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2019-09-14
I nostri istituti scolastici non sono sicuri
Se pensate che fare il ministro dell'Istruzione sia un lavoro facile vi sbagliate. Sindacati a parte, quella che si trova a dover gestire Lorenzo Fioramonti è una patata bollente. Bollentissima. Perché? Perché la scuola italiana cade a pezzi, e non è né di un gioco di parole né eccesso di catastrofismo: è lo stato letterale dei 40.151 edifici scolastici.
Volete le prove? Va bene, partiamo dall'età (su quella degli insegnanti stendiamo un velo pietoso: i nostri prof sono i più anziani dell'Ocse: trovare un docente under 30 è un'impresa). Ebbene: il 12,7% di tutte le scuole italiane ha più di 70 anni e, addirittura, l'1,37% è stato costruito prima del 1800. La situazione peggiore è nella provincia di Genova dove il 40,56% delle scuole esisteva da prima del 1946. Seguono, nella classifica delle province con le scuole più anziane, Trieste con il 39,22% e Imperia con il 38,59%. Gli edifici più recenti sono nel Sud: gli istituti che sono stati costruiti dopo il 1976 sono concentrati per la maggior parte a Cagliari (59,57%), Barletta (56,91%) e Bari (55,26%).
Ok, le scuole italiane sono vecchie. Ma, almeno, sono sicure? Beh... purtroppo no. Ma proprio per niente. Le scuole che sono state costruite seguendo criteri antisismici e che si trovano nelle zone con un basso rischio di terremoto sono solo il 7,35. Nelle aree del Paese nelle quali il rischio sismico è invece medio-alto, appena il 20,47% (un quinto) delle scuole è antisismico mentre nelle zone in cui il rischio di terremoto è alto le scuole sicure sono solo il 25,9%. Proprio così: solo un quarto delle scuole che sono state costruite in aree a rischio resterebbero in piedi in caso di un sisma.
Come se tutto ciò non bastasse, c'è un'altra insufficienza nella pagella della scuola italiana: l'accessibilità. Gli alunni che hanno un qualche problema di deambulazione sono oltre 270mila, cioè il 3,1% di tutti gli iscritti. Di questi studenti, solo una piccola parte può andare a scuola senza problemi: infatti, appena il 32% degli istituti non presenta barriere architettoniche (il dato, ufficiale del Miur, si riferisce al 2018, ma secondo il predecessore di Lorenzo Fioramonti, Marco Bussetti le barriere, nel 2019, sono non esistono nel 74,5% degli edifici: sarà stato un miracolo...) e solo il 18% non presenta barriere senso-percettive che rendono impossibili movimenti autonomi da parte di studenti audio e/o video lesi. La regione messa meglio, da questo punto di vista, è la Valle d'Aosta (prima regione italiana per assenza di barriere, con oltre il 46,8% di scuole accessibili a tutti). Seguono altre tre regioni settentrionali - Friuli, Trentino, Lombardia ed Emilia Romagna - a cui si aggiunge l'Umbria, che hanno una percentuale di scuole prive di barriere architettoniche pari al 40,5%. Ad eccezione di Puglia e Sardegna, che hanno il 31,5% di scuole accessibili, le regioni del Sud non passano l'esame: solo una scuola su quattro non presenta barriere.
Fin qui i dati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica del 2018. Ma ci sono dati anche più recenti che fanno letteralmente rabbrividire. Per esempio: il 59,5% delle scuole non ha il certificato anti incendio; il 53,8% (cioè più della metà!) non l'agibilità/abitabilità e il 21,4% non ha il piano di emergenza. Che, invece, sarebbe utile, vista la percentuale ridicola di edifici costruiti senza seguire i criteri antisismici. Almeno, in caso di terremoto, si sa da che parte scappare.
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La scuola italiana cade a pezzi, e non è né di un gioco di parole né eccesso di catastrofismo: è lo stato letterale dei 40.151 edifici scolastici.Se pensate che fare il ministro dell'Istruzione sia un lavoro facile vi sbagliate. Sindacati a parte, quella che si trova a dover gestire Lorenzo Fioramonti è una patata bollente. Bollentissima. Perché? Perché la scuola italiana cade a pezzi, e non è né di un gioco di parole né eccesso di catastrofismo: è lo stato letterale dei 40.151 edifici scolastici.Volete le prove? Va bene, partiamo dall'età (su quella degli insegnanti stendiamo un velo pietoso: i nostri prof sono i più anziani dell'Ocse: trovare un docente under 30 è un'impresa). Ebbene: il 12,7% di tutte le scuole italiane ha più di 70 anni e, addirittura, l'1,37% è stato costruito prima del 1800. La situazione peggiore è nella provincia di Genova dove il 40,56% delle scuole esisteva da prima del 1946. Seguono, nella classifica delle province con le scuole più anziane, Trieste con il 39,22% e Imperia con il 38,59%. Gli edifici più recenti sono nel Sud: gli istituti che sono stati costruiti dopo il 1976 sono concentrati per la maggior parte a Cagliari (59,57%), Barletta (56,91%) e Bari (55,26%).Ok, le scuole italiane sono vecchie. Ma, almeno, sono sicure? Beh... purtroppo no. Ma proprio per niente. Le scuole che sono state costruite seguendo criteri antisismici e che si trovano nelle zone con un basso rischio di terremoto sono solo il 7,35. Nelle aree del Paese nelle quali il rischio sismico è invece medio-alto, appena il 20,47% (un quinto) delle scuole è