2018-09-08
I ministeri costano 380 miliardi: 100 in più rispetto a cinque anni fa
Con il Pd le uscite complessive sono cresciute, anche se le spese di gestione della macchina burocratica sono scese da 108 a 92 miliardi. Giuseppe Conte ha ereditato un piano di tagli da 3 miliardi. Più colpiti Mef e Istruzione.Consulenze, stipendi per il personale, varie locazioni e cancelleria. E poi trasferimenti agli enti locali e investimenti. Negli ultimi cinque anni i costi dei ministeri italiani sono aumentati di continuo, a dispetto di austerity, tagli e sbandierati risparmi. Stiamo quindi parlando di quanto accaduto sotto i governi presieduti da Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Secondo gli ultimi dati tratti dal Rendimento economico redatto dalla Ragioneria generale dello Stato, nel corso del 2017 i dicasteri del nostro Paese hanno speso complessivamente 380,6 miliardi di euro, circa 100 miliardi in più rispetto al 2012: allora si parlava di 283 miliardi, di cui 108 solo per le spese di funzionamento e gestione della macchina amministrativa. Queste in realtà sono diminuite, scendendo l'anno scorso a 92,7 miliardi. Era già un patrimonio, ma oggi il costo complessivo dei ministeri è salito a più di 1 miliardo al giorno, festivi compresi. Gli uffici dell'Economia e delle finanze sono i più costosi: da soli assorbono qualcosa come il 40% delle risorse a disposizione di tutto il sistema. Basti pensare che lo scorso anno il ministero di via XX Settembre ha gestito 150,7 miliardi di euro, una cifra che comprende il complesso funzionamento della macchina burocratica ma anche i trasferimenti dislocati alle amministrazioni locali. Questa voce, da sola, ha infatti toccato quota 142 miliardi.Se il Mef guida la speciale graduatoria dei dicasteri più dispendiosi, al secondo posto si piazza il ministero del Lavoro che in totale, nel 2017, ha fatto girare oltre 106,65 miliardi di euro. In questo caso la quota che comprende costi per il personale e per la gestione degli uffici è di 63,3 milioni di euro. I restanti 106 miliardi sono utilizzati all'esterno, in gran parte per la voce investimenti e trasferimenti. Diverso il caso degli altri ministeri, che utilizzano gran parte dei fondi al proprio interno. Terzo, in classifica, è infatti il ministero dell'Istruzione: lo scorso anno ha speso complessivamente 54,4 miliardi, poco più del 14% del totale. Soldi usati quasi completamente per pagare il personale (43 miliardi). Scorrendo la graduatoria si incontra il ministero dell'Interno, con una spesa di 23,4 miliardi di euro. Questa cifra è servita a sopportare i costi interni (39,5%) e trasferimenti (60,5%). Inoltre 7,83 miliardi di euro sono stati utilizzati per pagare i poliziotti e altri addetti alla sicurezza del Viminale.Arrivano poi altri due dicasteri molto attivi sul fronte della spesa. Quello della Giustizia durante lo scorso anno ha utilizzato 7,8 miliardi di euro, ma di questi ben 5,56 sono serviti per i dipendenti: dai cancellieri dei tribunali ai magistrati. Invece la Difesa ha potuto contare su un budget di 18,8 miliardi di euro, circa 15 dei quali finiti nelle buste paga degli addetti alle forze armate e agli uffici. In fondo alla classifica ci sono poi i dicasteri più poveri. Fra questi spicca quello dell'Ambiente, ultimo con «solo» 510 milioni di euro in totale. Poco sopra si incontrano il ministero dell'Agricoltura (609 milioni di euro) e quello della Salute che lo scorso anno ha contato su 1,15 miliardi di euro: 189 milioni sono serviti a pagare gli stipendi dei dipendenti, i restanti 899 milioni sono invece stati trasferiti ad altri organi dello Stato.Insomma, la spesa complessiva per far funzionare la macchina ministeriale è ancora altissima, nonostante dieci anni quasi continuativi di politiche votate all'austerità e ai tagli. Questo perché a pesare moltissimo sulla voce spesa sono soprattutto i trasferimenti, ovvero il denaro che lo Stato centrale distribuisce alle sue branche periferiche, a partire dalle amministrazioni locali. Ma ci sono anche società pubbliche come Ferrovie, Anas, Enav e Inps. La spending review tanto cara ai governi del passato non è però terminata. Giuseppe Conte ha infatti ereditato i tagli ai ministeri approvati a giugno 2017 dall'esecutivo di Gentiloni e validi per il triennio 2018-2020. Un piano di rientro che dovrebbe aggirarsi su 3 miliardi di euro complessivi. Secondo quanto si legge nella relazione dell'ufficio bilancio del Senato, il dicastero che di qui a tre anni dovrà fronteggiare i tagli più consistenti sarà quello dell'Economia: 510 milioni quest'anno, 503 nel 2019, ancora 510 nel 2020. Il ministero delle Infrastrutture, invece, dovrà ridurre la spesa di 127, 122 e 120 milioni. E via così tutti gli altri. Compresa la presidenza del Consiglio, per cui si prevedono tagli di 30, 12 e 17 milioni di euro. La spending review riguarda, naturalmente, anche le spese per i dipendenti dei ministeri. Se quest'anno il costo generale del personale è pari al 14,67% della spesa complessiva, nel 2019 scenderà al 14,65%. Per poi calare ulteriormente al 14,29%. Di fatto il risparmio sugli stipendi dei lavoratori dovrebbe provocare un abbassamento delle spese complessive, compensando così gli aumenti registrati su altre voci. Per esempio su quella degli ammortamenti, nella quale nei prossimi due anni è prevista una crescita del 9,52%. Secondo il report della Ragioneria generale sulle spese dello Stato, si tratta soprattutto dell'aumento delle spese statali pluriennali in alcuni settori in cui ci sono stati pesanti investimenti. In particolare nel settore della difesa, con l'acquisto di nuovi armamenti, e anche dell'hardware, in seguito all'introduzione della carta di identità elettronica. Nel complesso il calo della spesa sugli stipendi prevista è di 1 miliardo 167 milioni e 337 mila euro. Gran parte di questa cifra, 874 milioni e 736.000 euro, sarà decurtata al dicastero dell'Istruzione guidato da Marco Bussetti, dove è prevista una diminuzione delle uscite per il 2%. Una patata bollente per il nuovo ministro, già alle prese un inizio di anno scolastico dove 80.000 cattedre saranno coperte da supplenti.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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