2019-06-08
I gay pride si sono infiltrati nella Chiesa
Persino all'università Cattolica di Milano spunta un collettivo Lgbt che invita alla sfilata. E papa Francesco, dopo averlo fatto cardinale, nomina nel dicastero che si occupa di scuole e atenei lo statunitense Joseph William Tobin, vicino alle istanze omosessualiste.In un documento dell'associazione si lamentano le troppe «richieste inascoltate».Lo speciale contiene due articoliIn occasione della settimana dei gay pride, accade che anche nel mondo cattolico spunti qualche arcobaleno, talvolta dove meno lo si attende. All'università Cattolica di Milano, per dire, è nato un collettivo studentesco chiamato Lgbcatt, che si propone di sostenere «l'uguaglianza e il rispetto di tutte le identità sessuali e di genere presenti nella nostra università» e di creare «uno spazio sicuro per chiunque si identifichi nella comunità Lgbtq+ offrendo un contesto di mutuo supporto e di libera espressione». I giovani militanti stanno raccogliendo le firme all'interno onde farsi riconoscere ufficialmente dal rettore e ottenere, di conseguenza, finanziamenti per iniziative che si propongono «di aumentare la consapevolezza su tematiche quali identità di genere, orientamento sessuale e la storia della comunità Lgbt». La notizia, ovviamente, ha suscitato un certo scalpore. Anche perché il collettivo non si limita a parlare di uguaglianza e rispetto, ma appare perfettamente in linea con le istanze politiche del mondo arcobaleno. Tramite la sua pagina Facebook, per esempio, invita gli studenti a partecipare al gay pride milanese in programma nei prossimi giorni. Vedremo che cosa decideranno i vertici dell'università, ma è un fatto che il clima nei confronti della comunità Lgbt si sia decisamente ammorbidito anche all'interno della Chiesa. Ci sono perfino prelati che, proprio in occasione dei vari gay pride, si stanno dando parecchio da fare. Uno di questi è il cardinale Joseph William Tobin, arcivescovo di Newark. Questo signore si è guadagnato articoli sui giornali di tutto il mondo già nel 2017, quando dedicò una messa alla comunità Lgbt. Partecipò un centinaio di persone, e il New York Times dedicò un imponente servizio all'evento. Quello di Tobin era ovviamente un gesto simbolico, e infatti gli attivisti arcobaleno di mezzo mondo manifestarono parecchio entusiasmo per il «pellegrinaggio Lgbt» (così fu ribattezzato). Tobin, via social network, ricevette pure i complimenti di James Martin, il gesuita che, ormai da tempo, battaglia per diffondere nella Chiesa l'ideologia Lgbt, uno che sicuramente apprezzerebbe iniziative come il collettivo dell'università Cattolica. Dal 2017 a oggi, Tobin ha messo in piedi altri eventi analoghi. Il 30 giugno prossimo, tanto per fare un esempio, nella sua diocesi si tiene la seconda «Pride mass» annuale. Si tratta di una messa arcobaleno che verrà detta «in supporto dei nostri fratelli e sorelle Lgbt». Non è un caso, ovviamente, che nello stesso giorno, a poche ore di distanza, a New York si svolga la sfilata del gay pride. L'invito, abbastanza esplicito, che viene rivolto ai parrocchiani è: prima venite a messa, poi tutti a sfilare al pride. Nel 2018 è andata esattamente così. La chiesa di Saint Joseph of Hoboken, nella diocesi di Newark, ha ospitato numerosi esponenti del mondo Lgbt. In quell'occasione a celebrare il rito fu Alexander Santora, che iniziò con una speciale benedizione rivolta ai partecipanti al gay pride. Capite bene che qui non si tratta soltanto di rispettare gli omosessuali (cosa sacrosanta) o di combattere le discriminazioni (cosa altrettanto giusta). No, qui stiamo parlando di aprirsi a un'ideologia che è in contrasto con il catechismo della Chiesa cattolica e che risulta parecchio discutibile anche per chi cattolico non è. Lo scorso aprile, il cardinale Tobin ha partecipato a una trasmissione televisiva sull'emittente americana Nbc. La conduttrice gli ha appunto ricordato i passaggi del catechismo relativi all'omosessualità. E Tobin ha risposto spiegando che il linguaggio utilizzato dal catechismo è «doloroso» e «molto sfortunato». Poi ha aggiunto: «La Chiesa, credo, sta portando avanti la sua riflessione su ciò che la nostra fede ci invita a fare e dire alle persone che hanno rapporti omosessuali. Quello che non dovrebbe essere in discussione è che siamo chiamati ad accoglierli».In sostanza, pur con prudenza, Tobin è una delle personalità ecclesiastiche che più si spendono per l'apertura al mondo Lgbt. Il fatto interessante, tuttavia, è che la linea politica del porporato riscuote un certo successo. L'arcivescovo Joseph è stato creato cardinale da Francesco nel novembre del 2016, e ha appena ottenuto un altro incarico importante. Sempre per decisione del Papa, monsignor Tobin è appena diventato membro della Congregazione per l'educazione cattolica. Si tratta del dicastero che si occupa di «tutte le università, facoltà, istituti e scuole superiori di studi ecclesiastici o civili dipendenti da persone fisiche o morali ecclesiastiche, nonché delle istituzioni e associazioni aventi scopo scientifico». Inoltre, la congregazione esercita la sua autorità «su tutte le scuole e istituti di istruzione e di educazione di qualsiasi ordine e grado pre universitario dipendenti dall'autorità ecclesiastica, diretti alla formazione della gioventù laica». La Congregazione, di fatto, si occupa di istruzione e formazione, delle scuole