2018-04-27
Il raider sotto inchiesta della magistratura francese domina con poco capitale una lunga e ingarbugliata catena societaria. Viaggio tra le scatole cinesi del bretone che vuole fare il bello e il cattivo tempo anche in Mediaset.Centottanta milioni di euro. Possono sembrare una dote importante. Lo sono molto di più se da quei 180 milioni governi su un asset quotato come Vivendi che di milioni in Borsa ne capitalizza 144 volte tante. Misteri e segreti della leva. O meglio del prodigioso gioco delle scatole cinesi che da gradino a gradino in un moltiplicarsi di valore a ogni passaggio consentono al raider bretone Vincent Bolloré di governare imperi industrialfinanziari con poco, pochissimo dispendio di capitali suoi. Quei 180 milioni di euro sono il patrimonio netto della oscura e ignota ai più, Sofibol, la piccola holding di famiglia del finanziere francese che sta in cima alla lunga, lunghissima e ingarbugliata catena societaria che fa di Vincent Bolloré uno dei protagonisti d'eccellenza della finanza europea. Ora sono tempi cupi per l'ex vincente raider francese, in stato di fermo per due giorni e attualmente iscritto nel registro degli indagati dalla magistratura francese per presunte tangenti nel suo impero coloniale africano dove Bolloré gestisce porti, trasporti e logistica per svariati miliardi di giro d'affari. Ma se si guarda al suo impero a lui va senz'altro la palma d'oro tra i grandi inventori delle piramidi societarie. Altro che le scatole cinesi adottate da grandi imprenditori italiani: il copyright delle filiere societarie, dove con piccole quote di capitale proprio e soldi messi da altri finisci per governare di fatto su attività miliardarie con il minor dispendio di denaro possibile. Chapeau verrebbe da dire: peccato che sia un modello perverso di capitalismo feudale che ha in Bolloré, oggi nel periodo più cupo della sua carriera, l'interprete per eccellenza. Al centro dell'impero c'è la Bolloré group quotata a Parigi che si dipana lungo i rami di molteplici attività. La Bolloré ha in pancia i business, oggi sotto inchiesta per presunte tangenti, delle reti ferroviarie, dei porti e della logistica in mezza Africa, negli ex possedimenti coloniali francesi. Poi la Bolloré presiede con solo il 20%, via la Compagnia de Cournaille (una sua sussidiaria), il colosso Vivendi che capitalizza oggi 26 miliardi di euro. Quota destinata a salire dato che Bolloré ha una call option sul 3% del capitale. Sotto Vivendi ci sono i business enormi di Havas, Universal Music senza contare le partecipazioni azionarie in Telecom Italia e Mediaset. Il gigante dei media dove Bolloré fa il bello e il cattivo tempo con solo un quinto delle azioni in suo possesso diretto, conta 70 partecipazioni societarie. Tra la Bolloré quotata e l'asset di pregio Vivendi c'è lo sconfinato reticolo delle innumerevoli attività, molte negli ex domini coloniali.Il reticolo vede Bolloré Group dominare con quote spesso piccole su almeno 8 subholding. Accanto alle quote dirette ci sono partecipazioni incrociate di altre scatole finanziarie del raider bretone. Dalla Bolloré partecipations, alla Compagnie du Cambodgie, alla Societe industrielle e financiere de l'Artois. Un elenco sconfinato: tutte subholding finanziarie con l'unico scopo di detenere quote di capitale nelle attività che finiscono per fare puntualmente capo a Vincent Bolloré. Ma la Bolloré Group è solo il tassello al centro del mosaico. L'impero si dipana verso l'alto con il meccanismo consolidato delle piccole quote di azioni spesso incrociate fra di loro. Sopra Bolloré Group governa con il 63% delle quote la Financiere de L'Odet. E ancora non finisce qui: la piccola Sofibol (quella con i suoi 180 milioni di capitale netto) detiene il 55% della Financiere de L'Odet. Ma Sofibol è in buona compagnia: sia la Compagnie du Cambodge che la Societe de l'Artois posseggono quote. Ma come abbiamo visto è la stessa Bolloré Group a governare su ambedue che stanno due piani sotto la Financiere de L'Odet. Ecco il gioco delle partecipazioni incrociate. Società possedute da Bolloré che possiedono quote delle finanziarie a monte della stessa Bolloré che dovrebbe essere la holding industriale del gruppo. E così Bolloré si ritrova su due fronti. Controllato e controllore di sé stesso. L'ultimo caso emblematico è stata la vendita nel 2017 del 59% di Havas, il gigante della pubblicità detenuto da Bolloré Group alla partecipata di Bolloré, la Vivendi. Un conflitto d'interesse colossale dove compratore e venditore si incarnano nello stesso raider bretone. Chi ha fatto il prezzo? Se troppo alto favoriva il Vincent patron di Bolloré Group; se troppo basso avrebbe favorito il Vincent socio forte con il 20% del capitale di Vivendi. Un ginepraio. I bilanci delle attività così variegate e incrociate del finanziere francese sprizzano salute. La sola Bolloré Group, che ha consolidato integralmente nel 2017 Vivendi, ha sfornato un bilancio con 18 miliardi di ricavi, 2 miliardi di margine lordo e 1,1 miliardi di utile operativo. Non solo. Il suo patrimonio netto ora vale oltre 31 miliardi di cui 10 miliardi appannaggio del gruppo Bolloré. Il tratto distintivo del finanziere francese è sempre stata la ipercapitalizzazione delle sue attività. Un segno di forza e solidità. Certo, a contribuire alla ricchezza patrimoniale il gioco delle scatole cinesi e delle partecipazioni incrociate ci ha messo del suo. Ora le difficoltà nella campagna d'Italia, sia su Telecom che su Mediaset, e l'ombra dell'inchiesta della magistratura transalpina sugli affari africani appannano di molto la grandeur di monsieur Bolloré. Forse è solo l'inizio di un ridimensionamento dei sogni di gloria del re delle piramidi finanziarie europeo.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