antisismico mentre nelle zone in cui il rischio di terremoto è alto le scuole sicure sono solo il 25,9%. Proprio così: solo un quarto delle scuole che sono state costruite in aree a rischio resterebbero in piedi in caso di un sisma. Come se tutto ciò non bastasse, c'è un'altra insufficienza nella pagella della scuola italiana: l'accessibilità. Gli alunni che hanno un qualche problema di deambulazione sono oltre 270mila, cioè il 3,1% di tutti gli iscritti. Di questi studenti, solo una piccola parte può andare a scuola senza problemi: infatti, appena il 32% degli istituti non presenta barriere architettoniche (il dato, ufficiale del Miur, si riferisce al 2018, ma secondo il predecessore di Lorenzo Fioramonti, Marco Bussetti le barriere, nel 2019, sono non esistono nel 74,5% degli edifici: sarà stato un miracolo...) e solo il 18% non presenta barriere senso-percettive che rendono impossibili movimenti autonomi da parte di studenti audio e/o video lesi. La regione messa meglio, da questo punto di vista, è la Valle d'Aosta (prima regione italiana per assenza di barriere, con oltre il 46,8% di scuole accessibili a tutti). Seguono altre tre regioni settentrionali - Friuli, Trentino, Lombardia ed Emilia Romagna - a cui si aggiunge l'Umbria, che hanno una percentuale di scuole prive di barriere architettoniche pari al 40,5%. Ad eccezione di Puglia e Sardegna, che hanno il 31,5% di scuole accessibili, le regioni del Sud non passano l'esame: solo una scuola su quattro non presenta barriere. Fin qui i dati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica del 2018. Ma ci sono dati anche più recenti che fanno letteralmente rabbrividire. Per esempio: il 59,5% delle scuole non ha il certificato anti incendio; il 53,8% (cioè più della metà!) non l'agibilità/abitabilità e il 21,4% non ha il piano di emergenza. Che, invece, sarebbe utile, vista la percentuale ridicola di edifici costruiti senza seguire i criteri antisismici. Almeno, in caso di terremoto, si sa da che parte scappare.
Lando Norris (Getty Images)
Nell’ultimo GP stagionale di Abu Dhabi, Lando Norris si laurea campione del mondo per la prima volta grazie al terzo posto sul circuito di Yas Marina. Nonostante la vittoria in gara, Max Verstappen non riesce a difendere il titolo, interrompendo il suo ciclo di quattro mondiali consecutivi.
Lando Norris è campione del mondo. Dopo quattro anni di dominio incontrastato di Max Verstappen, il pilota britannico centra il titolo iridato al termine di una stagione in cui ha saputo coniugare costanza, precisione e lucidità nei momenti decisivi. La vittoria ad Abu Dhabi, conquistata con una gara solida e senza errori, suggella un percorso iniziato con un Mondiale che sembrava già scritto a favore dell’olandese.
La stagione ha visto Norris prendere il comando delle operazioni già nelle prime gare, approfittando di alcuni passaggi a vuoto di Verstappen e di una gestione impeccabile del suo team. Il britannico ha messo in mostra una costanza rara, evitando rischi inutili e capitalizzando ogni occasione: punti preziosi accumulati gara dopo gara che hanno costruito un vantaggio psicologico e tecnico difficile da colmare per chiunque, ma non per Verstappen, che nelle ultime gare ha tentato il tutto per tutto per costruirsi una chance di rimonta. Una rimonta sfumata per appena due punti, visto che il pilota della McLaren ha chiuso il Mondiale a quota 423 punti, davanti ai 421 del rivale della RedBull e che se avessero chiuso a pari punti il titolo sarebbe andato a Verstappen in virtù del numero di gran premi vinti in stagione: otto contro i sette di Norris. Inevitabile per l'olandese non pensare alla gara della scorsa settimana in Qatar, dove Norris ha recuperato proprio due punti sfruttando un errore di Kimi Antonelli all'inizio dell'ultimo giro.
La gara di Abu Dhabi ha rappresentato la sintesi perfetta della stagione di Norris: partenza accorta, gestione dei pit stop e mantenimento della concentrazione fino alla bandiera a scacchi. L’olandese, pur vincendo la corsa, non è riuscito a recuperare il distacco, confermando che i quattro anni di dominio sono stati interrotti da un talento giovane e capace di gestire la pressione del momento clou.
Alle spalle dei due contendenti, la stagione è stata amara per Ferrari e altri protagonisti attesi al vertice. Charles Leclerc e Lewis Hamilton non hanno mai realmente impensierito i leader della classifica, incapaci di inserirsi nella lotta per il titolo o di ottenere risultati significativi in gran parte del campionato. Una conferma, se ce ne fosse bisogno, delle difficoltà del Cavallino Rosso nel trovare una combinazione di macchina e strategia competitiva.
Il Mondiale 2025 si chiude quindi con un volto nuovo sul gradino più alto del podio e con alcune conferme sullo stato della Formula 1: Norris dimostra che la gestione mentale, l’attenzione ai dettagli e la capacità di evitare errori critici contano quanto la velocità pura. Verstappen, pur da vincitore di tante gare, dovrà riflettere sulle occasioni perdute, mentre la Ferrari è chiamata a ripensare, ancora una volta, strategie e sviluppo per la stagione successiva.
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