e delle università e, dal 2013, per volontà di Benedetto XVI, ha competenza anche sui seminari. A capo di questa istituzione, dal 2015, c'è il cardinale Giuseppe Versaldi, già noto per le posizioni immigrazioniste. «La Chiesa ha il dovere di annunciare il Vangelo, ed è evidente quello che dice il Vangelo circa i forestieri o gli stranieri: l'accoglienza per la Chiesa è un valore irrinunciabile», disse nel 2018. Ora, è evidente che il cardinale Tobin non potrà, da solo, determinare l'orientamento della Congregazione, che conta una trentina di componenti. Tuttavia l'inserimento di una personalità di questo tipo - così schierata sul fronte arcobaleno - nella Congregazione che si occupa di istruzione e formazione ha un discreto peso. Chissà, può darsi che presto il collettivo Lgbt della Cattolica sia riconosciuto. E che altrove ne nascano altri analoghi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-gay-pride-si-sono-infiltrati-nella-chiesa-2638735511.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ai-gruppi-omosex-del-piemonte-la-legge-cirinna-ancora-non-basta" data-post-id="2638735511" data-published-at="1757655629" data-use-pagination="False"> Ai gruppi omosex del Piemonte la legge Cirinnà ancora non basta In occasione dei 50 anni dai moti di Stonewall, divenuti un mito e un punto di partenza per il movimento gay mondiale, il Piemonte Pride di quest'anno, che si terrà a Torino il 15 giugno, ha pubblicato un documento politico, dai tratti inconfondibilmente ideologici e partigiani. Così si legge in apertura: «Dopo tutto questo tempo sono ancora troppe le richieste rimaste inascoltate rispetto ai diritti civili e sociali, soprattutto nel nostro Paese. Oggi più che mai non solo occorre lottare per ciò che manca ma si è chiamati anche a proteggere diritti e conquiste che fino a ieri potevano considerarsi tranquillamente acquisiti». Facendo una non larvata allusione al governo Conte che non li aggrada, e iniziando subito un lungo refrain che non terminerà più sulle presunte «richieste inascoltate». Le quali vengono precisate solo alla fine. Si parla infatti, emblematicamente, di «incompleta legge sulle unioni civili» del 2017. Ma come, il cattolico progressista Matteo Renzi e l'anti Dio-patria-famiglia Monica Cirinnà, hanno fatto passare una legge incompleta, proprio mentre la definivano come storica? Che roba. Ma anche qui i militanti Lgbt danno ragione agli scettici e ai conservatori: ogni passo in avanti secondo le loro richieste, che ordinariamente configura uno scempio giuridico e un arretramento del principio morale che la legge è uguale per tutti, non è mai abbastanza. E appena raggiunta una meta, ecco che si procede mostrando la meta successiva, e gridando subito all'ingiustizia e alla repressione, qualora non sia presto raggiunta… Con poca finezza, i redattori del documento scrivono che «oggi più che mai, l'attuale governo e organizzazioni di ispirazione dichiaratamente fascista e contro le libertà personali, favoriscono linguaggi e pensieri di matrice discriminatoria nei confronti di fasce sociali esposte come i migranti, le persone Lgbtqi* e le donne». In realtà, il governo italiano non ha compiuto alcuna discriminazione verso nessuno. E la discriminazione è ingiustizia se una società o uno Stato tratta in maniera diversa due situazioni identiche. La famiglia naturale che procrea ed educa i futuri cittadini, l'unica riconosciuta dalla Costituzione della Repubblica, è una cosa diversa dal sentimento che lega due persone. Non tutti i sentimenti infatti danno luogo a famiglia. Leggiamo ancora: «Sperimentiamo sempre più spesso nel nostro Paese diverse occasioni di repressione sociale e appiattimento culturale dove si tenta di silenziare le voci fuori dal coro e alcuni quartieri vengono addirittura militarizzati». Infatti, tutti vedono quartieri militarizzati nelle proprie città con tanto di cartelli che vietano l'ingresso a gay e trans... Si parla quindi di Pride come manifestazione antifascista e antirazzista. Ma la razza o le eventuali opzioni politiche non sono cose diverse dalle tendenze sessuali? Tra le richieste esplicite del documento c'è l'abolizione del decreto sicurezza, la proclamazione dello ius soli, la protezione della legge 194, la tutela del clima e una legge aperturista sull'eutanasia e il suicidio assistito… Tutte misure che nulla hanno a che vedere con l'orientamento sessuale, ma che danno un'idea di fondo dell'ideologia relativista e nichilista che anima questi ambienti. La conclusione è totalmente anarchica e globalista. «Confini e limiti non hanno nulla di naturale; visti dall'alto non si riconoscono che varianti armoniche di colori e forme, parti di un tutto»… Sublime. E siccome dal satellite non si vede chiaramente il confine che separa l'Italia dalla Svizzera, ecco che il confine non esiste in realtà. Ed anzi ogni confine, così è sussurrato, è discriminazione e violenza. La soluzione pare essere la sintesi di tribalismo e globalismo. Senza Stati sovrani, senza nazioni, senza famiglia, senza cultura: tutte cose da «far cadere» come «i residui muri pregiudiziali che ciascuno e ciascuna porta dentro di sé». Ma l'anarchia e la scomparsa di ogni confine politico, giuridico e morale sarebbe un progresso storico sensazionale o il ritorno ad uno stadio primitivo dell'evoluzione umana?
Charlie Kirk (Getty Images)
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