché vogliamo qualcosa di concreto. Siamo stati sempre zitti, ma adesso vogliamo fare sentire la nostra voce». Della vostra situazione però ha parlato anche Di Maio...«Di Maio dice sempre le stesse cose. Ci dice grazie perché teniamo un profilo basso, che è ciò che il governo ci chiede. Però io glielo dico sinceramente: adesso noi non ne possiamo più».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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