2022-09-06
I giudici aprono alle adozioni per coppie gay
Fa discutere la sentenza del Tribunale dei minori di Bologna che ha attribuito il doppio cognome a una bambina «figlia» di due donne. Il movimento Pro vita & famiglia: legittima la stepchild adoption per gli omosessuali che si procurano la prole.Concepimento attraverso la fecondazione eterologa, adozione arcobaleno, doppio cognome materno e cancellazione del padre. C’è tutto il campionario dei «nuovi diritti» nella biografia di Emma, il nome di fantasia dato dai media a una bambina di tre anni e mezzo e che ora risulta pienamente «figlia» di due madri, una biologica e una adottiva. Tale riconoscimento è arrivato con un pronunciamento del Tribunale dei minori di Bologna a conclusione d’una vicenda giudiziaria complessa e tortuosa.Tutto ha avuto inizio quando Bianca e Anna, due donne che stavano insieme da undici anni e si sono unite civilmente nel 2018, sono ricorse alla fecondazione eterologa attraverso un donatore ottenendo il concepimento e la nascita di una bambina. A circa un mese dal parto, l’allora sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, aveva iscritto la piccola all’anagrafe col doppio cognome materno. Quell’atto venne, però, contestato dalla Procura di Parma che ha presentato ricorso, dando il via a un procedimento giudiziario che, dopo due anni, aveva portato alla cancellazione del secondo cognome. Assistite dai loro legali, Valentina Migliardi e Massimo Molé, le due donne non si sono però perse d’animo, continuando a far valere le proprie ragioni. Che, come si anticipava all’inizio, sono state pienamente accolte dal Tribunale dei minori di Bologna, da cui è arrivato un verdetto pesante e che promette di fare scuola. I giudici hanno infatti fissato almeno due punti fermi che è difficile non considerare significativi. Il primo riguarda la stepchild adoption, ovvero la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio del partner, che sia naturale o adottivo, la quale è stata definita come una opzione rispondente «pienamente al superiore interesse della minore» dal momento che le consente di «godere della continuità affettiva, educativa ed emotiva di una famiglia solida e stabile, nella quale la stessa ha potuto costruire la propria identità». Si tratta di considerazioni di grande rilievo e che segnano indubbiamente un passo avanti nel riconoscimento delle rivendicazioni Lgbt, se si pensa che, quando fu approvata la legge numero 76 del 2016 - quella sulle unioni civili, nota per essere quella che porta il nome della senatrice Monica Cirinnà -, il Senato aveva stralciato dal provvedimento proprio la stepchild adoption; un istituto da molti criticato e che tuttavia, com’è già successo su altre frontiere, espulso dalla porta sta ora rientrando dalla finestra grazie alla magistratura.Ma torniamo al caso della piccola Emma, sul quale il Tribunale di Bologna si è espresso, in aggiunta a quanto detto, anche riconoscendole il doppio cognome materno. Questo perché esso, hanno scritto i giudici, «è una parte essenziale e irrinunciabile della personalità». Nel pronunciamento figurano inoltre parole che hanno il sapore della definitiva equiparazione tra unioni civili e famiglia. «La relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita costituisce a tutti gli effetti una famiglia», recita la decisione del Tribunale, aggiungendo come essa sia un «luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore omoaffettività possa costituire un ostacolo formale». Una vittoria su tutta la linea per le due ricorrenti. Gioia pertanto è stata espressa da Bianca e Anna, che alla Gazzetta di Parma si son dichiarate «soddisfatte nonostante questo percorso ci sia costato tempo, energie e soldi. Speriamo che ora per altri sia più semplice». Per la cronaca, va comunque detto come pure altre due coppie, che quattro anni fa avevano ottenuto l’iscrizione con doppio cognome, poi cancellato, abbiano ottenuto un via libera analogo. Di tenore ben diverso, anzi in realtà opposto, le reazioni rispetto a questa vicenda da parte del mondo pro family. Jacopo Coghe, portavoce di Pro vita & famiglia, ha diffuso un comunicato in cui denuncia come, «con la sentenza di adozione e il doppio cognome attribuito ad una bambina, “figlia” di due donne» di fatto venga a realizzarsi «un precedente pericoloso che spalanca le porte all’adozione per coppie gay. Si legittima l’adozione omosessuale nella forma della stepchild adoption. Il “superiore interesse” dei bambini, tanto declamato dallo stesso Tribunale per i minorenni di Bologna, è quello di avere una mamma e un papà, non essere oggetto del desiderio di due adulti». Conseguentemente, per Coghe la decisione dei giudici si configura come «assurdità» nonché «un campanello d’allarme che chiama in causa il prossimo Parlamento e il prossimo governo, ai quali chiediamo, di qualsiasi natura politica saranno, di fare tutto il necessario per la vera tutela dei bambini e contrastare in ogni modo pratiche ideologiche che li vorrebbero come oggetti e non come soggetti di diritto». Ora, se sarà il centrodestra a prevalere alle urne, come dicono i sondaggi di queste settimane, verosimilmente le parole del portavoce di Pro vita & famiglia, e di quanti ne condividono le istanze, troveranno ascolto. Infatti, se da un lato Matteo Salvini, leader della Lega, non perde occasione per dire come sia intoccabile il diritto dei bambini di crescere con un papà e una mamma, nel programma del partito di Giorgia Meloni c’è un esplicito «divieto di adozioni omogenitoriali e la lotta ad ogni forma di maternità surrogata». Che poi la magistratura si attenga a tale linea limitandosi ad applicare la legge, è tutto un altro discorso.