2019-01-02
I liberal americani ormai fanno guerra ai cattolici
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Ci risiamo. Nonostante la consueta retorica a favore del progressismo, il mondo dei democratici Usa non riesce a rinunciare ad all'intolleranza. L'ultimo caso è avvenuto nientemeno che al Senato, durante il processo per ratificare la nomina di Brian Buescher: un avvocato, scelto dal presidente, Donald Trump, per diventare giudice nella corte distrettuale del Nebraska. Due senatrici del Partito democratico, Kamala Harris e Mazie Hirono, hanno contestato al candidato di appartenere all'associazione cattolica dei Cavalieri di Colombo. E chiesto il passo indietro. «I Cavalieri di Colombo hanno preso una serie di posizioni estremiste», ha dichiarato la Hirono, citando l'opposizione di questa organizzazione al matrimonio omosessuale. «Se fosse confermato giudice», ha chiesto a Buescher, «lei intenderebbe uscire da questa organizzazione per scongiurare sospetti di partigianeria?». Anche la Harris non è stata tenera: «Lei era consapevole che i Cavalieri di Colombo si sono opposti al diritto di scelta delle donne, quando è entrato nell'associazione?», ha chiesto con palese riferimento alle posizioni antiabortiste dell'associazione. Quanto accaduto ha suscitato un vespaio di polemiche. Tra l'altro, non è certo la prima volta che i democratici al Senato nutrono problemi con i giudici di fede cattolica: nel 2017, la senatrice Dianne Feinstein attaccò Amy Coney Barrett proprio per la sua appartenenza religiosa alla Chiesa di Roma, attirandosi per questo un ampio numero di critiche. Insomma, pare proprio che certo mondo liberal americano abbia qualche problema nel rispettare la diversità di opinione. Precedenti eclatanti, d'altronde, non mancano. Si pensi soltanto alla recente furia iconoclasta che si è scatenata contro le statue di personaggi del passato, considerati razzisti: da Cristoforo Colombo ai generali confederati. O alla damnatio memoriae che in alcuni atenei americani ha colpito figure come l'ex presidente Woodrow Wilson. Senza poi dimenticare la demenziale censura delle opere di Mark Twain, ree di utilizzare parole oggi ritenute politicamente scorrette. E, adesso, si assiste anche a un rigurgito anti-cattolico. Un'ulteriore stupidaggine che – come al solito – non tiene conto non soltanto del rispetto delle altrui opinioni. Ma neanche del buon senso e – soprattutto – della Storia. Queste battagliere senatrici democratiche dovrebbero infatti sapere che, storicamente, è stato proprio il loro partito ad accogliere molti cattolici che – a cavallo tra Ottocento e Novecento – negli Stati Uniti erano fortemente discriminati per la loro fede religiosa. Dovrebbero sapere che l'anti cattolicesimo americano fu principalmente appannaggio di organizzazioni razziste e ultranazionaliste come il Ku Klux Klan. E – soprattutto – che questo attuale astio anticattolico faccia fondamentalmente il paio con quello di molti repubblicani che – negli anni Venti e Trenta del secolo scorso – accusavano spregiativamente i fedeli alla Chiesa di Roma di essere «papisti»: così il candidato repubblicano Herbert Hoover definì, del resto, lo sfidante democratico (cattolico) Al Smith alle elezioni presidenziali del 1928. Quello stesso Smith che, esattamente come John F. Kennedy, faceva parte proprio dei Cavalieri di Colombo. Perché, al di là delle contraddizioni e dell'ignoranza, il problema è forse addirittura più profondo. E chiama in causa uno spirito settario e intollerante che, in totale spregio del Primo emendamento, appare sempre più diffuso nella sinistra americana. Uno spirito barricadiero e fanatico, oscillante tra deliranti smanie palingenetiche e biechi opportunismi di natura elettorale. E questo accade anche con figure attualmente osannate da una certa vulgata mediatica. A partire proprio dalla senatrice Kamala Harris: una pasionaria che, da tempo, si è messa alla testa dei liberal più fanatici e che – secondo i beninformati – sarebbe pronta per candidarsi alla nomination democratica del 2020. Una eventualità forse un tantino inquietante. E i cosiddetti «cani da guardia della democrazia» intanto che fanno? Si concentrano su Trump che mette in discussione l'esistenza di Babbo Natale. Tutto regolare.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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